Boris Johnson ha un fiuto speciale per le gaffe che manco Silvio Berlusconi

Il sindaco di Londra Boris Johnson sta alle gaffe come Kate Moss sta alla moda. Non c’è occasione pubblica in cui Boris non si faccia scappare una frase di troppo, ed è forse proprio questo a renderlo simpatico. D’altronde, il continuo ripetersi degli “errori”, rende più che plausibile il sospetto di chi ritiene che, in fondo, sia una strategia studiata quella di chi ama sorprendere pur di stare al centro dell’attenzione.
Ieri, durante il lancio del Forum islamico per l’economia, con il ministro malese Najib Razak, il sindaco ha risposto in maniera ironica a una domanda sull’educazione femminile nel mondo musulmano, dicendo che le donne vanno all’università prevalentemente per trovare marito.
In sala qualche presente si è messo a ridere, ma sui social network il primo cittadino è stato pesantemente insultato. Johnson ha cercato di scusarsi dicendo che stava citando studi sociologici che identificano l’università come luogo importante di socializzazione, ma non è stato compreso. Come molte altre volte.

BATTUTE DI TROPPO. Il simpatico gaffeur non è nuovo a incidenti diplomatici. Nel 2003 ha insultato lo chef televisivo Jamie Oliver, il preferito dal premier David Cameron, che a lui si è affidato per alcuni progetti di mensa scolastica inglese. «Se fossi il premier, la prima cosa che farei è liberarmi di Oliver, che dice a tutti cosa si deve mangiare». E come dimenticare la sua definizione di George Bush? Uno strabico texano guerrafondaio, secondo Johnson.

BERLUSCONI. Il meglio lo diede nel 2006, quando definì il partito dei Tory simile alla Papua Nuova Guinea, dove gli abitanti sono abituati a orge e cannibalismo. E in Oceania non la presero molto bene.
Durante un evento di presentazione delle Olimpiadi di Londra, rivendicò l’origine inglese di quasi tutti gli sport: «Forse gli unici a strapparci un primato sono i cinesi con il ping pong, che comunque abbiamo inventato noi. Si chiamava originariamente wiff waff».
Indimenticabile rimane la sua intervista del 2003 per lo Spectator, di cui era direttore, a Silvio Berlusconi a Villa Certosa. Il dialogo suscitò grandi polemiche (ed era inevitabile visto che al gaffeur Borsi s’univa il gaffeur Silvio) per le frasi su Mussolini che «non uccideva gli antifascisti, ma li mandava sulle isole al confino». Non solo. Ancora peggio fu la rivelazione che il dialogo era avvenuto mentre si brindava a champagne. E come si giustificò il nostro Johnson? Sul Telegraph scrisse che «nonostante durante il pomeriggio avessimo bevuto numerose bottiglie di champagne, Berlusconi non si è mai offerto di pagarmi il mutuo o di consigliarmi un hedge fund su cui investire. Quindi converrete che ho mantenuto un’ombra di imparzialità». E poi il Cavaliere era stato così amabile quel pomeriggio, mostrandogli «la sua collezione un po’ demenziale di cactus» in cui attirava l’attenzione «una pianta particolarmente spinosa e mutante che lui ha paragonato al “cervello del mio ministro delle Finanze”».

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