Centrafrica. «Prima di spararci, ci lanciavano le mani e i piedi mozzati degli uomini già morti»

Nuovi dettagli della terribile «caccia ai musulmani» inscenata a Bangassou da milizie anti-balaka. «Hanno ucciso una donna e cinque bambini nella foresta, un'altra l'hanno seppellita viva»

«Non sparavano solo. Gli assalitori ci lanciavano le mani e i piedi appena mozzati degli uomini che avevano ucciso». La testimonianza all’Afp di Djamil, musulmano di Bangassou, getta una nuova luce sull’attacco violentissimo portato ai musulmani della città da milizie di anti-balaka. Nell’attacco del 14 maggio in Centrafrica sono morte più di 100 persone.

«CACCIA AI MUSULMANI». È difficile dire perché siano scoppiate le violenze ma secondo il vescovo locale, monsignor Juan José Aguirre, «la caccia ai musulmani, la razzia dei loro negozi e delle loro case è una vendetta contro la Seleka», la coalizione islamista di milizie che nel 2013 ha preso il potere nel paese con un colpo di Stato. Dopo mesi di sevizie ai danni della maggioranza cristiana, gli anti-balaka, gruppi animisti con inflitrazioni cristiane, hanno reagito scatenando una guerra violenta.

PACE FRAGILISSIMA. Dopo la parziale riappacificazione del paese anche grazio all’intervento di papa Francesco e al lavoro del cardinale Dieudonné Nzapalainga, gli scontri tra le milizie sono diminuiti ma continuano. Il Centrafrica non ha ancora un esercito regolare, l’Onu, presente nel paese con 12.500 uomini della missione Minusca, fatica a difendere la popolazione (spesso perché non può, spesso perché non vuole). E mentre il presidente Faustin-Archange Touadéra continua a invocare il processo di disarmo, gli uomini armati si contendono il paese. La capitale Bangui è relativamente sicura, ma oltre il 60 per cento del paese è in mano ai miliziani.

L’ONU SCAPPA. Quando gli anti-balaka hanno attaccato Bangassou «la Minusca ci ha detto di rifugiarci in moschea», continua Djamil, «e noi l’abbiamo fatto poi però i caschi blu se ne sono andati». Secondo fonti dell’Onu, «davanti al numero degli assalitori, abbiamo dovuto indietreggiare». Ma quando i soldati dell’Onu se ne sono andati, «un’ondata di anti-balaka è sciamata verso la moschea con machete e fucili artigianali», racconta ancora monsignor Aguirre. «Io sono accorso subito, ho provato a dialogare ma quelli hanno sparato a un mio amico, l’imam, che era uscito per proteggermi». L’imam è morto sul colpo, «io l’ho portato via per dargli degna sepoltura ma gli anti-balaka mi gridavano di non toccarlo. Erano drogati, alcolizzati, del tutto fuori controllo».

«DONNA SEPOLTA VIVA». Un nuovo intervento dell’Onu ha poi permesso che i musulmani si rifugiassero nella Cattedrale e nelle missioni cattoliche. Ora la popolazione è terrorizzata e più 15 mila persone si sono rifugiate nella foresta perché le violenze non sono terminate. Il 22 maggio «alcuni miliziani anti-balaka hanno impedito che degli aiuti umanitari entrassero in città, poi hanno rapito una donna e cinque bambini e li hanno uccisi nella foresta». Il 25 altre due donne ferite e ricoverate all’ospedale sono state rapite. «La prima è stata uccisa subito, la seconda è stata sepolta viva», secondo la Minusca.

CAMPI PER SFOLLATI. Nella città, dove i negozi non hanno ancora riaperto e nessuno osa avventurarsi per le strade, ci sono ormai due campi per sfollati: uno per musulmani di fianco alla Cattedrale e un altro per cristiani. In mezzo, una terra di nessuna difesa da pochi Caschi blu, che dall’inizio delle violenze hanno perso sei soldati.

@LeoneGrotti

Foto Ansa/Ap

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