Burkina Faso, la nuova preda del Cremlino

Dopo il golpe la piazza con i tricolori bianchi rossi e blu di Ouagadougou ha invocato l'aiuto della Russia contro gli islamisti. E la Wagner era già pronta a tendere la mano alla giunta militare

I manifestanti a sostegno dei golpisti in Burkina Faso strappano la bandiera francese e invocano l’aiuto della Russia contro la violenza islamista (foto Ansa)

Manovra diversiva o manovra strategica per prendere alle spalle l’avversario occidentale? Sta di fatto che, mentre tutti sono concentrati sul fronte ucraino, dove i paesi della Nato inviano aiuti militari a Kiev in funzione antirussa ma ribadiscono la loro intenzione di non impegnarsi direttamente in un eventuale conflitto, in Africa la Russia continua ad avanzare i suoi pedoni in territori di paesi affiliati alla sfera di influenza occidentale o che vi sono entrati dopo la fine della Guerra fredda.

L’ombra della Wagner

Dopo Libia, Centrafrica, Mozambico, Sudan e Mali, adesso l’ombra della compagnia militare privata russa Wagner, longa manus del Cremlino, si stende sul Burkina Faso all’indomani del colpo di Stato del 24 gennaio u.s. capeggiato dal tenente colonnello Paul-Henri Sandaogo Damiba. Finora mercenari pro-russi nel paese saheliano non se ne sono visti (ed è controverso se ce ne siano in Mali, dove sicuramente il governo militare ha nel frattempo acquistato molte armi moscovite), ma tricolori russi bianchi rossi e blu sì: ne sono stati filmati decine nelle piazze della capitale Ouagadougou all’indomani del golpe militare, apparentemente gradito alla maggioranza della popolazione.

Istruttori russi per l’esercito

E ha stupito ancora di più il sincronismo con le dichiarazioni di Evgenij Prigožin, il patron ufficioso della Wagner, e di Alexander Ivanov (nome probabilmente falso), l’ufficiale capo degli addestratori di Wagner in Centrafrica. Il primo si è felicitato di questa «nuova era di decolonizzazione in Africa», spiegando che «i cosiddetti colpi di Stato sono dovuti al fatto che l’Occidente cerca di governare gli Stati (…) a volte mostrando chiaramente disprezzo nei loro confronti». E aggiungendo: «Non è sorprendente che numerosi Stati africani cerchino di liberarsi. Ciò avviene perché l’Occidente cerca di mantenere la popolazione di questi paesi in uno stato semi-animale».

Più professionale Ivanov, che dopo aver rimarcato che la presenza militare francese nella regione non aveva ottenuto i risultati prefissi, in un comunicato del Cosi (Communauté des officiers per la securité international), paravento del gruppo Wagner, ha offerto i servizi della compagnia al nuovo governo burkinabé: «Credo che se degli istruttori russi sono invitati a formare l’esercito del Burkina Faso, potranno farlo efficacemente. La Cosi è pronta a condividere l’esperienza acquisita in Centrafrica sull’organizzazione rapida e di qualità del lavoro, al fine di costituire un esercito pronto a combattere e di riprendere il controllo della situazione della sicurezza in poco tempo».

I golpisti e la sirena russa

Tanta spavalderia si spiega col fatto che a Mosca sono convinti che le circostanze attuali rappresentino un’occasione irripetibile per accrescere l’influenza russa sul continente africano. La sfiducia nei confronti in particolare della Francia, ex potenza coloniale di molti paesi dell’area, è tornata a toccare picchi storici. Spiega WakatSéra, il più interessante sito di informazione burkinabé: «I golpisti burkinabè prenderanno in mano il destino del loro paese o si lasceranno sedurre dalla sirena russa? Quest’ultima sembra diventare irresistibile in un Sahel dove i popoli – alcuni manipolati, altri opportunisti e altri ancora realmente delusi dalla Francia, le cui forze militari non sono riuscite a sbarazzarli dai terroristi che seminano quotidianamente lutti – non giurano che per la Russia. Per i fanatici dei “Popovs” la scelta è chiara, bisogna dirigersi verso questo nuovo partner per sperare di mettere fine alla minaccia jihadista di cui la Francia, dal 2013 con l’operazione Serval in Mali e poi la Forza Barkhane in tutto il Sahel, non è riuscita a venire a capo malgrado la sua potenza di fuoco. Certo, la Francia che porta come un tatuaggio indelebile il peccato originale di essere l’antico paese colonizzatore è attaccata instancabilmente da nazionalisti spesso eccessivi che le rimproverano, a torto o a ragione, di continuare a razziare le ricchezze dell’Africa con la complicità di dirigenti alle sue dipendenze».

È questa «immagine scolpita nella memoria collettiva dei paesi dove è messa alla gogna che confina la Francia in una posizione svantaggiosa a vantaggio di una Russia che oggi usa tutti i mezzi per recuperare il tempo perduto all’epoca della colonizzazione storica dell’Africa. In questa nuova volontà di conquista e di egemonia la Russia entra attraverso l’ampia breccia della lotta contro il terrorismo, approfittando scandalosamente del discorso anti-occidentale, e soprattutto del sentimento anti-francese. Che essa alimenta incessantemente». La stessa atmosfera di delusione nei confronti della classe politica democratica succeduta al dittatore Blaise Comaporé nel 2014, della Francia e della Comunità degli stati dell’Africa occidentale descritta da WakatSéra si percepisce bene anche nel reportage dal Burkina Faso pubblicato su Le Monde il 30 gennaio.

La Danimarca lascia il Mali

Per quanto riguarda l’eventuale coinvolgimento della Wagner nel colpo di Stato a Ouagadougou, The Daily Beast il 25 gennaio scorso ha rilanciato accuse che arriverebbero da fonti vicine al deposto presidente Roch Kaboré, secondo le quali costui si sarebbe rifiutato di assumere contractor della Wagner, come gli richiedevano alcuni generali dell’esercito: «Il presidente ha immediatamente respinto la richiesta», avrebbe affermato un funzionario del governo deposto; «Kaboré non voleva avere problemi con l’Occidente per essersi allineato alla Russia».

Intanto in Mali la Danimarca ha ritirato le sue truppe (100 uomini) che partecipavano alla Forza europea Takuba, che secondo il governo militare maliano erano arrivate senza l’accordo preventivo del Mali. «Non vogliamo essere presi in giro», ha dichiarato il ministro degli Esteri danese Jeppe Kofod. «Non c’è alcun dubbio che sia in corso uno sporco gioco. I generali golpisti collaborano con la Russia e coi mercenari russi che sono sul posto. Cercano di creare discordia per sviare l’attenzione dai loro propri problemi. Per questo motivo insieme ai nostri alleati europei dobbiamo esaminare quale sia la decisione più saggia». Ma la sua decisione Copenaghen l’ha già presa.

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