Usa, giudice toglie i figli alla madre perché malata di cancro

Il magistrato della North Carolina toglie i figli ad Alina Giordano, 36 anni, perché il suo dolore turba la loro crescita. Per il giudice «i bambini vogliono un'infanzia normale e questa non è possibile con un genitore malato». Ginecologa italiana: «In 22 anni di lavoro non ho mai visto un figlio di donna malata crescere con disagi psicofisici»

Arriva una seconda sentenza shock dagli Stati Uniti. Dopo la battaglia legale di Abbie Dorn, donna americana disabile a cui il marito ha tolto i figli, ne arriva un’altra definitiva che verte sulle stesse motivazioni degli avvocati del signor Dorn: i bambini che vedono i genitori soffrire crescerebbero disturbati.

Così Alina Giordano, di 36 anni, che da tre lotta contro il cancro al seno, si è vista togliere due figli dal marito separato. La sentenza del 25 aprile scorso di Nancy Gordon, giudice della North Carolina, ha giustificato così la sua decisione: «Il decorso della malattia è ignoto (a oggi la donna è ancora in grado di svolgere qualsiasi attività, ndr) e quindi più contatto i figli avranno con il genitore non malato meglio sarà». Fin qui si può anche ammettere che sia giusto un riavvicinamento alla figura paterna. Ma il giudice continua: «I bambini dividono la loro esistenza con il mondo del cancro e quello senza cancro. Vogliono un’infanzia normale e questa non è possibile con un genitore malato».

I figli della donna però «non hanno alcun problema e sono felici», e la logica del giudice si basa sull’idea che la vita possa evitare il dolore e che quindi un bambino debba crescere senza conoscerlo. La realtà dimostra però il contrario, come testimoniato da Marialuisa Framarino dei Malatesta, ginecologa del Policlinico di Roma che assiste donne disabili con figli. «In ventidue anni di lavoro – ha dichiarato la dottoressa a Tempi commentando la vicenda di Abbie Dorn – non ho mai visto un figlio di donna malata crescere con disagi psicofisici. Certo, fin da bambini sanno cos’è la sofferenza… ma questo li rende più forti, generosi e coraggiosi dei loro coetanei a cui è nascosta o sempre risparmiata e che crescono deboli e egoisti».

Anche altri esperti americani, hanno dichiarato che il caso di Alina è «un pessimo precedente». Così ha detto Art Caplan, direttore del centro di bioetica dell’università della Pennsylvania. Per arginare queste derive alcuni Stati Usa stanno approvando leggi che evitino sentenze simili. Inoltre, molti psicologi ed esperti interpellati hanno parlato di sentenza «disumana». Disumana perché, ha spiegato sempre dalla dottoressa Franmarino dei Malatesta, «il dolore del genitore spesso ne acuisce anche la capacità d’amore e fa si che i bimbi comprendano il senso del soffrire, che può essere occasione di un bene maggiore». Milioni di petizioni sono state poi firmate per proteggere la donna: una di queste a cui si può aderire, organizzata dal sito Change.org, ha raccolto circa centomila firme.

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