Ultima chiamata per un ministro che ha perso il treno della libertà di educazione

Questa settimana il decreto Bersani-ter inizia il suo iter parlamentare. Contiene tra l’altro una serie di “Disposizioni urgenti in materia di istruzione”, su mille aspetti del sistema scolastico, in cui il ministro Fioroni cerca di accontentare un po’ tutti. Dà soddisfazione agli integralisti del suo schieramento, reintroducendo il tempo pieno alla scuola elementare (un po’ anche ai sindacati, perché il tempo pieno prevede un aumento dei docenti, pur se contenuto «nell’ambito delle consistenze complessive di organico», perché non si può scontentare Padoa-Schioppa). Si tiene buone le scuole paritarie, a cui destina 6 milioni di euro per pagare i professori impegnati negli esami di Stato. Fa un passetto in avanti nel tormentatissimo cammino verso l’autonomia (con alcune norme di carattere finanziario che lasciano qualche euro in più nelle tasche degli istituti per le loro iniziative) e un altro indietro (con l’introduzione, sulla carta, di Istituti tecnici superiori che vanno a confliggere pesantemente con la formazione professionale superiore delle Regioni, Lombardia in testa, cosa che al Pirellone non è stata presa affatto bene). «Il governo sembra procedere per interventi correttivi e parziali», ha scritto Michele Colasanto sul Riformista del 2 luglio, ma «non va abbandonata la capacità di una visione di insieme». Certo, occorrerebbe un deciso riconoscimento della capacità dei diversi soggetti sociali di rispondere al bisogno educativo dei ragazzi, ma non si può pretendere che un governo di sinistra-centro faccia una politica liberale. Ora sta facendo il suo iter il regolamento sul biennio unico, ed è ancora possibile che i corsi triennali che tanto bene hanno fatto in questi anni non vengano cancellati. Se il ministro Fioroni riuscirà a resistere ai suoi talebani e a salvaguardare almeno qualche spazio di libertà, gliene renderemo merito.

Exit mobile version