Calano gli aborti in italia, non i medici obiettori

Non si cada nel tranello ideologico che mette in contrapposizione accesso all’aborto e diritto all’obiezione. I dati della relazione del ministero della Salute parlano chiaro e dicono altro

Aborti diminuiti del 4,9 per cento in un anno; medici obiettori aumentati del 17 per cento in trent’anni.
Sono alcuni dei numeri contenuti nella relazione annuale sull’attuazione della legge 194/78 (tutela della maternità e interruzione volontaria di gravidanza) realizzata dal ministero della Salute.
I dati raccontano che nel 2012 sono state effettuate 105.968 interruzioni di gravidanza, quasi il 5 per cento in meno del 2011 (111.415) e addirittura il 54,9 per cento in meno rispetto al 1982, anno in cui si è registrato il più alto numero di casi (234.801). Nonostante il calo, e nonostante per gli aborti l’Italia registra un tasso tra i più bassi nei paesi industrializzati, non c’è da stare troppo allegri se si pensa che 106 mila sono le vittime di due anni di guerra in Siria.
Un terzo degli aborti in Italia sono di donne straniere (il dato è uguale al 2011): le straniere presentano un tasso di abortività stimato in 3 e in alcuni casi 4 volte superiore di quanto attualmente risulta tra le italiane. Ecco allora la necessità che sul territorio «aumenti la promozione delle competenze e delle consapevolezze delle donne e delle coppie», specie quelle in situazioni di maggiore svantaggio sociale.

Stabili invece gli obiettori, che in trent’anni sono aumentati comunque del 17 per cento e oggi, tra i ginecologi, sono 7 su 10. A livello nazionale si è passati dal 58,7 per cento di metà anni Duemila fino agli attuali 70,7. Leggendo i dati, non si deve cadere nel tranello ideologico che mette in contrapposizione l’accesso all’aborto e il diritto all’obiezione. Il deputato Pdl Eugenia Rocella ci tiene a chiarire: «I dati sull’obiezione di coscienza mostrano una realtà diversa da quella descritta negli ultimi tempi: ciascun non obiettore ha a proprio carico 1.7 interruzioni di gravidanza a settimana (nel 1983 erano 3,3, ndr). Il carico di lavoro dei non obiettori, quindi, è molto basso: eventuali problemi di accesso alle interruzioni di gravidanza non dipendono quindi dal numero degli obiettori di coscienza ma dall’efficienza dell’amministrazione della sanità locale. Le reiterate campagne contro l’obiezione di coscienza mascherano, dietro la facciata dei diritti delle donne, una sostanza ideologica e illiberale che tende in realtà a colpire diritti fondamentali come quello della libertà di coscienza».

Grandi assenti dal dossier presentato dal ministero della Salute sono le pillole: quella del giorno dopo, quella dei 5 giorni dopo, perché non producono certificati di gravidanza, né, logicamente, di interruzione di gravidanza. Eppure in Italia se ne vendono 400 mila scatole ogni anno.

Intanto, la raccolta firme “Uno di noi” per una legge che tuteli l’embrione ha superato la soglia prevista dall’Unione europea (un milione). La mobilitazione, che ormai ha coinvolto 10 paesi (l’Italia è in testa), è necessaria perché le autorità del Vecchio continente non finanzino più campagne a favore dell’interruzione di gravidanza e di sperimentazione sugli embrioni sia attraverso proprie linee di salute, sia indirettamente sostenendo economicamente quelle di organizzazioni private. E la campagna non finisce qui, perché il prossimo obiettivo è quello di raddoppiare il numero delle firme raccolte. Un modo sarà quello della raccolta online: domenica 22 settembre è il giorno del “click-day”. Dopo l’esperienza positiva della raccolta firme fuori dalle chiese promossa lo scorso maggio, ora si punta al web per una mobilitazione straordinaria che dia un’ulteriore spinta all’iniziativa.

 

 

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