Aridatece 74 miliardi di “Celeste”

Nel paese col minor indice di crescita d’Europa, c’era (e c’è ancora) un metodo “Salva Italia”. Formigoni e la sua squadra raccontano il futuro

Articolo tratto dal numero di Tempi in edicola (vai alla pagina degli abbonamenti) – Da venerdi 11 settembre in Campania la sanità non eroga più servizi se non a pagamento. Leggiamo su Il Mattino di Napoli: «D’ora in avanti per l’assistenza a disabili e anziani non autosufficienti bisognerà pagare. Così come per Tac, risonanze magnetiche, analisi di laboratorio, visite specialistiche e prestazioni diabetologiche. Il budget assegnato ogni anno dalla Regione alle strutture accreditate è infatti praticamente esaurito». E allora veniamo alla notizia battuta dalle agenzie il 21 luglio scorso e firmata dall’Ufficio Studi di Confcommercio. «In totale la spesa pubblica gestita localmente è pari a 176,4 miliardi di euro: ai livelli attuali dei servizi pubblici si potrebbero risparmiare più di 74 miliardi di euro, pari al 42 per cento del totale nazionale. In altre parole, ai prezzi della Lombardia (la Regione benchmark per il calcolo degli sprechi perché presenta livelli di servizio superiori a tutte le altre Regioni) i servizi pubblici locali in Italia potrebbero costare 102,3 miliardi di euro». Però. Se l’Italia fosse governata come la Lombardia, avrebbe a disposizione ogni anno 74 miliardi e il 42 per cento in più dell’attuale spesa pubblica. Però. Ammesso e non concesso che Formigoni sia “associato a delinquere” e “corrotto” per avere avuto accesso a “utilità” – le vacanze, le gite in barca, la villa in Sardegna, così dice l’accusa, perché in tasca, di soldi rubati o di tangenti non gli hanno trovato neanche un cent – ma di che cosa stiamo parlando?

Se fosse governata come è stata governata per 18 anni da Formigoni e per due anni da Maroni, altro che Germania, oggi l’Italia volerebbe nel cielo delle economie che stanno stracciando la crisi. Basta e avanza per salire al vecchio Pirellone e iniziare a stendere un indice del libro che dovrà essere scritto. Non per nostalgia del passato e commiserazione del presente. Ma perché le cose che sono state fatte in Lombardia restano le riforme di cui l’Italia ha disperato bisogno. Perciò, apriamo il registratore e lasciamo la parola a Roberto Formigoni, senatore Ncd ed ex presidente della Regione Lombardia. A Raffaele Cattaneo, ex assessore Fi alle Infrastrutture e Mobilità della Regione e attuale presidente Ncd del Consiglio regionale lombardo. A Mario Melazzini, Fi, ex assessore alla sanità e attuale assessore alle Attività produttive, Ricerca e Innovazione. A Giulio Boscagli ex assessore Fi alla Famiglia. E a un gruppo di dirigenti regionali della passata e presente amministrazione lombarda che hanno accettato volentieri di parlare a condizione che non venissero fatti (per comprensibili ragioni) i loro nomi.

Formigoni. Anzitutto, per noi la dottrina sociale della Chiesa è stata una cosa seria. Centralità della persona e libertà di scelta. Questa è stata la nostra gerarchia di valori Sei malato? Scegli tu dove farti curare. Hai dei figli? Scegli tu la scuola dove li vuoi istruire. Ti interessa la famiglia? Scegli tu le risorse.

Primo dirigente. In materia di formazione professionale abbiamo smantellato il sistema basato sul finanziamento a pioggia degli enti dove spesso l’offerta non c’entrava nulla con la domanda di lavoro e siamo passati a finanziare l’utente. Invece dei soliti noti che si dividevano la torta dei finanziamenti pubblici, abbiamo aperto l’accreditamento a tutti coloro che avevano i requisiti e trasferito le risorse dagli enti all’utente. Che si è rivolto a chi gli offriva l’offerta formativa migliore. È stata una rivoluzione che poi ha avuto riscontro nei tassi di occupazione.

Formigoni. Uno può dire, voi scegliete la sussidiarietà altri scelgono lo statalismo, sono due modi di rispondere ai problemi. Eh no, perché il metodo che mette al centro la persona – o se vuoi dirla alla Grillo, “il cittadino” – ha innescato il miglioramento di tutto il sistema. Esempio della formazione professionale. Ma la stessa rivoluzione l’abbiamo portata in sanità. Dando al cittadino la libertà di scelta, medici e ospedali si sono dovuti mettere sul chi va là perché gli utenti non gli arrivavano più come buoi sospinti in un punto di cura dal percorso predeterminato dalla burocrazia. Ma gli arrivavano o non gli arrivavano per libera decisione del singolo cittadino di andare a farsi curare nel grande ospedale pubblico come il Niguarda piuttosto che in una grande struttura privata come l’Humanitas. Ragion per cui tu non trovi più in Lombardia cliniche private dove al massimo puoi fare l’appendicite e carrozzoni statali intasati dove mancano anche le aspirine. In Lombardia pubblico e privato hanno innescato una competizione virtuosa per elevare ai massimi livelli la qualità dell’offerta sanitaria. E così abbiamo dimostrato che l’impostazione liberale e cattolica conviene al cittadino. Mentre non conviene lo statalismo.

Secondo dirigente. Idem per il lavoro, si è passati da servizi gestiti in sistema di monopolio pubblico, gli uffici di collocamento, a un sistema di enti privati, basi del Jobs act, agenzie capaci di incrociare domanda e offerta di lavoro. Dal monopolio della burocrazia alla competizione tra intermediari. Tutta la odierna riforma del lavoro nasce da qui.

Un modello di efficienza
Formigoni. Altro capitolo, abbiamo costruito efficienza. È il famoso tema dei “costi della politica”. Per la macchina regionale della Lombardia il cittadino paga 21 euro. La media nazionale è di 44 euro. Per servire una popolazione di 10 milioni di abitanti abbiamo una media di 34 impiegati ogni 100 mila abitanti. Per lo stesso numero di abitanti il Molise ne ha 291, il Piemonte 70, l’Umbria 159, la Toscana 74. Erano 4.500 i dipendenti regionali nel 1995 e li abbiamo diminuiti a 3.000. Morale, come dice Confcommercio, se le Regioni italiane fossero come la Lombardia l’Italia risparmierebbe 23 miliardi l’anno. E pensare che Renzi sta impazzendo per racimolare due-tre miliardi per togliere Imu e Tasi. Pensa se avesse a disposizione 23 miliardi…

Cattaneo. Attenzione, i 23 miliardi sono al saldo netto, perché secondo lo studio di Confcommercio, il risparmio lordo sarebbe di 74 miliardi. Diventano 23 perché per portare tutte le altre Regioni, diciamo così, allo stesso blocco di partenza della Lombardia, occorrerebbero investimenti per 51 miliardi.

Formigoni. Ancora sull’efficienza, il pareggio di bilancio dal 2001. Nota bene, è recentissima la denuncia della Corte dei Conti secondo la quale, ad agosto 2015, nessuna Regione italiana, eccetto appunto la Lombardia, è in pareggio di bilancio. Sono tutte in rosso. Tutte. La Lombardia è in pareggio da 15 anni. Quanto è costata e costa agli italiani – in termini di tasse, finanziarie, leggi di stabilità – questa voragine nella sanità, voce di bilancio che rappresenta l’80 per cento del budget delle Regioni? E non è che questo risultato lo abbiamo raggiunto magicamente. All’epoca prendemmo anche decisioni impopolari. Per esempio introducendo e alzando i ticket sanitari. Non feci un referendum in rete. Scommisi sul buon senso dei miei concittadini. E vinsi di nuovo le elezioni. Perché non è che, come continuano a scrivere certi giornaloni, “eh già la sanità lombarda è la migliore fin dal medioevo, quindi Formigoni non c’entra”. È che in quasi vent’anni di governo noi ci siamo sempre assunti le nostre responsabilità davanti ai cittadini. Dunque, risparmio nella macchina, pareggio di bilancio, recupero di risorse crescenti. E vogliamo parlare di infrastrutture? Quando siamo arrivati al Pirellone la Lombardia aveva meno chilometri di ferrovia e di autostrada, in rapporto alla popolazione, delle altre Regioni più sviluppate. Abbiamo pellegrinato a Roma per spiegare questo deficit enorme. Anche qui, non è che siamo andati a Roma col cappello in mano. No, abbiamo sempre detto, “siamo disponibili, facciamo quel che c’è da fare insieme…”

Cattaneo. Il punto non è solo l’efficienza, il punto è il modello che ha prodotto l’efficienza. Faccio un esempio. Ciò che ha reso possibile realizzare opere come la Pedemontana, non è stato un di più di potere, commissariale, calato dall’alto, come ci insegna Renzi. È stato il metodo della sussidiarietà. Lo stesso che ha prodotto il buono scuola, la formazione professionale, i centri per il lavoro.

Formigoni. Giusto, e l’esempio della Pedemontana è perfetto. Un progetto nato negli anni Sessanta, ma che è stato sempre rinviato. E non perché mancavano i soldi. Ma perché Roma non era convinta che la Lombardia ne avesse bisogno e perché il territorio qui non era d’accordo. Perciò, primo: abbiamo fatto un grande lavoro per convincere Roma. Secondo: abbiamo chiamato allo stesso tavolo tutti i sindaci delle zone interessate, tutte le Province e tutti i comitati dei cittadini. Risultato: per trent’anni la Pedemontana è stata ferma perché il territorio non la voleva. Con noi il 90 per cento del territorio ha detto sì, si sono aperti i cantieri, nel 2020 Maroni taglierà il nastro. E così abbiamo lavorato per creare la marea di infrastrutture piccole e grandi, strade e autostrade, che abbiamo realizzato. Come? Dialogando col territorio e mai imponendo dall’alto.

Cattaneo. Se tu pensi a tutta la politica del centrodestra e, adesso, del centrosinistra, è l’opposto: il commissario, il supercommissario, la legge obbiettivo… Cioè, togliamo la responsabilità a chi sta in basso, portiamola in alto nelle mani di un potere forte e centralizzato e vedrai che si riuscirà a risolvere tutti i problemi. Risultato, zero. O zero virgola.

Formigoni. Ricordi Di Pietro, quello della famosa Italia dei valori e delle manette a gogò? Ecco, quando lui è diventato ministro ai Lavori pubblici noi avevamo in corso la costruzione della quarta corsia dell’autostrada Milano-Bergamo e, insieme, la Brebemi. E allora Di Pietro ci dice, «ma voi siete matti, perché dovrei finanziarvi un doppione?». Hai presente Di Pietro no? Scarpe grosse e tintinnare di manette anche quando ha cambiato mestiere. Ebbene, un po’ incalzandolo, un po’ dialogando, alla fine lo abbiamo convinto. E poi ci ha anche ringraziato pubblicamente. Chiaro che la politica deve prendere decisioni. Ma se ti vuoi imporre, stai sicuro che perdi sempre. A meno che tu sia l’uomo di poteri finanziari e sovrannazionali fortissimi. O un dittatore.

Protagoniste le opere
Cattaneo. Tu vai in giro oggi in Lombardia e nonostante la crisi trovi una miriade di realtà imprenditoriali e sociali cresciute grazie a questo metodo di dialogo. Noi ci siamo limitati a creare le condizioni perché una miriade di soggetti – nel campo sociale, nel campo educativo, nel campo imprenditoriale, opere formidabili nel campo della formazione o del reinserimento sociale di detenuti o tossicodipendenti – potessero sviluppare le loro attività, costituendo con le leggi e le riforme della Regione un supporto a questa ricchezza sociale. L’imprenditore che finanzia la scuola di artigianato. Il parrucchiere che si inventa corsi per tirare su ragazzi. La comunità che costruisce una residenza per gli esclusi. Con la politica abbiamo servito questa pluralità di soggetti sul territorio. Altro che i ciellini e la Regione occupata da Cl!

Quarto dirigente. Solo a Magenta, un Comune di trentamila abitanti, sono nate 167 associazioni familiari dopo la nostra legge sulla famiglia. Perché quella legge ha cambiato il modello parziale e assistenzialistico, tipico delle Regioni di sinistra, basato su interventi settoriali, sul cosiddetto frazionamento del bisogno. Uno dei nostri più grandi rimpianti è non esser riusciti a realizzare – non per demerito nostro ma per opposizione dello Stato centrale – la riforma del doppio canale di istruzione. Avevamo proposto di potere assolvere l’obbligo scolastico anche con il canale professionale. Quanti ragazzi abbandonano la scuola, potrebbero imparare un mestiere e invece la legge li costringe a scaldare i banchi? Noi proponevamo che l’obbligo potesse esser assolto anche con corsi di formazione che li facesse panettieri, piuttosto che elettricisti, carpentieri, eccetera. Purtroppo Roma ci ha fermato. Adesso bisognerebbe andare a Napoli, dove i ragazzini di quindici, sedici anni si ammazzano per strada. Ma pensano sul serio di salvarli con l’educazione alla legalità e gli articoli di Saviano?

Boscagli. Queste osservazioni mi fanno pensare alla differenza che c’è anche tra i quattro governi nazionali di Berlusconi e i quattro di Formigoni. Berlusconi e Formigoni restano in sella, ciascuno nel proprio ambito, circa vent’anni. Tra il 1994-95 e il 2011-2012. Come mai qui sono state fatte alcune cose e a Roma no? Quando sono arrivato nella segreteria di Formigoni era Forza Italia il grande soggetto innovativo. In Fi c’era questa idea liberista che ci avrebbe portato a schiantarci nel giro di poco tempo se non avessimo avuto un’altra storia. Ricordo ad esempio che era vietato parlare col sindacato. Formigoni è stato capace di metter insieme: sia la spinta innovativa, autentica, di Forza Italia; sia la tradizione del dialogo tipicamente cattolica; sia la capacità di rinnovamento non con l’imposizione – oggi diremmo, con la “rottamazione” – ma con il metodo del coinvolgimento. Tant’è che una nota dirigente comunista che Formigoni ha trovato in Lombardia, l’ha valorizzata ed è ancora al suo posto in Regione. Hanno dovuto letteralmente inventare la leggenda nera del potere ciellino in Lombardia, mentre di vero c’è l’educazione ciellina, questa sì, l’imprinting di una certa umanità educata a valorizzare tutto e tutti. Seconda questione: una visione, perché sussidiarietà e federalismo sono una visione, tra l’altro esattamente opposta alla visione che ha Renzi, il quale sta smantellando quel po’ di federalismo che c’era e la sussidiarietà non sa neanche cos’è. Siccome è giovane e forte, come tutti noi quando avevamo quarant’anni, pensa di poter cambiare il mondo con i propri muscoli. Adesso lui è convinto di cambiare l’Italia facendo fuori tutti i gruppi sociali intermedi. Ma non è così. Così fa fuori la ricchezza di questo paese e ci consegna al colonialismo delle multinazionali.

Quinto dirigente. Fin qui c’è la sussidiarietà orizzontale. Ma poi c’è il grande capitolo della sussidiarietà verticale fra i livelli delle istituzioni. Ad esempio, sulla sanità, noi siamo stati bloccati dal livello centrale perché la politica di indirizzo rimaneva quella dei decreti Bindi del ’96. Noi non volevamo i direttori generali e si discuteva di forme alternative come i consigli di amministrazione. Ma non abbiamo potuto nemmeno avvicinarci perché questi poteri li ha tenuti in mano lo Stato.

Sesto dirigente. Ricordo che il governo Formigoni nasce con l’emergenza rifiuti. Su rifiuti e ambiente ha preso decisioni formidabili e in tempo record.

Formigoni. Ma pensate alla Campania o al Lazio. L’emergenza rifiuti è lì da quindici anni. Quindici anni dopo che Formigoni è andato a prendersi a Cerro una salva di fischi (e poi naturalmente una serie di inchieste giudiziarie che non sono state ancora chiuse, pensate, dal 1995!) perché aveva deciso di risolvere l’emergenza. Oggi non c’è più una discarica in Lombardia. Solo impianti ultramoderni.

Gli alfieri del federalismo
Settimo dirigente. C’è poi tutto il tema delle riforme che sono adesso all’ordine del giorno del governo Renzi. Per esempio noi abbiamo inventato per primi il Patto di stabilità territoriale.

Ottavo dirigente. E qui si aprirebbe il grande capitolo del federalismo fiscale e di quando la Commissione Antonini, ahinoi, definiva anche Formigoni «albero storto» perché faceva i grattacieli. Una stupidaggine sesquipedale, perché noi prima pagavamo ai privati 28 milioni di euro l’anno solo di affitto per gli uffici. Mentre adesso, con palazzo Lombardia fatto costruire dal “Celeste”, la Lombardia si ritrova un bene pubblico che vale 800 milioni di euro!

Cattaneo. Uno può discutere, ma alla fine sono i numeri che contano, diamone almeno alcuni. Costi per la macchina amministrativa: 21 euro per cittadino, la media nazionale è 44. Spesa per la sanità in pareggio, riconosciuta tra le migliori al mondo (tant’è che il 10 per cento dei pazienti e il 50 per cento in ambito oncologico proviene da altre Regioni) e con i primi 10 istituti di ricerca tutti lombardi: per la sanità la Lombardia spende solo il 5,5 per cento del Pil contro il 7,5 per cento della media nazionale. Liste di attesa pressoché dimezzate. Tempi di pagamento di fornitori: da 30 a 60 giorni contro una media nazionale di 180 con punte di 1.000 giorni. Lavoro: il più alto tasso di occupazione maschile e femminile d’Italia. La disoccupazione era arrivata a metà degli anni Duemila al 3 per cento contro il 6,5 per cento della media nazionale e nel 2014, in piena crisi, all’8,2 per cento contro il 12,4 per cento nazionale. Siamo stati i primi a utilizzare la Legge Biagi anticipando il Jobs act di Renzi. Educazione: sistema Dote, 250 milioni di euro l’anno per sostenere l’istruzione di 330 mila studenti, 230 mila delle statali, 50 mila delle paritarie, 52 mila nell’istruzione professionale. Fondo Nasko: 20 milioni l’anno per le donne che rinunciano all’aborto, 3.386 mamme aiutate a tenere il figlio che per mancanza di risorse avrebbero abortito. Asili e servizi per l’infanzia: oltre 2.500 strutture per 63 mila posti, nel 2005 erano la metà. Malattie rare: dal 2008 attivato contributo economico mensile di 500 euro alle famiglie di persone affette da Sla o in stato vegetativo. Infrastrutture per la viabilità: tre autostrade realizzate o in via di realizzazione per miliardi di investimenti: BreBemi, Tem, Pedemontana. Centoventi milioni di investimenti l’anno per il servizio ferroviario suburbano e regionale su oltre 50 linee; 850 milioni investiti in dieci anni per l’acquisto di 105 nuovi treni. Ambiente: abbattuti in dieci anni i principali inquinanti atmosferici, le polveri sottili, le emissioni di ossidi di azoto. La Lombardia è la prima Regione italiana per numero e potenza di impianti elettrici da fonti energetiche rinnovabili. E si potrebbe continuare snocciolando una quantità di dati davvero impressionante.

Boscagli. Se pensate alla tessera sanitaria, il governo ci è arrivato quest’anno, in Lombardia c’è dal 2010.

Nono dirigente. Per non parlare delle semplificazioni, e anche lì ci siamo bloccati perché a Roma, dopo che qui avevamo censito più di 3 mila procedure amministrative che avevano in capo lo Stato e quindi noi avevamo richiesto di semplificare, non c’è stato nulla da fare.

Formigoni. Ma tutto quello che potevamo semplificare è stato semplificato: sportello unico di Comuni, Province, Regioni, Asl, vigili del fuoco… tutto ciò che dipendeva da noi l’abbiamo fatto. Così come non esiste Regione che abbia portato all’estero il made in Italy come ha fatto Lombardia. Siamo arrivati a vendere il nostro riso ai cinesi. Non so se mi spiego: il riso ai cinesi.

Cattaneo. E si può ben dire che la nostra era una politica estera che guardava avanti. Adesso si dice “facciamo progetti di cooperazione con l’altra sponda del Mediterraneo per contrastare il fenomeno delle migrazioni”: questo era la norma in Lombardia. Quindici anni fa abbiamo costruito scuole e laboratori a Naftah e Gafsa, nel sud della Tunisia. Ora là c’è l’Isis.

Melazzini. Mi permetto solo di osservare che tutto quello che ho sentito raccontare qui è stato pienamente raccolto dalla giunta Maroni e inserito nel nostro piano di sviluppo in tutti i settori. C’è una continuità totale e, direi, anche cordiale, tra Formigoni e Maroni.

@LuigiAmicone

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