Afghanistan. Dopo due mesi crolla il castello di carte di Biden

Per giustificare il rovinoso ritiro da Kabul, il presidente disse che il terrorismo islamico non rappresentava più una minaccia per gli Usa. Il dipartimento di Difesa lo smentisce: tra sei mesi l'Isis potrà organizzare un attentato negli Stati Uniti, Al Qaeda tra un anno

«Siamo abbastanza certi che l’Isis-K abbia intenzione di compiere attentati internazionali. E potrebbe riuscire a farlo in 6-12 mesi. Al-Qaeda invece ci metterà 1-2 anni a riorganizzarsi. Ma dobbiamo restare vigili». Con queste parole Colin Kahl, sottosegretario del dipartimento della Difesa americano, ha fatto crollare in pochi minuti il castello di carte costruito da Joe Biden per giustificare il ritiro degli Usa dall’Afghanistan e il modo rovinoso in cui il presidente l’ha portata a termine.

Usa in pericolo già tra sei mesi

Il sottosegretario ha parlato davanti al Senato durante una seduta pubblica della commissione deputata a controllare le azioni militari sulle conseguenze del ritiro americano, completato a fine agosto. Secondo Kahl, l’Afghanistan governato dai talebani tornerà presto un paradiso e un porto franco del terrorismo islamico internazionale. E gli Stati Uniti un obiettivo da colpire. Nonostante questo, al momento le minacce agli Stati Uniti «sono al loro punto più basso dall’11 settembre 2001». Dichiarazione alla quale i senatori hanno risposto così: «Dire che tra sei o 12 mesi l’Isis-K potrebbe attaccare il nostro paese non ci sembra esattamente un rischio “basso”».

La testimonianza al Senato di Kahl conferma che le certezze sciorinate dal Biden, nei due discorsi agostani alla Casa Bianca, non erano altro che un pessimo tentativo di arrampicarsi sugli specchi per non dover parlare apertamente di “disfatta”.

Mentre le televisioni di tutto il mondo mostravano l’evacuazione con l’elicottero del personale dell’ambasciata Usa di Kabul, le decine di migliaia di afghani assiepati in aeroporto nella speranza di scappare dal terrore talebano, i civili aggrappati ai carrelli degli aerei per poi precipitare nel vuoto, il presidente democratico assicurava gli americani che gli Stati Uniti avevano portato a termine il loro lavoro in Afghanistan.

Il senso della guerra in Afghanistan

Dopo vent’anni di occupazione, spiegava Biden, Al Qaeda era stata smantellata, la minaccia terroristica era morta, la sicurezza nazionale americana non correva più pericoli e dunque non c’erano più ragioni per restare invischiati nel pantano afghano. A neanche due mesi dallo sbandieramento di queste garanzie con fare duro e sbrigativo da yankee di Biden, il Senato americano apprende dallo stesso dipartimento della Difesa che la minaccia tra sei mesi potrebbe tornare tale e quale.

Ora è anche chiaro perché i predecessori di Biden alla Casa Bianca, che desideravano andarsene dall’Afghanistan tanto quanto lui, in questi vent’anni sono sempre rimasti nel paese: sapevano infatti che quella minaccia rappresentata da Al Qaeda alla sicurezza nazionale americana si sarebbe ripresentata subito dopo il ritiro delle truppe alleate, in una forma o nell’altra.

Le bugie di Biden hanno le gambe corte

Valeva davvero la pena combattere vent’anni in Afghanistan per guadagnare un anno al massimo di tregua sul fronte del terrorismo? Non sarebbe stato saggio, pur considerando gli enormi sforzi fatti dagli americani e dagli alleati, portare avanti la missione?

Queste domande ormai hanno poco senso e l’allarme lanciato dal sottosegretario Kahl non rappresenta certo una novità per il governo americano, che lavorerà per impedire, pur a distanza, a Isis e Al Qaeda di riorganizzarsi. Biden però non avrebbe dovuto prendere in giro americani e alleati per trarsi d’impiccio. Le bugie hanno sempre le gambe corte. Anche quelle dei presidenti democratici.

@LeoneGrotti

Foto Ansa

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