Belgio, eutanasia per l’ergastolano. «Ma avete letto le sue parole? Ha bisogno di vivere con dignità, non di morire»

La protesta di un avvocato belga: l'uomo è "internato" per problemi mentali e lo si considera capace di intendere e volere quando chiede di morire?

Libertà di scelta e diritto di morire. Così è stata giustificata in Belgio la decisione di autorizzare l’eutanasia per Frank Van Den Bleeken, 52enne condannato all’ergastolo per omicidio e abuso sessuale e che perfino Wim Distelmans, principe della “buona morte” in Belgio, si è rifiutato di uccidere. A chi ha ravvisato preoccupanti somiglianze con la pena di morte è stato risposto: è il detenuto che l’ha richiesta e per la legge è tutto in regola. In realtà non è così.

CONDANNATO MA INTERNATO. Come scrive l’avvocato Jean-Paul Van de Walle sul belga La Libre, «Frank Van Den Bleeken non è stato condannato al carcere “come gli altri”. Affetto da problemi mentali, è stato “internato”: “Misura di sicurezza destinata a proteggere la società e a fare in modo che siano dispensate all’internato le cure richieste dal suo stato di salute in modo da reinserirlo nella società” (definizione legale)».

VOLONTÀ. Questa premessa è molto importante: «Una delle condizioni legali per contemplare l’eutanasia è che la domanda venga fatta in modo “volontario” e “ben ponderato”». Ma se Frank «non ha abbastanza lucidità da comprendere i suoi misfatti e quindi da subire la pena, e necessita di un trattamento medico, come può avere lucidità “sufficiente” per chiedere legalmente l’eutanasia?».

PRECEDENTE PERICOLOSO. Come si può approvare l’eutanasia di una persona quando «resta un dubbio» sulla sua capacità di intendere? Domanda Van de Walle: «Ricorriamo a una “certezza” di tipo diverso quando parliamo di persone con problemi mentali? Ci rendiamo conto del precedente che abbiamo creato? E dove ci fermeremo?». Soprattutto se si pensa che in Belgio è appena stata approvata «l’eutanasia per i minori, a condizione che si sia certi della loro “capacità di discernimento”».

«DOVETE AIUTARMI». L’avvocato di Bruxelles critica la decisione di uccidere il detenuto anche per un altro motivo, che esula dall’ambito legale e considera quello umano. Van Den Bleeken, prima dell’eutanasia, aveva chiesto di essere curato (e non ucciso) in Olanda e in Belgio. Così aveva formulato la richiesta, facendo riferimento alle terribili condizioni delle carceri belghe, nella sua prima intervista rilasciata a Panorama: «Se non ho la possibilità di andare nei Paesi Bassi [a curarmi], non essendo possibile curarmi in Belgio, allora la mia sofferenza fisica sarà “incurabile” e secondo la legge ho diritto all’eutanasia. (…) La gente si deve rendere conto che… dovete fare qualcosa. Quando internate la gente che ha commesso delitti sessuali, aiutatela anche. Aiutatela a convivere con ciò che ha fatto. Ma non lasciate semplicemente qualcuno dietro delle sbarre con ciò che ha fatto. Qui non si aiuta nessuno: né la persona stessa, né la società, né la vittima».

VIVERE IN MODO DEGNO. Questa, scrive l’avvocato Van de Walle, «sarebbe una richiesta di “eutanasia”? E per giunta “volontaria”? Permettetemi di dubitarne, ancora una volta. (…) Alcuni reclamano a gran voce una nuova “estensione” della legge per permettere alle persone come Frank di “morire in modo degno”. (…) Frank, ne sono convinto, non ha bisogno di morire in modo degno: lui ha bisogno di vivere in modo degno. Forse siamo ancora in tempo per correre in suo aiuto. Per lui e per tutti gli altri».

@LeoneGrotti

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