Angeli col fango sulle magliette, in 15mila per aiutare i genovesi. Video

Sono 15mila i ragazzi che hanno aderito all'appello lanciato dalla pagina Facebook Angeli col fango sulle magliette. Creata da un gruppo di giovani genovesi, ha attirato nel capoluogo ligure migliaia di volontari da ogni parte d'Italia, che da giorni spalano il fango e danno una mano alla popolazione. Eccola l'Italia più bella

Era il 1970, quando migliaia di ragazzi arrivarono da tutta Italia per aiutare Genova alluvionata. La stampa li chiamò “gli angeli col fango sulle magliette”, per la traccia sporca che si stampavano l’un l’altro: un segno che serviva a salire sull’autobus senza biglietto, ma soprattutto a sdrammatizzare e a sentirsi parte di un tutto. Da qualche giorno quell’esperienza si ripete, con il supporto dei social network, che smesse le vesti di mero intrattenimento, vengono usati per passarsi informazioni, per elencare le disponibilità, per aggiornare le squadre in tempo reale. La pagina Angeli col fango sulle magliette è nata da un gruppo di giovani genovesi per raccogliere l’entusiasmo di chi vuole risollevare il capolouogo ligure dall’alluvione e ha raccolto in breve tempo 15.000 adesioni.

 

È la stessa Protezione Civile, si legge sulla pagina Facebook dell’iniziativa, ad aver chiesto un tramite al web per far sì che gli appelli avessero una maggiore cassa di risonanza. Ci sono i contatti di tutti i municipi delle zone colpite: si lascia il proprio nominativo e i responsabili della pagina pubblicano dopo qualche ora le liste dei volontari, divisi zona per zona. Per aderire agli appelli occorre scrivere sotto la nota dedicata e aspettare di essere ricontattati, sempre attraverso Facebook. Gli aggiornamenti sono continui: le comunicazioni del comune di Genova, le situazioni meteo, i numeri di emergenza alluvione. E i numeri personali forniti dai cittadini, o dagli albergatori, disposti a offrire gratuitamente un tetto ai volontari.

 

 

Offro disponibilità fino a 4 persone, e ovviamente un pasto per tutti” scrive una donna che abita nei pressi della stazione. “Io ho una stanza con letto matrimoniale e possibilità di aggiungere materasso singolo e pasti” è l’avviso di Marcello. “Offro ospitalità per bimbi max 2, ma altri nel mio paese vogliono fare lo stesso”. Sono decine e decine. C’è anche chi offre pale e stivali, ma anche competenze: “Per qualsiasi tipo di necessità tecnica, per qualsiasi informazione semplice o complicata che sia, su motopompe, gruppi elettrogeni, escavatori e ogni altro macchinario utilizzato nelle operazioni di soccorso, muniti di motorizzazioni diesel o benzina, contattare Paolo”. Tutto serve: “Biancamaria ci avvisa che da lei l’acqua è pulita perché ha le cisterne. Se qualcuno avesse necessità, mette a disposizione tutta la sua acqua, ha anche numerose bottiglie, vuote, e se aveste dei problemi a venire a prenderla ve la porta: non esitate a contattarla in caso di bisogno”.

 

I volontari disposti a partire sono centinaia, e la Protezione Civile sta circostanziando le richieste alle sola zona ligure. «Stamattina c’è il sole: fa ancora più impressione vedere tutto questo fango, i detriti. Sembra una città fantasma. E i negozi hanno aperto: sono tutti molto reattivi». Paolo, milanese, è finito a Molassana, quartiere sulle sponde del fiume esondato. Poco tempo per parlare: «Il fango arriva a due metri, sui muri delle case. Ci sono macchine disintegrate, in mezzo alla strada, nel fiume. Case sventrate. Stiamo aiutando le famiglie a portare tutto fuori dagli appartamenti. Stiamo organizzando una catena umana, ci passiamo i sacchetti. c’è anche l’esercito. Dobbiamo fare in fretta: per stasera è stata lanciata una nuova allerta».

 

Intanto Genova riparte e questa incredibile catena di solidarietà è una delle immagini più belle nella tragedia. «Ci sono signore che ci abbracciano, ci sorridono, ci offrono una focaccia, il vino. Dai genovesi sinceramente non me l’aspettavo» sorride Tessy, savonese. È arrivata tre giorni fa, in treno: settanta studenti di tutte le età, smistate in squadre di dieci, che immediatamente sono diventate di venti, talvolta trenta, a causa dei moltissimi che da Milano, Roma, Firenze, si sono aggregati. Stivali ai piedi e pale in mano, sono loro l’Italia più bella.

 

Anche La Spezia si trova in difficoltà: «È ridotta in ginocchio. Soprattutto dal comune di Brugnato, nello spezzino, che ha il primato per quanto riguarda gli insediamenti artigianali e le attività produttive, ci giungono notizie di un fermo generalizzato. Vernazza e Monterosso sono diventati dei paesi fantasma». Nonostante tutto, Marco Castagnola, Presidente Compagnia delle Opere Liguria, racconta di un filo di rapporti che si è reso molto utile in questi giorni così difficili: «Abbiamo contattato tutti i nostri soci, andando a visitare le loro imprese. In generale, ho trovato estrema lucidità e compostezza. Anzi: quasi tutti ci hanno chiesto di avvertirli in caso ci fosse bisogno di dare una mano a qualcuno». Sono piccoli casi di solidarietà spontanea, nati dal basso. C’è la parrucchiera di un paese che ha ancora il fango incrostato all’altezza delle finestre, accolta dal salone di un’associata, più fortunata, che ha messo i suoi spazi a disposizione di tutti: «Così i clienti non si perdono, vengono solo reindirizzati. È uno sguardo un po’ più lungo del semplice spalare». Lo stesso modello è stato messo in pratica dalle attività di tipografia e stampa, e da tanti altri. Certo, si spala, e si cerca di capire quanto capitale si è perso. Ma nel frattempo, mentre si sgombera, ci si appoggia su chi è più solido. Solidarietà operativa. Quando La Spezia è stata alluvionata, un’azienda di edilizia genovese ha chiuso per un giorno: gli operai sono stati mandati a spalare. Fianco a fianco con il padrone.


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