Ho visto nascere la Chiesa di domani

Non si può partire guardando al passato. Tutto deve nascere ora, davanti a noi, in noi. Poi si ritroverà tutto. Il più grande, inconsapevole, assetato, cercatore della Chiesa è l’uomo.

Oggi, lunedì 10 gennaio, il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Reggio-Emila Guastalla di Monsignor Massimo Camisasca. Con questo articolo – che in via eccezionale mettiamo a disposizione di tutti e non solo degli abbonati – inizia la sua collaborazione con Tempi online. Sul nostro mensile, da gennaio Camisasca cura una rubrica di dialogo con i lettori. Per inviare una domanda al vescovo basta indirizzarla via email a lettereacamisasca@tempi.it: sarà la redazione a vagliare la posta ricevuta e a fare avere a Camisasca le domande e le segnalazioni più interessanti. Anche per questo la raccomandazione è di non inviare testi di misura superiore a 1.000 battute spazi inclusi. Per abbonarsi a Tempi, cliccare qui.

* * *

Da sessanta anni nella mia biblioteca della casa di campagna c’è un libro, che ho letto tanto tempo fa, scritto da un giornalista e uomo politico, Igino Giordani. Egli è stato, accanto a Chiara Lubich, uno degli iniziatori del movimento dei Focolari. Nelle pagine di quel testo sono raccolti alcuni dei reportages di viaggio nei paesi che, all’epoca della spartizione bipolare della Terra, erano chiamati “Terzo mondo”.

Mi ha sempre colpito il titolo di quel volume: Ho visto la Chiesa nascente. Parlava di speranza e di cammino in avanti. Desidero dare un titolo analogo ad alcuni di questi miei appuntamenti su Tempi. Saranno interventi aperti alle osservazioni e agli arricchimenti dei lettori.

Perché ritornare a parlare oggi di Chiesa? Non rischiamo di soffermarci su una realtà ampiamente ai margini dell’attenzione e delle attese più profonde degli uomini? Un istituto logorato da scandali e tradimenti? Un peso ingombrante, con le sue regole, i suoi riti, i suoi comandamenti che quasi nessuno più capisce e forse neppure conosce?

Chi è la Chiesa? Forse il Vaticano, il Papa, i vescovi? Forse un popolo spesso disorientato, che non sa a chi guardare e cosa pensare? Comunità polarizzate pro o contro nelle necessarie scelte della vita: nascita, morte, malattia, sessualità, denaro, tempo libero, divertimento…?

Avevano ragione gli illuministi che profetizzavano la fine della Chiesa e la sparizione del cristianesimo dalla faccia della terra? Era un visionario Romano Guardini che, all’inizio del Novecento, parlava di rinascita della Chiesa nel cuore degli uomini? Forse due guerre mondiali hanno spazzato via la sua speranza?

Per molte persone del nostro Occidente gli interrogativi che ho accennato non sono affatto retorici. Ne potrebbero aggiungere (e noi con loro) infiniti altri. E la conclusione sarebbe che la Chiesa, almeno come esperienza pubblica, rilevabile nella storia, non confinata alla pura interiorità della coscienza, non esiste più. O, almeno, rimane come residuato, pronto a sparire in breve tempo.

Ma le cose stanno veramente così? Dopo aver portato per secoli l’Eucarestia ai morenti, toccherebbe ora alla Chiesa ricevere il suo viatico?

In queste mie note, mi riferirò prevalentemente alla nostra Europa. Penso, infatti, che il futuro del cristianesimo non possa assolutamente prescindere dal nostro continente, dove san Paolo ha portato Cristo, iniziando una storia che certamente non riguarda solo l’Europa, ma che ha avuto una manifestazione tra noi per ora senza pari. Generando (assieme ad altre religioni, culture, filosofie…) duemila anni di bellezza in ogni campo, dalla musica alla letteratura, dal diritto alla poesia, dall’architettura all’accoglienza dei poveri e dei malati.

Ma non si può partire guardando al passato. Tutto deve nascere ora, davanti a noi, in noi. Poi si ritroverà tutto. Come l’amore tra un uomo e una donna che ha bisogno di bruciare nel presente per poter amare i figli e i nonni e scoprirne la gratuita necessità.

Il più grande, inconsapevole, assetato, cercatore della Chiesa è l’uomo. Non l’uomo con le sue filosofie, teologie, schemi morali, con la sua conoscenza del passato o altro, ma l’uomo con i suoi desideri, la persona umana, la cui struttura profonda è desiderio.

Dobbiamo partire da qui per capire chi è la Chiesa. Non perché Dio, Cristo, la Chiesa siano il frutto dei nostri desideri. Tanti filosofi dell’Ottocento e del Novecento hanno sostenuto questo come ragione del proprio ateismo, ma non sono riusciti a spegnere la sete dell’infinito che abita nell’uomo. Non siamo noi a generare Dio. Piuttosto, questa dannata fame e sete ce la troviamo dentro. Basta a riaccenderla una musica, un verso poetico, un paesaggio, un volto… un incontro. Chi ci ha fatti affamati e assetati?

La Chiesa nasce come cooperativa di affamati e assetati. Se non c’è questo, tutto ammuffisce. Per questa ragione nessuno ci è estraneo. La lotta alle ideologie si deve accompagnare ad una apertura sconfinata verso le persone. In ogni trasgressione c’è un grido.

La Chiesa nasce quando la grazia del desiderio si incontra con la grazia di una o più persone che hanno accolto, almeno come ipotesi, la pretesa di Cristo di essere l’atteso della loro sete. «Sono io che ti parlo» (Gv 4,26), ha detto Gesù alla Samaritana.

In un colpo, duemila anni di storia – con la loro grandezza e la loro pesantezza – non spariscono, ma si concentrano in un punto. Esso, che è un incontro, ha sempre una struttura ternaria (trinitaria?): il mio io, con tutte le sue attese e la sua libertà – Cristo con la sua proposta – coloro che me lo rendono presente.

È interessante notare che questa circolarità è quella che regge il mondo ed è scritta dentro il legno, il sasso, la stella, come nel cuore e nelle viscere dell’uomo.

(1. Continua)

Foto Ansa

Exit mobile version