Cosa non mi convince del discorso del cardinale Eijk sulla moralità della vaccinazione

Lettera di un nostro collaboratore che non condivide la lectio tenuta dall'arcivescovo di Utrecht sulla moralità della vaccinazione. Breve nostra risposta

Caro direttore, grande eco, nel mondo cattolico, e non soltanto in questo, sta avendo la lezione del Cardinale Eijk Vescovo di Utrecht sul tema dell’obbligo morale della vaccinazione anti-covid.

Alle pur giuste critiche che l’Eminenza olandese ha mosso nei confronti della atomizzata cultura individualistica e libertaria così ampiamente diffusa oggi in occidente, perfino tra le stesse comunità cattoliche inducendo queste ultime in errore sul fondamentale tema della libertà, come si è del resto avuto modo di precisare già da queste colonne in passato, si affiancano, tuttavia, delle evidenti contraddizioni logico-morali che paradossalmente inficiano – per grave incoerenza tra le premesse le conclusioni – l’intera lectio del Cardinale Eijk.

In primo luogo: il Cardinal Eijk ritenendo che i benefici dei vaccini anti-covid siano senza dubbio superiori ai rischi e agli effetti collaterali anche gravi che da questi possono discendere, crede sia rispettato il principio bioetico del cosiddetto “doppio effetto”, cioè il principio per cui si può ritenere accettabile un effetto secondario negativo se esso è non voluto e come conseguenza di un effetto primario positivo espressamente voluto.

L’esempio tipico in questo senso è quello di una urgente e risolutiva operazione chirurgica per un tumore agli organi riproduttivi, operazione che come effetto non voluto, ma secondario comporta la permanente sterilità del paziente.

Posto che, sebbene largamente condiviso nella comunità bioetica, il principio del cosiddetto “doppio effetto” non è certo assoluto né universalmente applicabile, occorre anche riconoscere che esso mal si adatta alla situazione della vaccinazione anti-covid almeno sotto il profilo delle reazioni gravi avverse con esito di decesso che da essa discendono, e ciò per almeno due ragioni.
Essendo stata contrattualmente limitata la responsabilità delle case farmaceutiche, non essendo stata introdotta la vaccinazione anti-covid con le ordinarie cautele giuridiche (come per esempio gli indennizzi per gli eventuali danni da vaccino secondo quanto dettato dai principi moralità di solidarietà e precauzione) previste per le altre vaccinazioni, e non essendosi rese le pubbliche istituzioni responsabili in caso di eventi avversi, pare che nessuno sia responsabile.

In assenza di responsabilità, tuttavia, sono proprio la solidarietà, la libertà e il bene comune ad essere destrutturati nel loro fondamento ultimo.

Del resto, mentre nell’esempio dell’operazione chirurgica si tratta di un caso isolato, dinnanzi ad una vaccinazione di massa, con reazioni avverse non isolate e non singole, il principio del doppio effetto non può trovare agile applicazione poiché – come è ampiamente riconosciuto – il principio del doppio effetto soggiace a 4 condizioni specifiche, di cui la seconda statuisce che l’effetto buono dell’atto dal soggetto agente deve essere direttamente inteso, mentre l’effetto cattivo solamente permesso.

Il problema è che il decesso da vaccino che non sia un evento episodico – poiché in una vaccinazione di massa non lo è e non può esserlo – non può essere considerato come effetto cattivo permesso, specialmente in assenza di ogni cautela giuridica, come, per l’appunto, il diritto all’indennizzo o al risarcimento in caso di decesso causato dal vaccino medesimo (come adesso purtroppo accade).

Del resto l’irrilevanza statistica dei decessi per vaccini non si può tradurre automaticamente in una corrispettiva irrilevanza etica e giuridica dei decessi medesimi.

Più che il doppio effetto, insomma, il Cardinale sembra essere inciampato nel principio utilitaristico, che è proprio uno dei principi guida della società individualistica e mercatistica attuale, secondo cui l’utile dei più può e deve ottenersi e tutelarsi anche a discapito della sofferenza dei pochi.

Allora, è vero l’esatto contrario di ciò che Sua Eminenza ha affermato: moralmente non si può ottenere la salvezza dell’intera umanità neanche sacrificando un unico essere umano, come, tra i tanti, ha insegnato il celebre brano del dialogo tra Alëša e Ivan, in cui Dostoevskij chiarisce che il bene dei molti non si può costruire sul sacrificio dei pochi, neanche se si trattasse di uno solo.

Le riflessioni del Cardinale, dunque, sono incredibilmente in netta e frontale contraddizione rispetto agli insegnamenti morali cattolici e rispetto al bene comune che non soltanto è qualcosa di diverso e ulteriore rispetto al bene individuale e al bene collettivo, ma non può neanche contrastare con il bene collettivo e con quello individuale senza cessare di essere, appunto, bene comune.

In secondo luogo: la seconda grave aporia logico-morale nel ragionamento di Sua Eminenza Eijk consiste nella soluzione che egli fornisce al problema dell’obbligatorietà morale della vaccinazione, ritenendo che sebbene sussista un obbligo morale che vincola ciascuno a vaccinarsi, non potendo al contempo sussistere un corrispettivo obbligo giuridico, ogni cittadino deve assumere su di sé il vincolo di coscienza in modo spontaneo tanto da dover essere eventualmente sempre garantita l’obiezione di coscienza contro il vaccino anche qualora la coscienza sia probabilmente errata.

Sul punto occorrono alcune precisazioni di metodo e di merito.

Sul metodo: non è del tutto corretto affermare che le vaccinazioni non possono essere giuridicamente obbligate, poiché, infatti, ci sono diverse vaccinazioni che già lo sono non soltanto in Italia, ma anche in altri Paesi.

Inoltre, dalle parole del Cardinale si evince una sottaciuta visione di fondo sulla assoluta separazione tra diritto e morale che proprio nelle dottrine filosofico-morali e filosofico-giuridiche di matrice cattolica non trova luogo alcuno.

Sul merito, occorre scegliere: o ciascuno può decidere intorno alla vaccinazione in base alla propria coscienza e quindi può anche sottrarsi all’obbligo morale di vaccinarsi che a questo punto non è un obbligo morale, oppure se l’obbligo morale è davvero tale nessuno può auto-escludersi dall’assolvimento di tale obbligo, specialmente se il giudizio di coscienza su cui si basa la propria determinazione è errato.

La tutela della coscienza, infatti, non significa in alcun modo riconoscere anche le determinazioni errate della stessa come legittime soltanto perché formatisi all’interno della coscienza medesima: se così fosse l’illecito morale, il peccato e perfino, in certa misura, l’illecito giuridico non avrebbero ragion d’essere.

La coscienza è davvero all’opera non quando si determina per una qualunque soluzione, anche se errata, ma quando si determina autonomamente secondo il bene in senso oggettivo, come ha magistralmente insegnato Benedetto XVI rifacendosi alla geometria morale e razionale di Immanuel Kant.

In sostanza non si ricerca il bene secondo la verità della coscienza, ma la coscienza ricerca il bene secondo verità, o, se si preferisce, la coscienza non ricerca veramente il bene fino a quando non ricerca il vero bene.

È proprio la coscienza che, come ha notato in questo senso Jacques Maritain, segna il passaggio dall’etica della felicità all’etica del bene.

Se così non fosse, se cioè fosse come ha prospettato il Cardinale Eijk, l’individualismo uscito dalla porta, mascherando un inaccettabile soggettivismo etico, rientrerebbe misteriosamente dalla finestra.

Ciò non significa che l’obiezione di coscienza al vaccino non sia legittima, ma non lo è nella misura in cui è stata prospettata da Sua Eminenza Eijk che un po’ troppo frettolosamente sembra aver affrontato il problema.

Al di là di ciò, nei suoi aspetti positivi o negativi, occorre sempre tener presente, tuttavia, che la suddetta lezione esprime l’opinione del Cardinale Eijk che non è esattamente la stessa cosa della posizione ufficiale della Chiesa la quale si esprime o tramite i documenti del Pontefice o tramite quelli della Congregazione per la Dottrina della Fede a cui compete l’uniformità di giudizio in materia di fede e morale.

Alla luce di ciò, dunque, la lezione del Cardinale appare claudicante proprio in quegli aspetti che sarebbero dovuti essere i suoi punti di forza contro le derive individualistico-libertarie del mondo cattolico, e quindi non sufficiente per vincere le resistenze di coloro che da cattolici sposano, seppur inconsapevolmente come il Vescovo di Utrecht, tesi non propriamente cattoliche.

Aldo Vitale

Caro Aldo, io – detto in tutta franchezza – la penso come il cardinale. (eb)

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