Chi ha paura della Tap, il gasdotto che vale 4 miliardi di risparmi e che nessun governo vuole più «per ragioni sinceramente insensate»

Esecutivo e Regione Puglia in balìa di un'opposizione che «agita ragioni ambientali e paesaggistiche assurde. Il tubo sarà interrato, come in molte altre spiagge dell'Adriatico da bandiera blu». Intervista all'ad del consorzio Giampaolo Russo

Per alcuni è «uno sfregio», «una cicatrice nel territorio pugliese», per l’Unione Europea e per il governo italiano è un’opera necessaria che diversificherà l’approvvigionamento di gas in Europa, oggi importato soprattutto dalla Russia. La Tap (Trans Adriatic Pipeline), il gasdotto che pesca nelle riserve azerbaigiane del Mar Caspio e approda in Puglia, dopo aver attraversato Grecia e Albania, è da tempo al centro di una contesa fra antagonisti locali, governi e consorzio di imprese che finanzia il progetto.
Il gasdotto fa parte del piano strategico nazionale ed è sponsorizzato dall’Europa. «Purtroppo – confessa a tempi.it l’amministratore delegato di Tap Italia, Giampaolo Russo – le istituzioni pugliesi, sotto le pressioni della galassia movimentista “no Tap”, prendono posizioni contrastanti». Russo da anni viaggia fra Roma e Puglia per cercare di sciogliere i nodi burocratici, ma «mettere d’accordo cittadini e amministratori locali, in Italia, è difficile, soprattutto quando la politica non ti viene incontro».

Al di là dell’opposizione di alcuni politici locali, per il governo dovrebbe trattarsi di un’opera importante.
Purtroppo è dal 2013 che la politica nazionale si tira indietro. C’è un fossato fra la strategia del governo e le azioni pratiche. Eppure l’Italia ha firmato un accordo che implica sostegno e attenzione alla Tap. Avremmo dovuto confrontarci, cercando di risolvere i problemi, ma finora non è accaduto nulla. È possibile che in Europa, al G7, si parli dell’importanza del “corridoio sud”, della diversificazione degli approvvigionamenti di gas e poi non si faccia nulla?

Molti contestano il punto di approdo della Tap, la spiaggia di San Foca, a Melendugno (Lecce). Perché avete scelto proprio quel sito e non un altro, magari una zona industriale?
La Regione Puglia quest’anno ha dato parere negativo all’approdo della Tap. Peccato che ne fosse informata sin dal 2010. Perché lo dice ora? Non siamo rabdomanti che possono trovare una zona di approdo in base all’allineamento della politica: se non si vuole l’approdo a San Foca, sediamoci a un tavolo e discutiamone. Teniamo però presente che lo studio di impatto ambientale è stato condotto sulla base di studi ingegneristici, di sicurezza e ambientali, e che quello rappresenta il migliore punto di approdo della zona.

Secondo alcuni quotidiani (Repubblica e Fatto quotidiano) cercate di “comprare” i consensi della popolazione locale, sponsorizzando eventi. 
Non è così. I cittadini non sapevano nulla della Tap. Abbiamo iniziato una campagna pubblicitaria per far conoscere il progetto. Vogliamo dimostrare che la Tap è perfettamente compatibile con il turismo e con l’ambiente. E poi chiariamo una cosa: prima di arrivare in Puglia non avevamo nemmeno un budget per la comunicazione. Le aziende che fanno parte del consorzio hanno una cultura puramente ingegneristica, nordica. Non ne coglievano la necessità. In Italia è un po’ diverso. Per questo ci siamo concentrati soprattutto sugli eventi turistici: sagre e feste patronali. Inoltre abbiamo offerto 5 milioni di euro al Comune di Melendugno per uno studio sull’erosione costiera, fenomeno naturale che mette a rischio tutta la costa della zona. Purtroppo molti hanno paura della reazione di chi si contrappone al progetto e rifiutano il nostro sostegno.

Qual è il motivo per cui si oppongono alla Tap?
C’è chi agita ragioni ambientali o paesaggistiche sinceramente insensate. La cosa che più infastidisce è sentire parlare di cicatrice, ferita enorme nel territorio. È una assurdità. Il tubo gas è interrato e passerà, minimo, sotto un metro e mezzo di terra. Tutti i proprietari terrieri dove passerà la Tap potranno ripiantare gli ulivi, e volendo potrebbero piantarci anche le sequoie giganti. Altre preoccupazioni sono emerse dai Comuni e dagli enti locali e riguardano la sfera delle emozioni. Se da un punto di vista ingegneristico e scientifico non c’è da temere, sono preoccupati che i turisti, sapendo che passa un gasdotto sotto una spiaggia di San Foca, disertino la stagione estiva. Eppure ci sono otto località turistiche italiane, affacciate sullo stesso mare Adriatico e insignite di bandiera blu come Melendugno, che non ricevono alcun danno “emotivo” dai gasdotti che passano sotto le loro spiagge.

A che punto è il progetto?
L’accordo intergovernativo è stato firmato, abbiamo ottenuto l’esenzione dell’obbligo di accesso alle terze parti e la Valutazione di impatto ambientale (Via) è ormai in fase conclusiva. Dopo la Via potrà essere rilasciata l’autorizzazione unica che consentirà l’inizio dei lavori. L’unica cosa che ora ci preoccupa è il silenzio del governo su una questione che riguarda l’interesse nazionale.

Perché pensa che la Tap riguardi l’interesse nazionale?
Per i motivi geopolitici che questi giorni mettono sotto gli occhi di tutti, dalla crisi Ucraina al collasso della Libia. Ma c’è anche l’interesse delle famiglie e delle imprese che vogliono risparmiare sul prezzo del gas. La Tap fa parte delle infrastrutture del “corridoio sud”, inserito nel piano strategico nazionale dal governo Monti. Con altre nuove fonti di approvvigionamento il suo arrivo contribuirebbe a un risparmio attribuito di 4 miliardi e 100 milioni di euro. Per capirci: il gas della Tap è già stato comprato per i prossimi 25 anni.

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