Cesana al Meeting: «O l’io non esiste oppure è un mistero»

Se le neuroscienze non trovano l'io e la coscienza nel cervello significa che non esistono? L'uomo è schiavo del suo corpo? Rispondono al Meeting Cesana e Di Francesco.

Ci sono scoperte scientifiche che migliorano la vita dell’uomo e altre che, se non vengono bene interpretate, rischiano di sconvolgerla «impoverendo la natura umana». Gli ultimi ritrovamenti delle neuroscienze rientrano in questa seconda categoria. «Se salite su una scala mobile e non vi accorgete che è ferma vi sentite come straniti. Perché?» chiede alla platea del Meeting Michele Di Francesco, preside della facoltà di Filosofia all’Università Vita-Salute San Raffaele, tra i relatori dell’incontro “Neuroscienze. Il mistero dell’io”. «Perché senza che noi lo vogliamo o ne siamo coscienti, si sono attivati nel nostro corpo tantissimi schemi motori per prepararci alla salita di una scala mobile, non di una scala normale». Che cosa significa? Che non tutto quello che facciamo è “deciso” da noi, che la «coscienza è solo la punta di un iceberg ed esistono tantissimi processi subpersonali, di cui non siamo coscienti, che entrano in azione prima che noi decidiamo di agire».

Secondo tanti neuroscienziati questa è la prova provata che il libero arbitrio è un’illusione, la libertà una finzione e la responsabilità dell’uomo non esiste. Non solo: «Boncinelli sul Corriere della Sera – afferma Giancarlo Cesana, presidente della Fondazione Policlinico di Milano – ha scritto che con la tecnica del brain imaging, che permette di fotografare il cervello e individuare i processi attivi al suo interno, non sono stati trovati né la coscienza né l’io. Questo potrebbe volere dire che non esistono». Se è così, neanche l’io esiste e il soggetto delle azioni o della conoscenza è semplicemente qualcosa di virtuale, che l’uomo si è sempre immaginato e in cui si è sempre riconosciuto ma che non è mai esistito. «Ma chi ha detto che l’io si trova analizzando il cervello?» domanda Di Francesco. «Tutti cercano l’io nel cervello e non trovandolo, sono convinti che non esista. Ma non bisogna essere frettolosi, prima di dire che tutto ciò di cui facciamo esperienza quotidianamente è un’illusione, bisognerebbe pensarci bene, perché rischiamo di impoverire la natura umana».

Se l’esistenza dell’io è sempre stato un tema dibattuto dai filosofi, oggi è in mano ai neuroscienziati che grazie alle nuove tecnologie riescono ad individuare molti dei processi che avvengono nel cervello. Ma, dichiara Cesana, «posso aspettare l’esito del brain imaging per sapere se l’io esiste, cioè se io esisto? È intuitivo: non può esserci conoscenza senza io, il soggetto della conoscenza. Perciò, o l’io non esiste oppure è un mistero, una evidenza che io non posseggo, che va oltre la mia misura». Cesana cita don Luigi Giussani, quando diceva che “l’uomo è quel livello della natura in cui la natura prende coscienza di se stessa”: «Noi non siamo un computer – afferma – se gli scienziati negano la libertà è perché la identificano solo con la possibilità di scelta. Ma questo è incompleto. La scelta, infatti, è espressione della libertà come tensione, ma la vera libertà c’è solo quando mi realizzo».

Finché le neuroscienze ricercano l’io nel cervello come qualcosa di fisico che occupa uno spazio preciso non lo troveranno mai perché, insiste Cesana, «l’io è per sua costituzione rapporto con un tu, fatto di desiderio, tensione e libertà. È rapporto con un tu che ci dà le cose che non ci diamo noi. L’uomo infatti non è mai soddisfatto, desidera sempre perché per compiersi deve trovare quello che ancora non sa, quello che non prevede, che non ha in mente lui. Il problema è allora che cosa vogliamo, se quello che vogliamo lo possiamo avere e se c’è qualcuno che ce lo dà, perché non possiamo darcelo da noi». «Ciò che mette in moto la libertà – continua – e l’io è la verità, perché solo la verità rende liberi, compie e solo la verità come la intendeva san Tommaso (“adequatio rei et intellectum”) sconfigge il soggettivismo, che ha il problema di un io solo, assoluto, senza l’esistenza del tu».

Prima di dire, dunque, che l’io non esiste perché la tecnica del brain imaging non è riuscita a scovarlo nel cervello, come diceva Di Francesco, bisogna pensarci molto bene. «Come diceva ancora Giussani – conclude Cesana – Abramo è la prima immagine di io, perché è il primo ad essere cercato da Dio. L’io comincia quando può seguire il destino della vita». E non quando viene fotografato dai neuroscienziati.

@LeoneGrotti

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