C’è un mercato che è mobile

Dati e prospettive del comparto dell’arredo che continua a macinare numeri positivi. Così si esporta la dolce vita all’estero

Articolo tratto dal numero di Tempi in edicola (vai alla pagina degli abbonamenti) – All’estero l’arredo italiano piace, e continuerà a piacere per almeno i prossimi sei anni. Le importazioni da parte dei mercati avanzati nel settore dell’arredo arriveranno a poco meno di 10 miliardi di euro nel 2022, portando un aumento di circa 2,1 miliardi rispetto ai risultati registrati nel 2016. Si parla, dunque, di un incremento positivo del 21 per cento spalmato su sei anni. Questo in sintesi quanto emerge dalla ricerca Esportare la dolce vita realizzata dal centro studi di Confindustria.

La Francia continuerà ad essere il primo mercato di destinazione dei prodotti di arredo del made in Italy, passando da 1,5 miliardi di euro di importazioni nel 2016 a 1,8 miliardi di euro nel 2022. La crescita in questo mercato sarà pari al 21 per cento e sarà dovuta principalmente ad un mercato immobiliare particolarmente dinamico (gli investimenti residenziali sono, infatti, in aumento rispetto al passato). Altri aspetti che favoriscono la diffusione del mobile italiano, in Francia, sono la vicinanza geografica, l’assenza di barriere artificiali significative e il far parte del mercato unico Ue.

Secondo partner, per quote di importazione, è il Regno Unito. Nella patria di sua maestà Elisabetta II, le importazioni passeranno da 1,2 miliardi nel 2016 a 1,5 miliardi di euro nel 2022. L’incremento in percentuale sarà dunque del 30,5 per cento in sei anni, che corrisponde ad un aumento in euro pari a 350 milioni.

Quarto partner europeo per importanza commerciale è la Germania. La domanda tedesca passerà, infatti, da 1,1 miliardi del 2016 a 1,4 miliardi nel 2022. La crescita sarà dunque del 24 per cento e in termini assoluti si parla di un incremento dell’import italiano di quasi 300 milioni di euro. La Germania, così come la Svizzera, la Spagna e il Belgio sono mercati importanti anche per le piccole e medie imprese italiane (pmi). Sfruttando la forte presenza italiana in questi paesi, il mercato unico e la partecipazione a filiere, accordi piggy back o siti internet le Pmi usano questi paesi come trampolini di lancio verso una internazionalizzazione che guarda altrove.

Fuori dal mercato europeo sono cinque i paesi di maggiore interesse per il settore dell’arredo: gli Stati Uniti, Israele, Canada, Singapore e Taiwan. Gli Usa rappresentano il terzo mercato per l’arredo italiano e nel 2022 le importazioni arriveranno a quota 1,5 miliardi. Rispetto al 2016, quando l’import si è fermato a quota 1,1 miliardi, ci sarà dunque un incremento del 39 per cento pari a 409 milioni di euro. Israele, rispetto agli altri paesi citati, ha livelli contenuti di importazioni dell’arredo made in Italy. Nel 2022 vedrà, infatti, un aumento di 54 milioni rispetto al 2016, raggiungendo quota 185 milioni di euro. Il Canada non si discosta di molto da questi ordini di grandezza, passando da un valore di importazioni pari a 140 milioni nel 2016 a 181 milioni di euro nel 2022. L’aspetto da tenere in considerazione, in questo caso, è l’entrata a regime dell’accordo di libero scambio tra l’Ue e il Canada. In percentuale, infatti, il Canada accrescerà le importazioni dell’arredo made in Italy del 29,5 per cento; crescita che supererà di gran lunga la media dei partner europei.

Guardando all’Asia il settore dell’arredo italiano è apprezzato a Singapore e Taiwan. In queste aree le imprese italiane riescono a sfruttare i processi di urbanizzazione e di ammodernamento che sono ancora in corso, oltre che servire un settore alberghiero che guarda all’arredamento italiano per attirare clienti dall’estero. Resta il fatto che la domanda è relativamente bassa, se confrontata con gli altri paesi che importano dall’Italia. Si passa infatti dai 36 milioni di euro ai 51 per Taiwan, e dagli 86 milioni di euro ai 132 per Singapore.

Le imprese italiane non sono nuove alle sfide che offre il mercato americano. Anche prima dell’arrivo di Donald Trump alla Casa Bianca, molte imprese estere denunciavano la presenza in bandi e gare pubbliche della clausola “buy american” (compra americano). Gli annunci protezionisti di Trump non sono, quindi, nulla di nuovo per tutte quelle società italiane che già operano nel mercato Usa. Se la politica protezionista di Trump dovesse diventare una realtà, da una parte, sicuramente l’accesso al mercato americano sarà più difficile, ma non impossibile; dall’altra, la revisione della politica commerciale potrebbe favorire l’Italia rispetto ad alcuni competitori presenti nel mercato americano dei mobili. Secondo lo studio di Confindustria, nel caso in cui venissero modificati gli accordi del Nafta (North American Free Trade Area) per quanto riguarda le condizioni di accesso al mercato, ma al contempo non cambiassero le tariffe Mfn (Most Favoured Nation) pagate dalle imprese europee, il settore dell’arredo italiano si troverebbe in netto vantaggio rispetto al suo diretto competitore: il Messico.

L’incognita Brexit
Altro aspetto da non sottovalutare è la fetta di mercato che serve il made in Italy dell’arredo. I clienti americani tipo appartengono, infatti, alla classe medio-alta della popolazione (lo stesso Trump rappresenta il cliente medio ideale per il settore dell’arredo italiano). New York, Florida e California sono i primi tre stati americani che comprano arredo italiano e caso vuole che siano anche tre degli stati Usa più ricchi. Nel dettaglio, New York è il principale mercato per le imprese italiane dell’arredo, con un import stimato per il 2022 pari a 343 milioni di euro. Florida e California occupano rispettivamente il secondo e terzo posto per dimensioni delle importazioni con circa 182 e 181 milioni di euro stimati per il 2022.

Instabilità è la parola d’ordine per le esportazioni italiane verso il Regno Unito. Con la Brexit nasce l’incertezza delle relazioni economico/commerciali che si potranno sviluppare tra la Gran Bretagna e l’Unione Europea. Farà ancora parte del mercato unico? Che accordi si sigleranno a livello europeo per il commercio? Ci saranno accordi con i singoli Stati? Tutte domande che ad oggi non hanno una risposta. Quello che è certo è che per il momento non ci sono ripercussioni negative, per il settore dell’arredo, che vede per i prossimi sei anni un aumento delle importazioni del 30,5 per cento, che si concretizzano in un +350 milioni di euro rispetto al 2016.
A ciò si aggiungono altri due elementi. Il primo è che il settore dell’arredo, così come negli Usa, è molto concentrato nelle fasce medio alte della popolazione e geograficamente ha il suo cuore a Londra. Questo rende, di conseguenza, l’arredo made in Italy più resistente ad eventuali rallentamenti della domanda. Il secondo è più di carattere strategico. Secondo il Centro studi FederlegnoArredo nonostante la Gran Bretagna sia un paese produttore di mobili (il terzo in Europa), ha un saldo commerciale negativo nei confronti del resto del mondo.

Dalla sedia alla camera da letto
Nel 2015 l’Italia ha, infatti, coperto il 9,5 per cento di questo fabbisogno, guadagnandosi così la seconda posizione subito dietro la Cina che ha colmato il restante 46. Volendo entrare nel dettaglio delle quote di mercato dei singoli prodotti, l’Italia ricopre la seconda quota di mercato nel settore delle cucine, servendo il 27 per cento del mercato, e degli imbottiti che rosicchiano il 18 per cento alla Cina.
Nel settore dell’arredo per l’ufficio, l’Italia si posiziona al terzo posto, dopo la Germania coprendo il 7 per cento del mercato; nei settori della sedia, dell’illuminazione, delle camere da letto e dei materassi le quote di mercato variano dal 7 al 2 per cento e come paese esportatore si colloca intorno alle sesta/settima posizione. L’Italia, dunque, rappresenta per la Gran Bretagna un partner strategico significativo per colmare il fabbisogno interno di domanda, che altrimenti resterebbe scoperto.

Exit mobile version