A Milano c’è una scuola innamorata del mondo

Una comunità educante irriducibile alla pandemia, un preside don Chisciotte, un metodo "folle" e bellissimo perché tutto sia ricerca di senso. Benvenuti alla Regina Mundi

La full immersion delle classi seconde delle superiori Regina Mundi in Irlanda prima che iniziasse la pandemia (foto da Facebook)

Basta risalire come un corso il corridoio del liceo linguistico ed ecco, spalancarsi vivissimo, il cantiere della Regina Mundi: cammina, Giuseppe Pelosi, ascolta la cortina umana affaccendata intorno alla messa in posa delle fondamenta educative e tutto intorno è un vociare di lingue provenienti dalle classi spalancate, quella dell’insegnante di inglese in prima che pochi passi più avanti cede il suono a quello di francese in seconda e poi spagnolo in terza e così via. Maestri e allievi, tutti a prestare il loro aiuto all’opera della scuola, come una cattedrale, «una pentecoste», ridacchia il preside. 

Era partito con due buoni “cavalli” – insegnante umanista, esperto per caso o per provvidenza di tecnologie – e prima della fine di settembre era certo di essere approdato al posto giusto: preside di liceo in una scuola fatta come Dio comanda. Era il 2019, cioè solo un anno fa, di lì a poco Covid avrebbe messo in croce tutte le scuole del mondo. Ma questo Giuseppe Pelosi non poteva saperlo: tutto quello che sapeva era che a Milano, nel cuore di quel quartiere-arcipelago di Milano chiamato Corvetto, oltre trentacinque anni fa era stata innalzata su più piani un’opera educativa paritaria fondata dal carisma di San Vincenzo De’ Paoli ed ora gestita da una cooperativa di genitori e con una offerta di tutti e cinque i livelli di istruzione (dal nido alle secondarie), in particolare di un liceo linguistico sperimentale, che calamitava iscritti in tutta la zona Sud di Milano e ben oltre i suoi confini. E che per tutti sarebbe diventata in fretta un’isola certa e sicura in mezzo al diluvio. 

Lo sa che nelle foto dei suoi alunni il primo giorno di scuola quasi non si nota la mascherina? Mai vista una festa del genere per il ritorno a scuola. Ma come vi siete incontrati lei e la Regina Mundi? 

In Università Cattolica. Io sono un “convertito”: laureato in filosofia, nasco come insegnante di materie umanistiche e finisco a lavorare in una scuola ad altissima specializzazione tecnologica che forma grafici. In un certo senso sono stati i miei alunni a convertirmi in un insegnante tecnologico della prima ora. Le mie pratiche didattiche con le nuove tecnologie mi portano a collaborare con Pier Cesare Rivoltella, docente di Didattica Generale presso la Facoltà di Scienze della Formazione Primaria dell’Università Cattolica di Milano, il giorno in cui incontro qualcuno proveniente da questa scuola straordinaria: ci conosciamo, mi parlano di un progetto di rinnovamento, inizia una condivisione. 

E lei cosa trova quando arriva a Corvetto? 

Una scuola che funzionava benissimo, una bellissima trasversalità e un progetto educativo molto forte e dinamico, livello dei diplomati altissimo, tradizione ben radicata nel territorio. Insomma, una scuola che avrebbe potuto proseguire tranquillamente sulla strada della conservazione, ma con la voglia di caratterizzarsi sempre più. Ora siamo diventati un unicuum e non solo tra le scuole lombarde.  

Quest’anno, l’anno più difficile per riaprire, avete inaugurato la prima classe di un liceo scientifico. Chi ve l’ha fatto fare? 

Le famiglie, noi, il nostro approccio all’educazione, che abbraccia integralmente la domanda dei genitori e la passione per il destino dei ragazzi. Insomma, le nuove avventure partono così e quella del liceo scientifico segue tre stelle polari: tradizione, innovazione, sostenibilità. Parole note ma non vuote: tradizione per noi significa innanzitutto non rinunciare al latino, immaginare un liceo scientifico senza sarebbe come saltare una portata al ristorante; il latino è uno strumento di ragionamento, è logica, è un mezzo di lettura della realtà, mica per niente le scienze parlano da sempre il latino, per cui latino allo scientifico. Innovazione significa, lo dico da studioso umanista, raccogliere la sfida della contemporaneità: dall’insegnamento del coding alla robotica i nostri ragazzi affrontano una matematica applicata, una verità mai appesa a formule ma verificata continuamente in laboratorio, coinvolgente e attiva. E poi sostenibilità: ultimamente se ne fa un gran parlare riducendo la questione a una sorta di ecologia o un ambientalismo da manualetto mainstream; a questo noi rispondiamo con un approccio che indaga il rapporto dell’uomo col pianeta declinandolo a livello sociale e in tutte le strutture economico e giuridiche: le scienze ma anche la fisica, la matematica, la filosofia applicata al sistema di governo. Non insegniamo agli studenti a “preoccuparsi” bensì ad “occuparsi” del loro rapporto con il creato, con l’ambiente: si tratta, io credo, di superare la concezione dell’abito umano visto solo come corpo di carne che corrompe ciò che lo circonda e fare luce sull’anima che dà senso e anela a un significato sempre. Non si accontenta di nozioni e istruzioni per l’uso del pianeta in modo responsabile.  

Il vostro “core business”, mi passi il termine, è però da sempre il liceo linguistico, uno dei primi nati a Milano e uno dei migliori. Un diplomato al Regina Mundi è una garanzia, perché? 

Qui si segue una strada “folle” per il resto d’Italia, un metodo adottato invece nei paesi del nord Europa che è quella del trimestre intensivo. Nel primo biennio è prevista un’immersione totale nelle lingue: nel primo trimestre, Inglese viene insegnato per 8 ore settimanali dedicate, più la conversazione, più i contenuti in lingua. Nel secondo si fa la stessa immersione con lo spagnolo. E nel terzo con una lingua a scelta tra francese, tedesco e cinese. Superato il biennio con un’attrezzatura linguistica senza precedenti si passa al triennio e si spalancano le finestre sul mondo: dallo studio della letteratura alle relazioni internazionali. I nostri ragazzi raggiungono l’Inghilterra, la Spagna, fino, in quarta, a poter anche frequentare un intero anno scolastico all’estero. Nello stesso tempo le nostre famiglie ospitano ragazzi di pari età provenienti dall’estero. È un incontro continuo e vivo scambio di esperienze. 

Ecco, l’esperienza: come avete fatto a non soffrire la mancanza di questo approccio così concreto durante il lockdown? 

Lo abbiamo sofferto. Mi spiego, la nostra scuola dal nido alle superiori conta circa 800 studenti: abbiamo riaperto in presenza e in sicurezza, dotandoci di tutte le misure del caso, di un medico attivissimo, abbiamo riaperto insomma con tutti i crismi e non vedevamo l’ora di poterlo fare. E non perché la didattica a distanza abbia rappresentato una sfida che non abbiamo raccolto: siamo stati in grado in pochi giorni di mettere in piedi una proposta di livello assoluto, supportata dai mezzi informatici di cui la scuola è dotata, grazie all’enorme lavoro fatto dai nostri docenti e senza perdere la relazione coi ragazzi; i frutti del lavoro li abbiamo raccolti quando agli esami di Stato i nostri studenti si sono dimostrati preparatissimi. Ma la didattica a distanza non è fare scuola. È fare lezione. Educazione è relazione, incontro, e come fai a suscitare meraviglia negli occhi di un ragazzo parato da schermo? Lo sa perché dico che il bilancio della dad è positivo? Non perché ha funzionato – perché ha funzionato –, ma perché alla fine dell’anno scolastico i ragazzi non vedevano l’ora di tornare a scuola. Con tutta la fatica delle regole e delle mascherine ma a scuola, in classe, con i compagni.  

È stata dura stare in piedi nei mesi di chiusura? 

Ci ha aiutato solo la generosità delle nostre famiglie che ci hanno sostenuto e non sono venute meno al patto di corresponsabilità educativa, sostenendo la retta anche in mezzo alle difficoltà come riconoscimento del valore che questa scuola ha per i loro figli. Non abbiamo perso alcun iscritto, anzi, ci rendiamo conto di aver messo a segno una vittoria riaprendo in presenza e senza offrire soluzioni “ibride” a chi ha deciso di investire sulla nostra scuola per i propri figli. Dal liceo linguistico escono ragazzi che hanno viaggiato in tutta Europa, non so quante scuole possano dire lo stesso. Non so quante scuole siano riuscite a tenere botta con i mezzi a disposizione come noi. Certo, come tutti i presidi delle paritarie mi sento don Chisciotte che lotta contro i mulini a vento quando non vedo riconosciuto il nostro servizio pubblico o vengo derubricato a guida di una scuola per ricchi, che semplicemente non siamo. Piuttosto, crediamo fortemente nella libertà di scelta rappresentata dalla scuola paritaria, e ci adoperiamo perché possa risultare una scelta accessibile a tutti.

Anche gli open day li farete in presenza, sa che tantissime scuole li fanno invece su zoom? 

Non so se siamo squisitamente ingenui o splendidamente idealisti, fatto sta che abbiamo deciso di non giocarci in rete l’incontro con la scuola. Il 24 ottobre, il 21 novembre e il 16 gennaio, previo appuntamento, ritmando gli ingressi e nel rispetto di tutte le norme del distanziamento sociale apriremo le porte a genitori e ragazzi che vogliono incontrarci. Dopo un momento in auditorium di presentazione dell’offerta formativa mamme e papà potranno visitare la Regina Mundi accompagnati da nostri genitori e i ragazzi fare lo stesso tour con dei nostri alunni. Basta guardarli in faccia o ascoltarli parlare: è il loro entusiasmo il nostro migliore biglietto da visita. Credo non ci sia nulla come una risposta data da chi studia qui per spiegare, senza alcun giro di parole, a cosa sia finalizzato tanto sforzo, impegno e anche fatica. È stata la prima cosa che mi ha “travolto” quando mi sono seduto sul quel trono di spade che è la poltrona del preside: in questa comunità educante i genitori avevano un ruolo decisivo, richieste forti e puntuali, ho pensato che non me ne avrebbero fatta passare una. Dopo l’odissea culturale della dad e di mesi trascorsi nel tentativo di dare un senso a quelle lezioni in cameretta, le richieste hanno ceduto il posto a commossi ringraziamenti, a me, ai nostri splendidi insegnanti: l’alleanza scuola-famiglia aveva tenuto nei giorni del diluvio, siamo stati un’isola sicura. E quando i “grazie” arrivano da studenti che, mascherina, zaino e libri in mano, corrono felici in classe tutto ha senso, tutto è ricerca di senso. Tutto diventa educazione.

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