Yara Gambirasio, il vero «orco» è il male presente in ognuno di noi

Don Corinno, parroco di Brembate di Sopra, dopo il ritrovamento del corpo di Yara, ha detto: «Adesso sappiamo cos'è un orco. Non esiste solo nelle favole». Tutti i giornali l'hanno strumentalizzato perché «io stavo solo parlando del male piombato su questa comunità». Come scrive Marina Corradi il «mistero di Brembate non è il nome dell’assassino, ma questo male che abbiamo addosso»

«Adesso sappiamo cos’è un orco. Non esiste solo nelle favole». Così, don Corinno, parroco di Brembate di Sopra, ha detto ai fedeli durante l’omelia successiva alla notizia del ritrovamento del corpo di Yara Gambirasio, la ragazzina di 13 anni scomparsa lo scorso 26 novembre. Le sue parole, però, sono state fraintese o strumentalizzate trasformate da tv e stampa in «L’orco è fra noi», come se l’indicazione fosse quella di scovarlo o di starne alla larga. Come se il male fosse fuori di noi.

Ma non è così come ha dichiarato poi: «Io stavo solo parlando del male piombato su questa comunità». Un male che si può imputare ad altri oppure affrontare a partire da quanto il parroco ha ricordato ieri sera, durante la Messa a cui hanno partecipato più di duemila persone: «Il male si vince solo con la bontà, si vince solo con l’amore: più forte della morte, è scritto nel Cantico dei Cantici, è l’amore». E si può intuire che questo male non è l’ultima parola guardando a un fatto più sconcertante ancora, «che in questi mesi sulle labbra di Mauro e Fulvia (i genitori di Yara, ndr) – ha raccontato don Corinno – non ho mai sentito parole di vendetta».

La domanda di giustizia, di chiarimento. La necessità di trovare il colpevole è sacrosanta, ma non basterebbe. Scrive Marina Corradi su Avvenire, nell’editoriale dello scorso 27 febbraio: «L’ultimo mistero di Brembate non è nemmeno il nome dell’assassino, ma è cosa lo abbia ghermito una sera e fatto diventare così feroce, da non riconoscere in quella bambina una che somigliava a sua sorella. L’ultimo mistero è questo male che abbiamo addosso, e tanto più quanto ce ne crediamo salvi; e quanto possa sugli uomini, e di che sia capace. Amiamo dimenticarci, del nostro originario male. Dimenticarcene fino a non capire più che bisogno c’è di un Dio che morisse in croce per salvarci… Servisse almeno, questo strazio, a suscitare una disarmata preghiera, parole umili di figli che i nostri figli non devono disimparare: liberaci, Padre, dal nostro male».

Parole e fatti, seguiti alla morte di una giovane innocente, che rispondono più di tanti ragionamenti alle polemiche, tornate alla ribalta proprio ora, di chi si scaglia contro il crocifisso e parla di indottrinamento.

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