Blade Runner non è solo un film di fantascienza

C’è un prima e un dopo il capolavoro di Scott. Il sequel avrà la stessa tensione religiosa?

Articolo tratto dal numero di Tempi in edicola (vai alla pagina degli abbonamenti) – Ci sono dei film che segnano il prima e il dopo: Blade Runner, che esce nel 1982 è stata una cosa così. Uno di quei film che hanno colpito l’immaginario e hanno dettato il passo come in passato ce ne erano stati altri: Quarto potere, Sentieri selvaggi, quasi tutti i film di Kubrick, L’esorcista. Blade Runner esce nel 1982 e scompagina le carte. Non che la fantascienza prima fosse una sciocchezza. L’altro grande film di fantascienza, 2001: Odissea nello spazio, che esce nel 1968, sempre grazie a quel fenomeno di Stanley, aveva fatto piazza pulita di decenni di film, anche belli, di fantascienza da guerra fredda, intrisi di un clima di sospetto e della paura del nemico interno. I sovietici, mascherati un po’ ovunque, come nello splendido L’invasione degli ultracorpi di Don Siegel. Kubrick, con il suo film folle e squadrato, cartesiano fino al midollo eppure aperto all’inspiegabile, inserisce nel contesto classico della fantascienza un nuovo elemento, il tempo, e farà proseliti.

Il primo quarto d’ora di Alien di Scott è una ripresa in chiave horror di tante suggestioni di 2001 e poi sempre Scott, mollati i vari sequel di Alien, si dedica alla trasposizione di un romanzo di Dick a cui lavorò anche dopo l’uscita, mutando radicalmente il finale. È Blade Runner, che oltre a consacrare Ford come attore simbolo di certo cinema d’azione e d’avventura, restituisce un’immagine nuova del futuro: la verticalità della città, l’atmosfera plumbea e piovigginosa, la colonna sonora di Vangelis, gli elementi della narrazione hard boiled, la sofferenza eroica di un Marlowe nei panni di Rick Deckard, il detective che dà la caccia a degli androidi che sono a tempo, nelle mani di un creatore che si fa beffe di loro. Pessimista e inquieto, con un finale troppe volte rimontato, è il punto più alto della carriera di uno come Scott che fece benissimo fino ad allora e poi si perse un po’ per strada tra tanti medi film e qualche scivolone.

Sulle tracce del vecchio Blade Runner ci sono regista e attori diversi, anche se il vecchio Ford rimane. L’idea del nuovo regista Villeneuve è quella di farne un sequel tradizionale mantenendone l’impianto visivo e narrativo. Non sarà facile: il rischio coi sequel è di realizzare una fotocopia sbiadita o peggio di rendere artificiosi gli elementi di novità del film di partenza. Nel caso di Blade Runner, oltre all’estetica innovativa, una tensione religiosa mai più ritrovata nella fantascienza successiva.

@petweir

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