Vasco lascia la scuola sola

Contributi a pioggia e maxi-semplificazione: questo promette l’Emila Romagna di Vasco Errani. Ma è solo un modo per mettere ancor più nell’angolo le scuole pubbliche non statali. Ecco come l’egualitarismo ideologico genera altre diseguaglianze

Bastone e carota. Ovviamente, senza far sapere del bastone. La tecnica usata dalla Giunta regionale dell’Emilia-Romagna per disinnescare, pur usandolo come ricatto, il referendum abrogativo di alcuni articoli chiave della legge regionale sul diritto allo studio, la 10 del ‘99, è consumata. Ne ha del resto fatto uso a piene mani anche l’ex ministro Luigi Berlinguer con la sua legge “di parità”, la 62 del 2000. In sintesi: la Giunta, con il testo di legge disponibile al momento prima delle verifiche consiliari, promette soldi a pioggia e una maxi-semplificazione, “regalando” borse di studio identiche a tutti gli studenti in determinate condizioni di reddito e senza vincolarle ad effettive spese scolastiche. Fino a 60 milioni, con varianti legate al nucleo familiare, senza pedaggi di scontrini, ricevute e quant’altro e con priorità di bilancio per chi ha redditi al di sotto dei 30 milioni di reddito. In ogni caso, chi ha un reddito dai 30 ai 60 milioni non potrà ricevere una lira di più di quanto assegnato discrezionalmente dalla Giunta ai redditi sotto i 30. Questa “integrazione al reddito”, dal sapore assistenzialista piuttosto che di diritto allo studio, è la merce di scambio usata per cancellare totalmente il “privato” come previsto nella “vecchia” legge (solo due anni di vita e già nella spazzatura).

Essere tutti uguali per rimanere diversi

Chi non sarebbe entusiasta di ricevere contributi senza oneri? Tutti uguali dunque, come si addice al socialismo reale, a prescindere dai costi sostenuti ben più onerosi per coloro che scelgono il non statale anche in modeste condizioni di reddito. E ce ne sono, come ha dimostrato l’applicazione della legge in due anni. Ma l’egualitarismo ideologico è generatore di altre disuguaglianze. La cancellazione di qualsiasi riferimento al “sistema scolastico integrato pubblico e privato” ha suscitato, com’era prevedibile, gli entusiasmi degli ultras statalisti. L’autodifesa della Giunta emiliana si attesta sul fatto che si tratti di una legge di diritto allo studio, non di parità, perché fuori dalle competenze regionali. È argomento debole. Gli stessi, appena due anni fa, prima col presidente Antonio La Forgia poi con l’attuale presidente Vasco Errani, sottolineavano il carattere avanzato della legge 10, finalmente con una più ampia idea di servizio pubblico scolastico, cioè non solo statale. Ma Errani si è arreso su questo al passato. In tal modo spariscono dal testo, con delega della materia a Province e Comuni, le coperture legislative fornite alle convenzioni stipulate ormai da anni dagli enti locali con le materne private. Il testo “Errani-Bastico-Masella” – la definizione è stata “pretesa” dal leader locale di Rifondazione Comunista, che si è autoaffiancato al presidente ed all’assessore all’Istruzione – specifica che gli interventi sono in favore degli alunni di scuole appartenenti al sistema nazionale di istruzione come definito dall’articolo 1 della legge Berlinguer. Alla lettera di oggi, il sistema è di sole scuole statali e scuole paritarie private. Sono quindi, nell’attuale formulazione preconsiliare, fuori dal gioco – e in tal modo comunque la interpreterebbero gli agguerriti ricorrenti statalisti pullulanti in Emilia-Romagna – le scuole legalmente riconosciute e le autorizzate, che pure esistono ed hanno tre anni di tempo per optare tra privato libero e parifica.

Cambiali in bianco

Siamo sul filo del rasoio dell’incostituzionalità: il diritto allo studio è un diritto della persona. Escludere una fetta di studenti, non importa quanto consistente, non sarebbe costituzionale, che Errani e gli alleati popolari si siano accorti o meno dell’appiglio fornito ai nemici del pluralismo scolastico. Ma c’è chi ne è ben consapevole e chi affila armi giuridiche contro i finanziamenti alle materne private. Saranno cuor di leone i Comuni dopo questa legge? L’esecutivo regionale promette una prossima legge sul “sistema integrato” dell’istruzione, intendendo in realtà non il pubblico e il privato assieme, ma il sistema scuola, formazione e apprendistato. È, né più né meno, la richiesta di una cambiale in bianco. Non si capisce perché dovrebbe sottoscriverla sulla fiducia l’opposizione, nonostante le minacce di scomuniche “democratiche”. È invece ben ipotizzabile il motivo dei moderati in Giunta: poter continuare a esistere, meglio a sopravvivere, nella speranza metta radici la Margherita. Ma intanto Rifondazione gongola ed Errani e l’assessore all’Istruzione sembrano guardare sempre di più da quella parte. Ovviamente diverso nella filosofia e nei contenuti la controproposta legislativa di Forza Italia, ma i numeri consiliari (33 la Sinistra contro 17 della Casa delle Libertà) e la blindatura ideologica dell’attuale proposta di Giunta, non lasciano speranza al dialogo. I contenuti chiave sono facilmente riassumibili: non arretrare dalla previsione di un sistema scolastico che preveda l’integrazione di pubblico e privato, puntare sempre alla libertà di scelta scolastica da parte delle famiglie, prevedere buoni scuola per le materne, vincolare non assistenzialisticamente i contributi di diritto allo studio alle effettive spese scolastiche.

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