Un foro nel cielo

Presenze invisibili che influenzano la nostra vita in modi di cui neppure ci rendiamo conto. Sono la prova pratica che l'infinito può essere tangibile

Dio che tutto puoi e tutto crei e tutto tieni, autore del cielo e della terra (…) se prima del cielo e della terra non esisteva tempo, perché chiedere cosa facevi allora? Non esisteva un allora dove non esisteva un tempo.
S. AgostinoLe Confessioni, XI, 13, 15.

Qualche settimana fa ci hanno mostrato un’immagine e ci hanno detto che quello era un buco nero. Beh, questa affermazione era falsa.
Un buco nero, per definizione, non si può vedere. È un foro nella struttura dell’universo, una trappola da cui la luce non può fuggire.
È la luce che ci permette di vedere le cose. Quell’immagine, ottenuta con tecniche sofisticatissime, non mostra il buco nero stesso, ma il suo effetto.

Per intenderci, è come se prendessimo una foto di gruppo e ritagliassimo da essa una persona. Che all’interno dell’area rimossa ci sia qualcosa si capisce da quanto la circonda: mani su spalle che non esistono, ombre che nessuno proietta, la mancanza dello sfondo. Così è anche in questo caso: quello che scorgiamo è la materia che, come l’acqua nello scarico di un lavandino, si inabissa vorticando in quel foro nello spazio. In termini matematici, il buco nero è una singolarità: un luogo in cui le leggi che governano il mondo cessano di esistere perché i valori delle loro equazioni vanno ad infinito. Lo spazio è connesso con il tempo, indissolubilmente: quando la gravità del buco nero deforma il primo, anche il secondo si altera. Fino a smettere di esistere secondo i nostri criteri quotidiani.

Recentemente leggevo di come Sant’Agostino, milleseicento anni fa, asserisse che senza creazione, senza la materia, neanche il tempo esiste. Sono sobbalzato: questo è esattamente il concetto espresso dalla teoria della relatività. Questa condizione si realizza ancora all’interno del buco nero, dove la realtà si allontana vertiginosamente da ciò che possiamo comprendere in termini umani. Singolarità.

Se vogliamo, quella è anche la definizione di Dio. Dio è ciò che si ha quando ciò che è bello, giusto, vero, raggiunge un valore incommensurabile, irraggiungibile nel nostro spaziotempo ordinario. Dio, come il buco nero, trascende l’universo, è al di fuori di esso, pur essendo in qualche maniera al suo interno. È fuori dal tempo, pur agendo nel tempo. Dio non lo possiamo vedere direttamente, ma ne rileviamo gli effetti: in sua prossimità, quello che siamo abituati a considerare normalità cessa di essere tale.

I buchi neri hanno plasmato il nostro cosmo: sappiamo che ce n’è almeno uno al centro di ogni galassia, e le galassie sono numerose come granelli di sabbia. Il nostro sole gira attorno a quello nascosto tra le nubi di gas e polveri laggiù, nel Sagittario, a decine di migliaia di anni luce da noi. Ma ve ne sono tanti altri tra le stelle. Presenze invisibili che influenzano la nostra vita in modi di cui neppure ci rendiamo conto. Sono la prova pratica che l’infinito può essere tangibile. Che ciò che non si può vedere è al centro del nostro esistere, e neanche ce ne rendiamo conto.

Foto Ansa

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