La tele di Zavatta, l’artista che dipinge gli scorci cittadini: «Un groviglio di fili mi ha spalancato i cieli di Milano»

In mostra a Milano, le 61 opere del ventisettenne Francesco Zavatta che colgono «l'essenza dei luoghi che percorriamo tutti i giorni»

«Lo stupore è stato per noi improvviso: riconoscere uno sguardo differente, di chi ha colto, da dentro, l’essenza di luoghi che percorriamo tutti i giorni». Sono le parole dei proprietari di RossoSegnale/3001LAB, il prestigioso Bed and Breakfast milanese di via Sacchini 18, che ospita 61 opere dell’artista ventisettenne Francesco Zavatta. Dopo Venezia Lightings e Squarci, la nuova esposizione è intitolata “City-Self”, la città in se stessa, e rimarrà aperta fino al 19 luglio.

L’ACQUA NEL DNA. Le tele rappresentano tre città ritratte dall’artista nel suo percorso professionale. C’è Venezia, dove nel 2009 Zavatta ha frequentato il biennio specialistico dell’Accademia di Belle Arti, poi New York, dipinta nel 2013, ma la maggior parte delle tele ritraggono Milano. Il pittore ha catturato la città da diverse angolature, scovando particolari che non siamo più abituati a guardare. «Eppure era la città che rifiutavo, quando mi sono trasferito qui nel 2012 non riuscivo a dipingere nulla». Zavatta era abituato a raffigurare l’acqua su tavole enormi: «È nel mio Dna, sono nato a Rimini e per me l’acqua è un’occasione di respiro infinita, da cui traspare l’immensità della vita. È il segno della mia impotenza e della sua grandezza insieme».

GROVIGLI DI FILI. Dall’acqua Zavatta è passato a ritrarre i fili dei tram e delle ferrovie, una costante delle opere milanesi, dietro cui si aprono come d’improvviso cieli, palazzi e squarci cittadini imprevisti. Come mai i fili? «Cominciai a girare con la macchina in cerca di qualcosa che mi aiutasse a produrre. Non trovavo nulla, l’unica cosa che catturava la mia attenzione erano i fili. Decisi di capire perché e mi fissai su quelli. Scoprii che stando su quel particolare riuscivo a guardare anche l’infinito che ci stava dietro, che prima non potevo ritrarre, i cieli sconfinati e i palazzi».
Basta guardare l’opera “Incrocio Infinito” per capire che senza quell’elemento le costruzioni non avrebbero traiettoria. «Grazie a quei grovigli ora riesco a intravedere senza perdermi una presenza ordinata che fa sussistere ogni cosa, me compreso». Fino alle scritte dei cartelli sulla tela “Milano 2014”, «fino farmi catturare ogni dettaglio, che per me è una conquista».

@frigeriobenedet

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