Attualità de “Il padrone del mondo”

Il video e l'intervento del giornalista di Tempi Rodolfo Casadei a un incontro online sul romanzo di R. H. Benson

Organizzato dai centri culturali di Cesena Il Campo della stella e Il Crocevia, si è svolto online giovedì 17 febbraio l’incontro “Attualità de ‘Il padrone del mondo’ di R. H. Benson”, cui ha partecipato il giornalista di tempi Rodolfo Casadei. Di seguito riportiamo un adattamento del suo intervento.

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Il padrone del mondo è un libro che parla della fine del mondo. La fine del mondo è preceduta dall’unificazione politica del mondo, dall’unificazione delle Chiese cristiane, accompagnata però dall’apostasia della maggior parte dei credenti; è preceduta dalla sostituzione del culto cristiano con una religione secolare, con un culto umanitaristico imposto per legge; è preceduta dalla persecuzione dei pochi cristiani rimasti, dall’avvento dell’Anticristo, identificato in un leader politico che riesce a riportare la pace nel mondo che era sull’orlo di una guerra mondiale, e che poi si impegna a sterminare quel che resta della Chiesa cattolica, cioè i cristiani che non abiurano la loro fede. La fine del mondo poi coincide con la parusìa, col ritorno di Cristo. Trionfo terreno dell’Anticristo, secondo avvento di Cristo, fine di questo mondo.

Questa vicenda apocalittica è raccontata attraverso alcuni personaggi. Giuliano Felsemburgh è l’uomo politico americano che si manifesterà come l’Anticristo, Percy Franklin è il suo antagonista, è un sacerdote cattolico inglese che diventerà l’ultimo papa col nome di papa Silvestro; Oliviero Brand è un esponente della classe politica atea e anticristiana che accompagna l’ascesa di Felsemburgh, Mabel è sua moglie, ed è il personaggio tragico della storia, che accoglie con entusiasmo l’avvento dell’umanità post-cristiana, ma poi soccombe sotto le sue contraddizioni. Questi sono i personaggi principali.

Un libro come questo va poi contestualizzato. Il libro colloca i fatti di cui parla attorno all’anno 2007, ma è stato scritto nel 1907. Per apprezzarlo adeguatamente bisogna dire due parole sull’epoca in cui è stato scritto e sul suo autore. Chi era Robert Hugh Benson, l’autore? Era niente meno che l’ultimo dei quattro figli dell’arcivescovo anglicano di Canterbury, lui stesso sacerdote anglicano che nel 1903 fu accolto come convertito nella Chiesa cattolica, e nel 1904, alla fatidica età di 33 anni, fu ordinato sacerdote cattolico. In un’epoca nella quale il sentimento anticattolico in Inghilterra era ancora molto vivo. (Nel Padrone del mondo i due personaggi principali, Felsemburgh e Percy Franklin, hanno entrambi 33 anni, non per caso). In Italia Robert Benson è conosciuto esclusivamente per Il padrone del mondo, ma in realtà lui ha scritto molte altre cose, soprattutto del genere che oggi si chiama fiction. Soprattutto fiction storica.

È importante inquadrare il momento storico in cui viene scritto il Padrone del mondo: 1907. Siamo nel pieno della Belle Epoque. La Belle Epoque sono quei 43 anni che vanno dal 1871 al 1914. Naturalmente chi viveva negli anni della Belle Epoque non sapeva  che quella era la Belle Epoque. Così come i medievali non sapevano che stavano vivendo nel Medio Evo: chi è venuto dopo ha scansionato le epoche storiche e ha detto: quello è il Medio Evo, questa è la Belle Epoque. La Belle Epoque si chiama così perché è il più lungo periodo di pace nell’Europa occidentale e centrale che si fosse fino ad allora conosciuto: dopo l’ultima guerra franco-prussiana, che finisce nel 1871, non ci sono più guerre fino allo scoppio della Prima Guerra mondiale nel 1914. In questo periodo ci sono guerre russo-turche, italo-turche, guerre balcaniche, ma nessuna guerra che metta una contro l’altra Parigi, Londra, Berlino, Roma, Vienna. È una situazione felice e inedita, che favorisce la crescita economica, l’arte, i viaggi, lo sviluppo tecnologico con grandi invenzioni: l’illuminazione elettrica, i primi aerei, nuovi vaccini, la radio, il cinema. 

La Belle Epoque coincide con l’età dell’imperialismo; nelle periodizzazioni dei manuali l’età dell’imperialismo va dal 1870 al 1914, ed è l’epoca di massima integrazione politico-economica mondiale. Poche potenze europee governano territori estesissimi in tutto il mondo. Per trovare un’integrazione paragonabile  bisogna venire ai giorni nostri, alla globalizzazione post-1989.

Ma la Belle Epoque è anche l’epoca della grande ascesa del socialismo; nel 1889 era stata creata la Seconda Internazionale, che riuniva i partiti socialisti e socialdemocratici dell’epoca, che erano partiti antisistema. Non dobbiamo pensare ai socialisti e socialdemocratici del secondo dopoguerra: a quel tempo i socialisti italiani, tedeschi, francesi avevano programmi di tipo rivoluzionario. E nell’opinione pubblica erano associati al comunismo. Nel Padrone del mondo, scritto nel 1907, si parla di regimi comunisti. L’epoca in cui scrive Benson è tormentata dall’interrogativo sul socialismo: dov’è che scoppierà la rivoluzione socialista? In quale paese o in quali paesi andrà al potere un regime comunista? Si discuteva se il socialismo sarebbe andato al potere in Inghilterra oppure in Germania, che erano i due paesi più industrializzati, quindi con la classe operaia più numerosa; oppure in Francia, il paese di tutte le rivoluzioni. Nel Padrone del mondo si cita più volte Karl Marx, ma si cita anche un certo Gustave Hervé, che nessuno oggi ricorda. Hervé era un agitatore socialista francese molto noto all’inizio del XX secolo, e Parigi era la sede della Seconda Internazionale. Oggi nessuno più si ricorda di Hervé perché ebbe un’evoluzione politica molto simile a quella del socialista Benito Mussolini: il socialismo di Hervé divenne nazional-socialismo, ma non ebbe la stessa temporanea fortuna del nazional-socialismo tedesco o del fascismo italiano. Comunque nel Padrone del mondo i comunisti sono al potere un po’ dappertutto, insieme ai massoni, e l’Inghilterra è diventata un regime comunista a partire dal 1927.

Il terzo elemento di contesto che va ricordato è che Il padrone del mondo viene scritto nello stesso anno, il 1907, in cui Pio X pubblica l’enciclica Pascendi Dominici Gregis, che è l’enciclica che condanna il modernismo come “sintesi di tutte le eresie”. Il modernismo teologico nella Chiesa cattolica è quel movimento intellettuale a cavallo fra XIX e XX secolo che vuole conciliare scienza e cristianesimo a modo suo, cioè subordinando il cristianesimo alla scienza moderna. Detto in parole semplici: quando il cristianesimo contraddice la scienza moderna, le verità del cristianesimo cessano di essere verità e vanno interpretate come simboli. Esempio: la scienza non riconosce la resurrezione dei morti, perciò quando il cristianesimo proclama la resurrezione di Cristo, questa non è una verità fattuale, ma è la manifestazione di un’esigenza psicologica dell’essere umano, è l’espressione simbolica di un’esigenza morale, eccetera. Bene, nel Padrone del mondo sono descritte alcune abiure da parte di sacerdoti cattolici che sono ispirate al modernismo, cioè all’idea che non c’è una realtà soprannaturale, non c’è un ordine soprannaturale, ma tutto procede dal subconscio umano, e il cristianesimo è solo un modo ingenuo, pre-scientifico e pieno di contraddizioni di affermare alcune verità circa la natura umana.

Inquadrato il contesto storico questo, occorre inquadrare l’attualità dei contenuti del libro. In che cosa i contenuti del libro prefigurano la condizione odierna? Chi ha letto questo libro, per esempio, cinquanta anni dopo che è stato scritto, poteva dire che il libro aveva prefigurato i totalitarismi del Novecento, perché con venti-trent’anni di anticipo aveva descritto i totalitarismi del Novecento: Felsemburgh e il suo regime incarnano il leader carismatico che ipnotizza le folle e una dottrina politica collettivista che fa violenza alle coscienze e che indica il nemico assoluto da eliminare. Quando Benson scriveva, Lenin, Stalin, Mussolini e Hitler dovevano ancora salire al potere, i kulaki e gli ebrei dovevano ancora essere sterminati.

Chi legge Il padrone del mondo oggi, cioè 115 anni dopo che è stato scritto, quali prefigurazioni della realtà odierna, o delle tendenza odierne, riscopre? Ne trova un buon numero.

Anche oggi assistiamo alla progressiva unificazione del mondo, che è uno dei temi del libro. Al tempo in cui fu scritto, l’unificazione stava avvenendo attraverso l’imperialismo e attraverso invenzioni come il treno, le navi a vapore, il telegrafo, la radio, ecc. Oggi l’unificazione avviene sotto forma di globalizzazione, globalizzazione voluta all’indomani della fine della Guerra Fredda dagli Stati Uniti e dalla grande finanza, e resa concretamente possibile dalle nuove tecnologie informatiche e dal miglioramento delle tecnologie dei trasporti.

Nonostante il procedere della globalizzazione, il mondo è più diviso che mai dal punto di vista politico-militare: vedi la crisi russo-ucraina che coinvolge la Nato, vedi il braccio di ferro fra Stati Uniti e Cina in Asia, che ha valenze globali. Anche questo c’è nel Padrone del mondo: il mondo è descritto come alla vigilia di un conflitto catastrofico fra Oriente ed Europa. Per quanto riguarda noi dell’anno 2022, possiamo dire che l’obiettivo strategico della globalizzazione a guida americana è fallito. Produzione, commercio, comunicazione, scambi tecnologici non dovevano avere più avere confini, perché così il resto del mondo sarebbe stato assorbito nel sistema occidentale dal punto di vista sia economico-finanziario che politico-ideologico. Invece non è andata così: la globalizzazione ha favorito l’emergere della superpotenza autocratica cinese, che si è appropriata di tecnologie e mercati e allo stesso tempo ha mantenuto la propria autonomia dal punto di vista politico e ideologico. La globalizzazione non ha prodotto l’americanizzazione del mondo, ma ha creato un contesto di competizione spietata fra grandi e medie potenze (oltre alla Cina e alla Russia ci sono l’India, la Turchia, l’Iran, l’Arabia Saudita, ecc.).

Un altro tema del libro che ha un riscontro importante nella realtà odierna è il declino dell’appartenenza religiosa. Alcuni esempi. Negli Stati Uniti nel 1992, cioè trent’anni fa, il 70 per cento degli abitanti era membro di una Chiesa o di una Sinagoga, il 29 per cento non aveva nessuna affiliazione religiosa. Nel 2021 i membri di Chiese e sinagoghe sono solo il 47 per cento degli americani, mentre i non affiliati sono il 52 per cento. E il sorpasso è avvenuto già un paio di anni fa. Gli Stati Uniti si sono messi quasi a pari con l’Olanda, che è uno dei paesi più secolarizzati del mondo. Secondo l’Istat olandese, i non affiliati a nessuna religione sono il 55,4 per cento dei cittadini. Questo d’altra parte non significa che il 44,6 per cento sia credente per davvero. Gli olandesi, che sono molto pratici e disincantati, chiedono attraverso il loro istituto di statistica alle persone in cosa specificamente credono. E allora si scopre che i credenti in Dio sono appena il 24,4 per cento, che diventano il 31,9 se si aggiungono anche quelli che dicono “credo in Dio, ma ho dei dubbi”. C’è un 15 per cento che dice “non credo in Dio ma credo in una potenza superiore”; gli atei veri e propri sono il gruppo di maggioranza relativa col 33,4 per cento, diventano il 47,6 per cento se aggiungiamo gli agnostici. Faccio un ultimo esempio. Per comprendere la portata della flessione della fede religiosa possiamo anche fare riferimento a grandi temi del dibattito sociale, come la liceità dell’aborto. Nella cattolica Irlanda si sono tenuti due referendum sull’aborto nell’arco di 35 anni, il primo nel 1983, il secondo nel 2018. Nel 1983 un referendum propositivo ha aggiunto alla costituzione un comma che proibiva la legalizzazione dell’aborto; nel 2018 un referendum abrogativo ha eliminato questo comma. Nel 1983 il 66,9 per cento dei votanti aveva votato contro l’aborto; nel 2018 il 66,4 per cento dei votanti ha votato a favore dell’aborto. Le parti si sono invertite.

Nel Padrone del mondo le religioni trascendenti e i loro riti sono sostituite dall’umanitarismo, una sorta di religione immanentista, e dai suoi riti, che ricalcano la liturgia cattolica. La figura di Giuliano Felsemburgh durante questi riti viene evocata con terminologie prese di peso dalla tradizione cristiana: il salvatore del mondo, il figlio dell’uomo, ecc. Anche noi abbiamo visto in questi decenni sostituire i riti sacri con riti profani. Riti profani che hanno assunto caratteri religiosi. I grandi eventi sportivi, i festival della musica e del cinema hanno assunto caratteri religiosi. Gli assi dello sport, gli attori e le attrici più famose, i cantanti e i gruppi musicali più celebrati occupano il posto che un tempo occupavano i santi e i  profeti. Basta guardare alle espressioni linguistiche: per i grandi calciatori si usa la parola idolo, e per i loro sostenitori si usa la parola inglese “fans”, che significa fanatico. Le grandi prestazioni sportive sono definite con un linguaggio religioso: si parla di salvataggio miracoloso, di recupero prodigioso, si parla di magia dell’attaccante. Gli attori vengono definiti divi e dive, che in latino significa divino. Di un attore o di un’attrice si dice che ha avuto la sua consacrazione nel tale ruolo, ha avuto la sua consacrazione presso il grande pubblico, eccetera. Pensate a che cosa è diventato il Festival di Sanremo: una specie di settimana santa, dove ogni sera un personaggio diverso pronuncia un’omelia su un argomento di grande importanza: il sesso, la razza, la criminalità, eccetera. Con un’impostazione della voce, con inquadrature, con coreografie che rimandano alla sacralità, alla profezia, alla rivelazione. Mi chiedono: “perché non guardi più il Festival di Sanremo?”. Non lo guardo da anni. Io rispondo: non è un festival della canzone, è un atto liturgico di una religione che non è la mia religione. Non guardo il Festival per la stessa ragione per cui non vado alle assemblee dei Testimoni di Geova e non partecipo ai riti di iniziazione Wicca neopagani: non sono la mia religione. Ma c’è la musica, ma ci sono le canzoni: certo, da che mondo è mondo la musica e il canto sono fondamentali nel culto. Sant’Agostino diceva: “Chi canta prega due volte”. Le famose provocazioni blasfeme di Sanremo cosa sono? Se restiamo lucidi e non ci lasciano trascinare nella trappola della reazione scandalizzata, che fa il gioco di chi si vuole farsi pubblicità sfruttando la nostra naturale indignazione, possiamo comprendere che ci troviamo di fronte all’appropriazione di rituali della religione cristiana che si vuole assorbire e superare. Non è tanto una profanazione, quanto una sottomissione del vecchio al nuovo. Esattamente come nel Padrone del mondo. Sul quotidiano La Stampa è apparso un articolo di commento di Elena Stancanelli. Ne leggo qualche riga: «A cantare è un fanciullo. Un giovane favoloso che di anni ne ha davvero diciotto, Blanco da Calvagese, in provincia di Brescia. Insieme a un uomo altrettanto favoloso, Mahmood, trent’anni. Uno che ha talmente tanto talento e intelligenza da aver capito che quello che gli serviva, per rendere il suo pezzo indimenticabile, era un ragazzo con gli occhi ancora pieni di stelle. (…) Guardatelo Blanco che si affaccia al balcone e spiega ai suoi coetanei che lo acclamano che devono indossare la mascherina. Non c’è niente che non possa fare senza mai togliersi quelle stelle dagli occhi perché sa fare una cosa che noi abbiamo fatto malissimo: essere giovane. Sa navigare, e ha la spavalderia di chi non si tira mai indietro. Capace di attraversare tutto e non rifiutare niente. (…) Non so voi, ma io non vedo l’ora che, dopo il festival di Sanremo, si prendano tutto. Diamogli le chiavi, chiediamogli scusa e facciamo un passo indietro». È il Salvator Mundi, è il Messia.

Sempre restando sul tema della nuova religione, c’è un’altra perfetta coincidenza fra Il Padrone del mondo e l’epoca contemporanea: ed è che la negazione del cristianesimo non conduce all’ateismo, ma all’idolatria. Il centro dell’adorazione non resta vuoto: come scrive Benson nel suo libro per spiegare le liturgie umanitariste, «l’uomo non può fare a meno di adorare». E che cosa c’è al cuore dell’adorazione umanitarista? C’è l’uomo. L’uomo, creatura finita, prende il posto di Dio infinito. Nel libro come nella realtà odierna noi non assistiamo al trionfo dell’ateismo,  ma alla deificazione dell’uomo. Deificazione dell’uomo che propongo di scrutare attraverso due temi presenti nel libro: la tecnologia e l’eutanasia. Nel libro l’eutanasia è un tema molto rilevante, ma anche sulla questione della tecnologia ci sono alcune pagine davvero interessanti e a mio parere sottovalutate.

Benson descrive la Roma tornata sotto il governo temporale del Papa – al Papa è stato concesso di riprendersi Roma in cambio della consegna di tutte le chiese d’Italia al nuovo potere. Roma è descritta come una città dove il progresso tecnologico non è arrivato, dove si va ancora in giro sulle carrozze trainate dai cavalli. E Benson dedica poche righe a spiegare perché: «Il mondo aveva camminato molto: ma Roma non si era mossa. (…) I libri di storia dicono che Roma avesse rifiutato tutti i miglioramenti promossi dal governo italiano, già vent’anni prima, non appena era stata proclamata indipendente. I tranvai non correvano più; agli aeroplani era stato vietato il passaggio oltre il recinto. (…) Percy guardò intorno di sfuggita e vide i paesani vestiti all’antica, le carrette da vino bianche e rosse, i torsoli dei cavoli sparsi sul marciapiedi, i panni bagnati stesi alle finestre e dondolanti dalle corde. Vide muli e cavalli. Tutto gli sembrava strano; eppure provava sollievo di fronte a questo panorama; gli ricordava che l’uomo è uomo e non dio, come invece tutti sostenevano. E l’uomo, pur essendo noncurante ed egoista, è attento a qualcosa di più profondo che non la velocità degli aerei, la pulizia e la precisione». Questa ostilità alla continua innovazione tecnologica da parte della Chiesa a me sembra decisiva, perché la tecnologia è al cuore del dispositivo che deifica l’uomo, che sostituisce l’uomo a Dio. La tecnologia è al cuore del progetto nichilista. Di solito si parla di nichilismo come di qualcosa che coincide con lo spirito del tempo. Io lo percepisco come un vero e proprio progetto, anche se l’espressione può suonare contraddittoria. Un progetto che si realizza attraverso la tecnologia.

Quest’anno la Scuola di Comunità di Comunione e Liberazione si fa sul libro Dare la vita per l’opera di un Altro, dove c’è anche una certa fenomenologia del nichilismo. Nel nichilismo le cose cessano di avere un senso, cessano di avere una natura loro propria che chiede di essere riconosciuta. Le cose hanno un senso e hanno una natura solo nella misura in cui è l’uomo a conferirglieli. L’uomo non riconosce più nulla, è lui che conferisce a suo arbitrio senso e natura alle cose: in questo consiste la sua divinità, l’uomo è il vero Dio perché è lui che attribuisce senso, consistenza, natura alle cose. E a se stesso (il gender e tutto il resto). E come fa? Non è una semplice operazione intellettuale. L’uomo conferisce il nuovo senso e la nuova natura attraverso il potere della tecnologia. Permettetemi una citazione dalla presentazione della Scuola di Comunità, presa dall’intervento di Davide Prosperi sul tema del nichilismo: «L’attualizzazione di questa concezione è l’idea che non c’è un senso nella realtà, e quindi non c’è un ordine, che sono chiamato ad accogliere e ad amare. Per cui la libertà non è più un domandare di riconoscere il Mistero che anima le cose dal di dentro di esse, ma piuttosto è forzata in un ruolo che non le si addice, di dare un senso alle cose secondo la propria misura. Il nichilismo anche per noi oggi si gioca in questa alternativa: nelle cose c’è un senso originario o no? C’è un bene reale, oggettivo, o no? Se non c’è, ce lo devo mettere io, devo dare io un senso ad una realtà che altrimenti non ce l’ha. Quindi qui Giussani suggerisce un’idea rivoluzionaria dell’energia della libertà: libertà come riconoscimento piuttosto che come un fare qualcosa. (…) Cosa c’entra il potere con questa idea di nichilismo? Perché dal nichilismo deriva questa centratura sul Potere? Il diabolico non può inventare la realtà dal nulla, ma può reinventare il senso della realtà, cerca di farlo introducendo il dubbio che la realtà non abbia senso e quindi gliene dà uno nuovo, inventato da sé a proprio comodo. (…) se la libertà non sta nell’amare, nell’affermare, nel custodire e servire il valore intrinseco delle cose, e attraverso questo servire Dio che mi affida la realtà, allora la libertà luciferina si esercita come potere, cioè come tentativo di ricreare la realtà negando quella data (per negare Dio), concretamente dandole un significato diverso da quello che ha: nell’atteggiamento nichilista, la libertà non è negata, esiste ancora! E il suo nuovo compito sta nel decidere cosa le cose sono. Per poter essere Dio (dice il principe della menzogna) devo ridare un significato alle cose, devo dare il nome che decido io alle cose».

Per fare tutto questo, ci vuole la tecnologia. Per separare la sessualità dal suo significato intrinseco non basta la filosofia libertina, non basta l’ideologia gender: ci vuole il potere della tecnologia. Ci vuole il progresso tecnologico che permette di abortire in condizioni sicure, ci vuole la fecondazione assistita che permette di assegnare i ruoli della paternità e della maternità con la massima disinvoltura, ci vogliono anticoncezionali sicuri per evitare gravidanze e malattie sessualmente trasmissibili e quindi per trasformare i rapporti sessuali in un’attività totalmente e puramente ricreativa, ci vuole una chirurgia di alta qualità per trasformare gli uomini in donne e le donne in uomini, eccetera eccetera.

Qualcuno potrebbe concludere che gli esempi fatti per illustrare il rapporto fra nichilismo e potere della tecnologia denotano che la preoccupazione nei riguardi dei progressi della tecnologia, e di come questi progressi stravolgono il nostro rapporto con la natura delle cose, è una cosa tipica di cattolici sessuofobi. Questa preoccupazione è certamente propria al mondo cattolico, e la si ritrova anche nell’enciclica Laudato Si’ di papa Francesco, ma è largamente condivisa da menti brillanti che cristiane non sono. A cominciare da Martin Heidegger e proseguendo con Hans Jonas, Günther Anders, Jacques Ellul, Michael Hanby, Neil Postman, Alain Finkielkraut, e potremmo fare una lunga bibliografia per dimostrare che chi pone questo genere di questioni non è un oscurantista; oscurantista, e autoritario, è chi nega che ci siano problemi con la traiettoria della tecnologia.

L’ultimo riscontro dei contenuti del libro con quelli dell’attualità che propongo è quello che riguarda l’eutanasia. L’eutanasia è un argomento importante nel Padrone del mondo: uno dei personaggi principali ricorre all’eutanasia nella forma del suicidio assistito. Mabel, la moglie di Brand, non cerca di sfuggire ai dolori fisici di una malattia, ma alla sofferenza psicologica che l’ha colpita quando si è resa conto che il prezzo della pace mondiale è lo sterminio di una categoria di cittadini, i cristiani. La legge vigente le permette di suicidarsi. E lei di nascosto dal marito si reca in una clinica della “buona morte”. Leggo alcune passaggi: «Non ebbe sentore delle ricerche del marito, giacché, in questi casi, la polizia difendeva i fuggitivi da coloro che li cercavano. Il personalismo (col personalismo si intende la scelta individualistica – ndr) era infatti ammesso solo nel caso in cui uno volesse abbandonare la vita perché ne sentiva il tedio. (..) Aveva pensato alla morte, per la prima volta, a causa delle sofferenze atroci che avevano provocato in lei le violenze dell’ultimo anno. (…) Sapeva di non poter reggere di fronte al fatto; sapeva di non riuscire a capire la nuova fede; e capiva che, comunque fosse stato per gli altri, per lei non vi era più speranza. (…) Credeva, come tutti gli umanitaristi, che i dolori del corpo fossero un sufficiente motivo per il suicidio, così come i dolori dello spirito. Quando il disagio aveva raggiunto un punto tale da rendere l’individuo inutile a sé e agli altri, il suicidio era da considerarsi il più alto gesto di carità. (…) l’unica vera religione era quella umanitaria. L’uomo era Dio o per lo meno la sua più alta manifestazione. Ma con questo Dio ella non voleva avere più niente a che fare».

Credo che meglio di così, l’eutanasia non si può spiegare. L’eutanasia, il suicidio assistito rappresentano l’eliminazione del debole in quanto debole per volontà del debole stesso che prova vergogna della propria debolezza. Prova vergogna della propria debolezza perché nella società dove la cultura nichilista è egemone, conta solo il potere: lo abbiamo detto prima, il potere di fare della realtà quello che voglio, di fare di me stesso quello che voglio, perché la mia natura me la do da me, il mio destino me lo do da me; non mi precedono, non sono chiamato a riconoscerli, ad abbracciarli: li devo poter creare io. Allora quando mi rendo conto di non avere questo potere, io mi vergogno della mia impotenza, mi sento privato della mia dignità, e la dignità che ho perso me la riprendo attraverso il suicidio o l’eutanasia. Questo è il vero significato dell’orribile equazione fatta circolare dai radicali “eutanasia = morire con dignità”. Bisogna convincere i deboli che la loro vita non è degna di essere vissuta, così si toglieranno di mezzo di loro spontanea iniziativa e lasceranno il passo ai forti, a coloro che sanno esercitare il potere, e che avranno le mani pulite in rapporto alla soppressione dei deboli. La richiesta della legalizzazione dell’eutanasia viene presentata come l’ultima soluzione per i malati che soffrono troppo e non hanno più speranza di guarigione, ed è per questo che è popolare; ma l’orizzonte strategico della legalizzazione dell’eutanasia è ben altro, è l’autoeliminazione dei deboli perché i potenti possano più agevolmente esercitare il loro potere. Torniamo al discorso sulla tecnologia: la tecnologia del futuro sarà in grado di produrre esseri umani potenziati, cyborg dotati di impianti artificiali e di protesi che li renderanno fortissimi, intelligentissimi, felicissimi. Ma c’è un problema: tutte queste cose costano tantissimo, non tutti se le potranno permettere, la diseguaglianza fra gli esseri umani diventerà abissale. Allora come fare fronte alle crisi che si prospettano, alla rivolta degli esclusi? Convincendoli che la loro vita non vale la pena di essere vissuta, che la loro vita ha perso dignità, che loro sono obsoleti, nel confronto con le performance degli esseri umani potenziati. E la verità di quello che dico la potete verificare se prendete in mano la proposta referendaria dei Radicali che la Corte costituzionale ha bocciato e la proposta di legge che è stata presentata in Olanda nel luglio 2020 per allargare   le maglie dell’eutanasia. Se il quesito referendario radicale fosse stato ammesso e fosse stato approvato dagli elettori, in Italia chiunque, in qualunque condizione, avrebbe potuto richiedere il suicidio assistito, e lo Stato glielo avrebbe dovuto mettere a disposizione. Una persona sanissima avrebbe potuto chiedere di morire, e lo Stato l’avrebbe dovuta aiutare a farlo. In Olanda, il primo paese al mondo che ha legalizzato l’eutanasia, è stata proposta una legge in base alla quale ogni cittadino che supera i 75 anni di età avrebbe con ciò stesso il diritto a richiedere l’eutanasia semplicemente se ritiene che il suo percorso di vita sia arrivato a conclusione.

Quindi il concetto da trattenere è il seguente: l’eutanasia è organica all’egemonia della visione nichilista del mondo, il nichilismo ha bisogno dell’eutanasia per essere sostenibile, economicamente e socialmente sostenibile.     

Ultima cosa. Il libro si conclude non con il trionfo terreno dell’Anticristo, ma con il ritorno di Cristo. Il messaggio è inequivocabile: il ritorno di Cristo, l’instaurazione definitiva del Regno di Dio, potrà avere luogo solo dopo la temporanea vittoria dell’Anticristo. Perché venga il Regno di Dio, prima deve venire il Regno dell’Uomo, con la sua duplicità: pace da una parte, omicidio e suicidio dall’altra. Solo se le conseguenze dell’usurpazione del trono sono portate all’estremo, cioè al suicidio, si possono realizzare le parole di Apocalisse 7, 10: «La salvezza appartiene al nostro Dio seduto sul trono e all’Agnello».

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