La Corte europea condanna l’Italia e riconosce il diritto al figlio anche senza legami biologici

A una coppia viene riconosciuto un risarcimento dopo che gli era stato sottratto un figlio avuto tramite maternità surrogata in Russia. Un caso che può diventare un precedente

La Corte di Strasburgo ha condannato l’Italia per aver allontanato un bambino da due coniugi che volevano essere riconosciuti come suoi genitori, nonostante non vi fosse alcun legame biologico con il piccolo.

LA VICENDA. La sentenza riguarda il ricorso presentato da una coppia di Colletorto, in provincia di Campobasso, alla Corte europa dei diritti dell’uomo nel 2012. Dopo aver fallito nel tentativo di sottoporsi alla fecondazione artificiale in Italia, la coppia si era recata in Russia per ottenere un figlio tramite la pratica, lì permessa, dell’utero in affitto. Il piccolo, nato nel marzo 2011, era stato riconosciuto dalle autorità russe e iscritto all’anagrafe di Mosca come figlio legittimo dei due coniugi. Ma l’Italia aveva dovuto negare la trascrizione all’anagrafe, data l’assenza di legami biologici. Il piccole era quindi andato in adozione, dopo che il test del Dna aveva confermato che non fosse figlio biologico dell’uomo italiano. Il giudice aveva poi considerato la pratica, illegale nel nostro paese, come «lo strumento con il quale poter soddisfare il loro desiderio narcisistico».

LA SENTENZA. Secondo l’Europa, invece, allontanando il bambino dai coniugi, la corte italiana avrebbe violato il loro diritto a poter riconoscere il figlio come proprio, condannando l’Italia a risarcire la coppia con una somma di 30 mila euro (ne avevano chiesti 100 mila). Citando l’articolo 8 della Convenzione Europea, Strasburgo ha dichiarato che «ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e della propria corrispondenza» e che «non può esservi ingerenza di un’autorità pubblica nell’esercizio di tale diritto». Dimenticando che il comma 2 dell’articolo precisa: «A meno che tale ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria (…) alla protezione della salute o della morale, o alla protezione dei diritti e delle libertà altrui». Tuttavia, precisa la Corte di Strasburgo, la decisione «non deve essere intesa come un obbligo dello Stato italiano a restituire il bambino alla coppia», dato che «ha indubbiamente sviluppato dei legami emotivi con la famiglia d’accoglienza con cui vive dal 2013», tanto è vero che il piccolo rimarrà con loro.

MATERNITA’ SURROGATA. Resta il fatto che, sfruttando un tale pronunciamento, ora altre coppie saranno legittimate a ricorrere a tali pratiche all’estero per poi farsi riconoscere i figli in Italia. Una decisione che comporta una serie di problematiche non indifferenti come sottolineato in un’intervista alla Radio Vaticana da Alberto Gambino, direttore del Dipartimento di Scienze Umane presso l’Università Europea di Roma. Così, con un’escamotage, si apre alla «maternità surrogata – che alla fine è un contratto che si fa con una donna, la quale porterà nel suo grembo un bambino che poi all’atto della nascita verrà in realtà dato ad un’altra coppia». La maternità surrogata, argomenta Gambino «non è un tema teorico, ma è un tema molto concreto, fatto di contratti – e ovviamente fra i contratti c’è dietro anche un pagamento – che cozza decisamente con la dignità della donna, la dignità anche del nascituro e in particolare la concezione di famiglia civile – e non famiglia religiosa – che c’è all’interno del nostro ordinamento civilistico».

@frigeriobendet

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