Aliyev glorifica la pulizia etnica degli armeni in Artsakh

Con un discorso infarcito di retorica nazionalista il dittatore dell'Azerbaigian ha infierito sul «nemico» armeno durante una parata militare organizzata a Stepanakert, la capitale dell'Artsakh svuotata con la forza dei suoi abitanti

Aliyev parla durante la parata militare dell’Azerbaigian a Stepanakert (Ansa)

È con l’arroganza di chi detiene un potere autocratico da 20 anni ed è abituato a far languire in carcere tutti coloro che lo contraddicono, è con l’aria tronfia e il ghigno di chi non si angustia di aver calpestato i diritti umani di 120 mila armeni, è con gli occhi luccicanti davanti alla parata militare di soldati e carri armati di chi è convinto che il potere politico nasce dalla canna del fucile, è con la sicumera di chi sa di avere al proprio fianco alleati altrettanto spregiudicati e di tenere sotto scacco con il suo gas un’Europa debole e confusa; è rivestito di tali e tanti atteggiamenti che Ilham Aliyev è salito l’8 novembre su un palco nella piazza centrale di Stepanakert, nell’Artsakh appena riconquistato militarmente, per presiedere una parata militare a memoria della vittoria nella guerra del 2020 contro l’Armenia, per dare in pasto a tv e fotografi la dose quotidiana di retorica nazionalista e anti-armena.

La retorica nazionalista di Aliyev

Sbeffeggiando il «nemico» armeno, costretto a «inginocchiarsi davanti a noi», dopo aver calpestato la bandiera dell’Artsakh, ha chiamato «eroi» i soldati entrati nei villaggi armeni del Nagorno-Karabakh a terrorizzare una popolazione inerme. Ha esaltato «l’operazione anti-terrorismo», così simile alla «operazione militare speciale» di Putin in Ucraina, con cui in pochi giorni ha compiuto lo scempio della pulizia etnica in Artsakh, cacciando i civili dalle loro case e dalla loro terra.

E ancora ha vaneggiato di «potenza militare» e «gloria» davanti a una Stepanakert deserta, senza più quei cittadini che per quasi un anno ha tentato di far morire di fame bloccando l’accesso ai territori armeni di cibo e medicine. Ha straparlato di «giustizia» e dato fiato alla tromba della vanagloria e della retorica nazionalista, continuando a minacciare: «La costruzione dell’esercito sarà per noi una delle questioni prioritarie».

Gli armeni abbandonati da tutti

Come hanno dichiarato a Tempi alcuni dei profughi armeni dell’Artsakh, davvero «ci hanno abbandonato tutti tranne Dio». Aliyev infatti ha dalla sua parte la Turchia, che ora pretende da Erevan una strada che colleghi l’Azerbaigian all’exclave del Nakhchivan. Ha dalla sua parte perfino l’Ucraina, che pure dovrebbe sapere bene quanto sia doloroso subire un’invasione, eppure con l’ambasciatore ucraino in Azerbaigian, Vladyslav Kanevskyi, si complimenta con Baku per la distruzione del diritto internazionale.

L’Azerbaigian ha dalla sua parte anche le organizzazioni comunitarie. Nonostante Baku sia famosa per la distruzione del patrimonio culturale, artistico e religioso armeno e sia stata addirittura paragonata all’Isis per lo scempio compiuto a Djulfa, il paese di Aliyev è stato eletto vicepresidente della Conferenza generale dell’Unesco.

Baku reclama otto villaggi in Armenia

Il dittatore dell’Azerbaigian, contrariamente a quanto dichiarato durante la parata, non ha nessuna intenzione di fermarsi. Il ministro degli Esteri azero ha infatti reclamato otto villaggi che si trovano nelle province di Tavush e Ararat in Armenia.

Il nodo dei confini dei due paesi dovrebbe essere discusso ufficialmente nell’ambito di accordi di pace che l’Armenia ha già dichiarato di voler firmare con l’Azerbaigian. Ma Baku, senza aspettare di sedersi al tavolo delle trattative, ha lanciato l’ennesimo ultimatum mostrando i muscoli. La comunità internazionale resterà a guardare ancora una volta?

@LeoneGrotti

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