Un aiuto per lavarsi la coscienza

Ufficio Reclame

Ogni anno puntualmente durante le vacanze estive, quando le città si svuotano e non c’è più nessuno, i muri si riempiono di affissioni di campagne sociali (sarebbero più utili in altri periodi dell’anno, ma sono troppo cari per il non profit). Tutti chiedono aiuto: per i malati terminali, per la lotta contro il cancro, per i bambini, per gli animali. L’ultima campagna della serie ha un grande impatto visivo: primissimo piano di un bambino di colore che piange. Il titolo, con un numero di telefono, è scritto su uno straccio: “Puoi fare molto di più che lavarti la coscienza”. Vicino al marchio il pay-off che chiude l’annuncio: “Un aiuto per non avere più bisogno d’aiuto”. Firmato “Fratelli dell”uomo”. In verità sembra copiata, almeno come struttura, dalla campagna ‘98 “Cosi sia?” di AVSI (Associazione Volontari per il Servizio Internazionale), che chiudeva con un titolo abbastanza simile: il tuo contributo perchè così non sia. Ma quello che lascia più perplessi è che, nonostante lo sforzo del copy di evitare la lacrima facile, la nuova campagna non riesce a scrollarsi di dosso quel moralismo borghese che colpisce la stragrande maggioranza delle pubblicità sociali. Che uomo è uno che non ha bisogno d’aiuto? O forse è la solita tentazione utopica e un po’ sinistra di “sognare società così perfette in cui non sarà più necessario all’uomo essere buono”?

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