Unipol. Assolti Antonio Fazio e i “furbetti del quartierino”

Si chiude il secondo processo d'Appello sulla presunta scalata di Unipol a Bnl, che per l'accusa era avvenuta con la compravendita di azioni anche da parte di Ricucci-Coppola-Statuto. Per i giudici però «il fatto non sussiste»

Alcuni protagonisti della vicenda: da sinistra Coppola, Fazio, Caltagirone e Ricucci

C’erano una volta i “furbetti del quartierino”. I giudici della III sezione penale della Corte d’Appello hanno assolto oggi l’ex governatore Antonio Fazio e altri 12 imputati, tra cui l’attuale amministratore delegato di Unipol Carlo Cimbri, appunto i “furbetti” (gli immobiliaristi Danilo Coppola, Stefano Ricucci, Giuseppe Statuto), l’eurodeputato del Pdl Vito Bonsignore, il finanziere Emilio Gnutti, il banchiere Bruno Leoni, l’editore e immobiliarista Francesco Gaetano Caltagirone, i fratelli imprenditori Ettore e Tiberio Lonati. Tutti assolti «perché il fatto non sussiste».

SECONDA ASSOLUZIONE. Per la seconda volta viene smontato l’impianto accusatorio del procuratore generale Felice Isnardi: infatti già il 30 maggio 2012 la Corte d’Appello di Milano aveva assolto gli imputati. La procura generale aveva allora presentato ricorso e la Cassazione, esattamente un anno fa, il 7 dicembre 2012 aveva annullato l’assoluzione rinviando ad un nuovo processo, quello che si è concluso oggi. I giudici dell’Appello bis hanno revocato anche le sanzioni pecuniarie a cui era stata condannata Unipol, e poi la provvisionale da 15 milioni di euro che era stata disposta dal Tribunale di Milano alla parte civile Banco di Bilbao, che oggi invece è stata condannata al pagamento delle spese processuali.

LA VICENDA. Il caso Unipol è esploso nell’estate 2005. Il 18 marzo di quell’anno, infatti, il Banco di Bilbao aveva annunciato un’offerta pubblica di scambio (Ops) per le azioni Bnl del valore complessivo di 6,5 milioni di euro. Intorno alla fine di maggio – secondo la ricostruzione dell’accusa confermata dalla condanna in I grado – si sarebbe costituito quello che è stato chiamato “contropatto”, cioè l’alleanza tra i vertici di Unipol, allora guidata da Giovanni Consorte e Ivano Sacchetti (gli unici due per cui la Cassazione ha confermato la condanna definitiva per insider trading) oltre che dall’attuale ad Cimbri (assolto oggi), e gli immobiliaristi (Coppola, Ricucci, Statuto, Caltagirone, i Lonati e l’unico politico Bonsignore). Dopo che a fine maggio 2005 il contropatto era riuscito a far nominare sei suoi membri nel cda di Bnl, secondo l’accusa sarebbe stato avviato “il pianto occulto”. I contropattisti si sarebbero impegnanti a non aderire all’Ops di Banco di Bilbao, e a partecipare ad una compravendita di azioni di Bnl per Unipol, che alla fine di luglio vide Unipol capace di raggruppare il 41,96 per cento del capitale ordinario (e secondo l’accusa avrebbe portato nelle tasche dei contropattisti plusvalenze per 1,2 miliardi di euro). È a quel periodo che risale la telefonata tra Fassino e Consorte, nella quale il segretario dei Ds Fassino, parlando proprio della scalata Bnl, diceva «allora abbiamo una banca». Per l’accusa l’ispiratore della scalata, anzi «il grande regista dell’operazione» secondo il Tribunale di Milano, sarebbe stato l’ex numero 1 di Bankitalia Antonio Fazio. Oggi però sono stati tutti prosciolti, perché non sarebbe in realtà andata così. In attesa di conoscere le motivazioni della sentenza, val la pena appuntare un nota bene su questa controversa vicenda: il processo in I grado per la telefonata di Consorte a Fassino, si è chiuso invece con una condanna, per concorso morale nella divulgazione di un segreto d’ufficio, a Silvio Berlusconi.

Exit mobile version