Volontariato in crisi. Com’è che in America al bowling si gioca da soli

West Side Story

Il New York Times domenica scorsa, ha recensito il libro Bowling Alone (Giocando a bowling da soli) di Robert D. Putnam – “giocare a bowling” è l’espressione paradigmatica della vita sociale delle comunità locali e regionali.

Alcuni anni fa l’autore ha pubblicato un articolo mostrando che non solo le percentuali di votanti e l’attività politica di base sono diminuite negli Stati Uniti, ma anche la partecipazione nelle organizzazioni “benefiche” locali, come P.T.A., Lega delle donne che votano, Elks, Shriners, Cavalieri di Colombo, ecc., tutte organizzazioni che in passato sono state al cuore della vita sociale americana. Egli sosteneva che gli americani sono diventati “giocatori solitari di bowling”. Immediatamente, i conservatori hanno risposto che il problema era il venir meno dell’iniziativa privata conseguente all’eccesso di statalismo.

I liberali, invece, invocarono un maggior attivismo. Alla fine, l’autore venne attaccato da altri sociologi e commentatori che contestavano le sue statistiche e le sue analisi, affermando che le vecchie forme di vita comunitaria e attività sociale erano state semplicemente rimpiazzate da altre. Il nuovo libro è la risposta dell’autore a questi critici e, secondo il recensore, ha raggiunto ammirevolmente il suo scopo. Le cifre sono veramente stupefacenti, mostrando una diminuzione molto netta delle tradizionali abitudini americane di fare volontariato in servizi a livello locale.

Il recensore conclude: “Alla fin fine, ce n’è abbastanza per convalidare la tesi di fondo che la vita civica – quella sfera di attività collettive e spesso altruistiche che non rientrano né nel mercato né nello stato – oggi si è veramente indebolita”. Tuttavia il recensore non è preoccupato quanto l’autore. A un certo punto scrive una frase molto rivelatrice. Dice: “Talvolta, certe libertà a cui non siamo disposti a rinunciare si ottengono al prezzo di una perdita del tessuto sociale. Una libertà di questo tipo è la libertà ottenuta dalle donne di entrare nella forza-lavoro retribuita. Tale libertà, egli dice, vale il prezzo di una diminuzione di livello di vita associativa. Questo, naturalmente, è il grande problema: la tensione, l’ostilità percepita, tra libertà personale e vita sociale, tra libertà e appartenenza.

In verità, la tensione, se non l’opposizione aperta, fra stato e società spingerà i cittadini ad allontanarsi sempre più l’uno dall’altro e a cercare un terreno d’azione neutrale in cui non abbiano bisogno di incontrarsi a livello personale. L’oggetto primario dell’azione di ogni persona non sarà l’altra persona, ma questo terreno neutrale chiamato “natura”.

Gli uomini e le donne cessano di rapportarsi gli uni agli altri e si rivolgono verso la natura per capirla e controllarla. La scienza è neutrale e le sue conclusioni si impongono a tutti. Essa si situa al di sopra degli interessi particolari e delle passioni di parte degli uomini, non diversamente da come lo stato deve essere, distaccato. L’economia, strettamente collegata alla scienza, tende a diventare l’arena per eccellenza dell’attività umana perché nella sua finalità l’economia si dirige verso la natura e non verso gli altri. Infatti, questa è proprio la situazione di fronte alla quale ci troviamo oggi. L’origine di questa impasse è il razionalismo nato dalla separazione tra il destino umano e i desideri del cuore, tra grazia e natura, tipica di una cultura con le sue radici nel Protestantesimo. La persona umana ha un solo destino, partecipare del Mistero dell’unità attraverso la diversità che è il segno del Creatore Trinitario.

Di conseguenza, la natura umana si compie in un rapporto fra persone. Fuori da questo Mistero, l’opposizione tra libertà individuale e appartenenza è vera. Non mi stupirebbe se tra poco nascesse una Lega Federale del bowling.

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