Babadook. I bambini hanno ragione: nel buio c’è un mostro

Perché andare al cinema a vedere "Babadook", film horror che sa toccare temi universali e soprannaturali

Caro direttore, luglio è per tradizione il mese dell’orrore al cinema, in tutti i sensi. Infatti, la maggior parte dei film horror che passano nelle sale a luglio fanno veramente orrore per quanto sono brutti: violenti, ripetitivi, scontati. Ma fra tanto fango, ogni tanto si trova pure qualche piccola perla. Questo mese ce n’è una al cinema: Babadook di Jennifer Kent (Australia 2014). Non perdetela. Come tutti i (pochi) buoni film horror, Babadook comunica attraverso una forma fantastica delle verità assolute, che hanno a che fare col male e col bene, con l’inferno e col paradiso.

Babadook non è un capolavoro assoluto del cinema ma solo un buon film horror, che di questi tempi è già tanto. Si capisce subito che agli autori non interessa fare un film innovativo: il loro sguardo non è rivolto al futuro ma al passato del genere horror. Infatti nel loro film ci sono molte cose già viste in decine o centinaia di altri film di quel genere: la casa maledetta, i rumori sinistri, le ombre, i demoni, i fantasmi dal passato eccetera. Inoltre, il film è pieno di citazioni esplicite ai più grandi capolavori del genere, dai film espressionisti degli anni Venti ai classici di Mario Bava, da Nightmare a Poltergeist fino ad arrivare al fondamentale Shining di Kubrick. Per sottolineare il carattere “passatista” del loro film, gli autori mettono attorno ai protagonisti, che vivono in Australia ai giorni nostri, arredamenti e abbigliamenti vagamente rétro, che richiamano gli stili di diversi decenni del secolo scorso. Con i loro sguardi attoniti e i loro abiti inattuali, madre e figlio sembrano usciti da un quadro di Munch. Essie Davies e Noah Wiseman, rispettivamente madre e figlio, recitano con una tale intensità da oscurare tutti i limiti del film, che non sono pochi.

Babadook è un film tanto manierista e convenzionale dal punto di vista formale quanto invece è coinvolgente dal punto di vista emotivo. La storia si incentra sul rapporto problematico fra una donna frustrata, che ha perso il marito in circostanze tragiche, e il suo unico figlio: un bambino molto agitato che fatica a socializzare con gli altri bambini e crede fermamente che da qualche parte nella loro casa si nasconda un mostro. Per aiutare il bambino a dormire sonni tranquilli, la madre ogni sera ispeziona attentamente ogni angolo della sua cameretta e poi gli legge una fiaba. In effetti, le fiabe tradizionali sono concepite proprio per aiutare i bambini a superare la paura dei mostri: nell’universo fiabesco le streghe, gli orchi, i lupi cattivi e gli altri mostri sono sempre sistematicamente sconfitti da eroi innocenti. Un giorno nella loro casa appare dal nulla uno strano libro per bambini, in cui è narrata una fiaba davvero atipica: se infatti nelle fiabe tradizionali i mostri perdono sempre, in questa il mostro sembra avere la meglio… e il resto lo vedrete al cinema.

Quando quel libro misterioso entra in scena, lo spettatore prende improvvisamente coscienza del fatto che c’è un legame profondo fra il genere horror e il genere fiabesco. Non ci avevamo mai pensato, eppure lo abbiamo sempre saputo dentro di noi: i vampiri, i fantasmi, i demoni, i serial-killer e gli altri personaggi che popolano l’universo dei romanzi e dei film horror sono discendenti adulti delle streghe, degli orchi, dei lupi cattivi e degli altri mostri che popolano l’universo della fiabe. È noto che questi ultimi sono figure simboliche che alludono a varie tipologie di persone malvagie (ad esempio, il lupo che mangia cappuccetto rosso allude ai maniaci sessuali che insidiano le ragazzine inesperte). Le fiabe insegnano ai bambini che il mondo è pieno di persone malvagie, che è bene stare alla larga da loro ma che talora è necessario affrontarle con coraggio, certi di poterle sconfiggere.

Dunque i mostri infantili delle fiabe e i loro discendenti adulti dell’horror alludono ad esseri umani in carne ed ossa che fanno cose mostruose. Ma alludono anche a qualcos’altro, a qualcun altro, molto più pauroso. Innanzitutto, questi mostri letterari dalle forme ben definite sono imparentati a quei mostri senza forma e senza volto che i bambini credono di vedere nel buio: uomo nero, Babau, Boogie man… Babadook è uno di loro.

Quando eravamo bambini, sapevamo che ogni notte, non appena si spegnevano le luci, sotto il nostro lettino, dentro l’armadio e perfino sopra di noi si aprivano varchi verso abissi oscuri, da cui giungevano mostri spaventosi. Per non farci catturare, potevamo soltanto nasconderci bene sotto le coperte e cercare di rimanere immobili. Sebbene abbiamo smesso di credere nell’esistenza dei mostri del buio, ancora oggi non ci sentiamo a nostro agio quando dobbiamo rimanere da soli di notte in case troppo grandi e troppo isolate, attraversare lunghi corridoi deserti o scendere in cantine buie. Anche se non vogliamo ammetterlo, non temiamo soltanto, a ragione, che nel buio possa celarsi qualche mostro in carne ed ossa ossia un criminale comune, o qualche animale pericoloso. Temiamo anche qualcos’altro, che non riusciamo neppure a descrivere a noi stessi. Nel film, la madre si preoccupa di convincere il figlio che il mostro non esiste ma poi, un poco alla volta, comincia a credere che il figlio abbia ragione. Comincia ad ascoltare la bambina che è in lei.

Nell’inconscio di ognuno di noi sopravvive il bambino che eravamo. La nostra parte adulta e razionale ci ordina di credere che i mostri non esistono, quel bambino non vuole obbedirle. Più di ogni altro mostro, teme quelli del buio. Non c’è dubbio che la coscienza razionale ha ragione: di specie animali ne sono state scoperte tante e se ne scoprono sempre di nuove, mentre si è cercato per anni sotto i letti, dentro gli armadi, in fondo ai corridoi bui, dentro le cantine eccetera e di “uomo nero” o simili non ne è mai stato catturato o solo fotografato nemmeno uno. Ma sebbene siano innumerevoli e schiaccianti, le prove scientifiche dell’inesistenza dei mostri del buio non bastano a mettere a tacere definitivamente quel bambino e, soprattutto, non bastano a convincerci a non dargli più ascolto. Perché lui parla e perché, anche solo per qualche istante, gli crediamo? L’unica risposta plausibile a questa domanda è che quei mostri esistono realmente, anche se non materialmente.

Quei mostri senza carne e senza ossa, senza peso e senza estensione, esistono nella nostra mente come idee-immagini simboliche della parte oscura e malvagia, piena di desideri perversi e pulsioni omicide, che si cela in noi stessi e nelle persone che ci circondano. E non a caso, numerosi indizi disseminati nel film (che poi deflagrano nell’epilogo, che appare fin troppo scopertamente freudiano per soddisfare lo spettatore) indicano che Babadook è innanzitutto la parte oscura di uno dei due protagonisti. Noi cristiani sappiamo bene che questo “mostro” interiore esiste e ne conosciamo la causa: il peccato originale. Ma non basta. Sappiamo anche che il mostro che è in noi è insidiato da un mostro che esiste fuori di noi ed entra in noi: il Maligno. Egli non ha né carne né ossa, né estensione né peso esattamente come le idee, ma non è una idea, non è un prodotto della nostra mente: è una entità puramente spirituale che sta ovunque, sotto il letto e sopra il letto, nel buio e nella luce. Non a caso, Babadook sembra esistere anche come demone-mostro reale, che entra in uno dei due.

Riepilogando, tutti i mostri di ogni sorta (delle fiabe, dell’horror, del buio) sono idee-immagini o, meglio, maschere immaginarie che la nostra mente usa per indicare simbolicamente cose per nulla immaginarie: esseri umani malvagi, la nostra stessa parte malvagia e infine soprattutto il Maligno. Soffermiamoci su quest’ultimo. In quest’epoca di ateismo di massa la maggior parte della gente non crede nell’esistenza del diavolo perché non crede nell’esistenza di Dio. Ma anche se non ci crede, ne ha paura. Freud diceva più o meno: il nostro inconscio si comporta come se noi fossimo immortali. Parafrasando Freud, si può dire: il nostro inconscio si comporta come se il diavolo esistesse. Anche in quest’epoca di materialismo trionfante, nell’inconscio collettivo sopravvive il bambino che ha paura dei mostri: lo dimostra il grande successo popolare della letteratura e del cinema che parlano di mostri. Non si è mai sottolineato abbastanza: primo che nella letteratura e nel cinema horror abbondano riferimenti al soprannaturale demoniaco; secondo, che questa letteratura e questo cinema piacciono anche agli atei.

Dunque, in quest’epoca di materialismo trionfante, il genere horror appare come una piccola “riserva naturale” di temi soprannaturali. Nella maggior parte dei casi i riferimenti al soprannaturale prendono forme molto fantastiche (vedi Babadook), in altri i riferimenti al soprannaturale negativo (preternaturale) diventano sorprendentemente espliciti: si pensi solo ad un film come L’esorcista ma anche al recente Le streghe di Salem (Rob Zombie, Usa 2013). Per questo, il genere horror deve essere preso più sul serio anche dai cristiani. Per questo bisogna correre a vedere film come Babadook o Le streghe di Salem.

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