Caso Marò. Capuozzo: «Abbiamo lasciato Latorre e Girone in un nuovo limbo»

A differenza del ministro Gentiloni il giornalista ritiene la recente la sentenza del Tribunale indiano «una sconfitta. Ci vorranno anni per arrivare al processo. Eppure esistono indizi di innocenza per i fucilieri»

L’India ha sospeso tutti i procedimenti giudiziari sui marò e ha fissato una sola udienza, per fare il punto della situazione, per il 16 gennaio 2016: fino ad allora, quindi, la situazione rimarrà congelata allo stato attuale, con Massimiliano Latorre in permesso in Italia per cure mediche, e Salvatore Girone in India. Lo ha deciso la corte suprema indiana, applicando la sentenza dello scorso 24 agosto del Tribunale internazionale del mare. «Una sentenza, quella di Amburgo, che in realtà ha rappresentato una sconfitta tanto per l’India quanto per l’Italia» dice a tempi.it il giornalista Toni Capuozzo, che è anche autore del libro Il segreto dei marò.

Il ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, al contrario, ha espresso soddisfazione per la sentenza di Amburgo. Perché lei no?
Per l’India la sentenza del Tribunale del mare rappresenta una sconfitta per il fatto che è stato posto uno stop al suo iter giudiziario. Ma credo che, sotto sotto, all’India questo stop non dispiaccia, perché era da tempo in una situazione di grave disagio nel condurre questo particolare iter giudiziario. Il fatto che in tre anni e mezzo gli indiani non abbiano nemmeno emesso i capi di imputazione contro Latorre e Girone la dice lunga. Ma anche per l’Italia la sentenza di Amburgo è una sconfitta perché la richiesta presentata dal nostro paese al Tribunale del mare era di concedere subito misure temporanee di custodia cautelare diverse per i due marò, ed è stata respinta. Nella sentenza, il Tribunale spiega che «non considera appropriato prescrivere misure provvisorie» perché così «toccherebbe questioni legate al merito del caso». Il tribunale però impiegherà almeno altri tre anni prima di giudicare nel merito. Teniamo conto, infatti, che ancora va formato il collegio dei giudici internazionali che si occuperà del caso.

Cosa accadrà ai due marò?
La questione più urgente è la condizione attuale dei due fucilieri. Non è pensabile che stiano circa due anni e mezzo, tanto è il tempo minimo stimato per un giudizio, in qualcosa che è molto peggio di un limbo. Per Latorre potrebbe esserci l’obbligo di rientrare in India: penso che questa sia la questione più urgente da affrontare davanti alla corte internazionale. C’è da aggiungere che ci sono delle ambiguità della sentenza che chiede di sospendere qualsiasi iter giudiziario dei due paesi. Ora spetterà alla bravura dei due paesi muoversi in questa situazione di sospensione.

A quali ambiguità si riferisce?
Se fossi sir Daniel Bethlehem, a capo del team di legali dei due marò, porrei delle domande alla corte per capire il destino prossimo dei due fucilieri. Posto che il Tribunale ha sospeso qualsiasi procedimento giudiziario in India, cosa accadrebbe se Girone si presentasse un giorno ad un valico di frontiera? Avrebbe l’India la podestà giudiziaria di bloccarlo? O avrebbe forse la podestà di pretendere un rientro di Latorre dall’Italia?

Nel suo libro lei si dichiara apertamente convinto dell’innocenza dei due fucilieri. Su cosa si fonda questa convinzione?
Credo che esistono più elementi a favore dell’innocenza che non della colpevolezza. Anzitutto Latorre e Girone stessi si sono sempre proclamati innocenti e mai hanno cambiato versione. Non si tratta di due bambini che direbbero “io non l’ho fatto” mentendo: ho avuto modo di conoscere personalmente Latorre nel 2006 in Afghanistan, dove mi ha fatto da scorta. Ho un “pregiudizio positivo” di partenza nei suoi confronti. Credo a quanto i due marò dicono sin dall’inizio e credo che gli elementi probatori a favore della loro innocenza siano più robusti. In fin dei conti, l’India non è stata in grado di arrivare nemmeno al charge sheet, il rinvio a giudizio, perché l’impianto accusatorio è basato su testimonianze acconciate e perché l’autopsia non è stata svolta alla presenza di un rappresentante della difesa.

In particolare quali indizi, secondo lei, scagionerebbero i marò?
Diversi, a partire dalla collocazione oraria dell’incidente, che è diversa a seconda dei testimoni. L’armatore della Erica Lexie aveva dichiarato di avere subìto l’attacco dei pirati alle 21.20 (ora indiana) del 14 febbraio 2012, e non alle 16.30 del 15 febbraio. Tra l’incidente alla Erica Lexie e l’incidente ai due pescatori al largo delle coste del Kerala sono passate più di 15 ore, moltissimo tempo in cui può essere accaduto di tutto. Ma ci sono molti altri elementi che non tornano, ad esempio la velocità dei due mezzi. La petroliera Erica Lexie viaggiava a 13 nodi, e il peschereccio su cui viaggiavano i due pescatori morti non andava a più di 8: come fa allora il peschereccio ad essere rimasto in rotta di collisione con la Erica Lexie per più di 20 minuti, come sosterrebbe la versione ufficiale? Ma tutti questi elementi di merito nel processo ai due marò purtroppo dovranno essere discussi tra più di tre anni, dato che è stata fatta la scelta di affidarsi soprattutto al diritto internazionale, anziché affrontare la questione di innocenza dei due marò. A mio avviso, infatti, si sarebbe dovuta sottolineare l’innocenza di Latorre e Girone, difendendoli dalle accuse di colpevolezza e senza per questo inchinarsi al desiderata dell’India di processarli. Si poteva cioè dire, come sono convinto, che i due marò sono innocenti e che non spetta all’India giudicarli. Finora invece l’Italia ha scelto di battersi solo su quest’ultimo aspetto.

Foto Ansa

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