Verso l’apocalisse tecnoscientifica. Deviazione o meta di questo capitalismo?

Serve sempre più efficienza per assecondare le richieste di un sistema fondato sulla potenza. È l’uomo che è antiquato. Per non parlare della famiglia

Pubblichiamo la rubrica di Pier Giacomo Ghirardini contenuta nel numero di Tempi in edicola (vai alla pagina degli abbonamenti)

Sbaglia tragicamente chi ha snobbato il Family Day come se fosse una battaglia di retroguardia fuori dal tempo. Il sociologo Mauro Magatti, nel suo La grande contrazione. I fallimenti della libertà e le vie del suo riscatto, già nel 2012 metteva in guardia su un possibile esito apocalittico della “razionalizzazione” nel contesto della “seconda globalizzazione” – quella razionalizzazione che Max Weber scopriva al centro del processo di sviluppo occidentale.

Con la crisi, ci dice, siamo entrati in una stagione nuova. Non si tratta più di impiantare il sistema tecnico planetario. Già esiste. Ci aspetta invece un salto nella domanda performativa che investe le società umane, già enormemente cresciuta negli ultimi decenni, in cui la vita degli individui è stata sempre più spesa nel registro dell’insicurezza. Si dovrà essere sempre più efficienti per reggere le richieste di un sistema che si fonda sull’aumento della potenza.

Il problema è che l’uomo occidentale è “antiquato”, per usare le parole di Günther Anders: indebitato, invecchiato, ingrassato, disuguale e depresso. Non parliamo della famiglia, con zavorra di marmocchi e vegliardi. Come potranno efficientizzarsi i sistemi sociali dopo che istruzione e accumulazione di capitale umano getteranno la spugna?

Ci può essere uno scenario – apocalittico, per l’appunto – in cui viene data una risposta: l’idea di mettere al centro della razionalizzazione tecnica l’essere umano, il suo corpo e la sua psiche. Da anni, con l’avvento delle biotecnologie e delle neuroscienze, si stanno ponendo le premesse per questo sviluppo.

Il cavallo di Troia dentro al quale la manipolazione dell’uomo potrebbe passare, ci dice Magatti, è la promessa di un allungamento della vita fino all’immortalità. Il capitalismo tecno-nichilista, i cui sbocchi di mercato sono ormai saturi, sta già facendo della “salute” il cardine di un sistema economico dove la medicina non curerà le patologie ma assicurerà il “massimo rendimento”, abbattendo definitivamente la distinzione uomo-macchina.

Dall’utero in affitto agli Untermenschen da allevare in batteria per fornire “pezzi di ricambio” il passo è breve. E a coloro che oseranno avanzare obiezioni – qui è profetico il sociologo della Cattolica – si contrapporrà l’argomento della libera scelta: è facoltà di ciascuno decidere se godere o meno delle nuove possibilità. Noi non costringiamo nessuno.

Ma non cadiamo in un equivoco: questo non è solo nell’agenda di Obama e dei suoi successori. «Questa economia uccide» ha detto qualcuno. Aggiungerei «per ricreare la vita»: è ordinaria “distruzione creatrice” schumpeteriana.

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