Ucraina. I 293 giornalisti «spie dei russi» e l’autogol di Kiev (e dell’Europa)

L'Ucraina ha accusato tutti i giornalisti che hanno firmato reportage nel Donbass, italiani compresi, di essere «collaborazionisti».

Rai, La Repubblica, Corriere della Sera, New York Times, Wall Street Journal, Guardian. Questi giornali (e tanti altri) sono tutti spie di Mosca. È quanto denunciato dal Comitato per la sicurezza ucraina, massimo organo investigativo di Kiev, che ha deciso di indagare 293 inviati stranieri che hanno firmato reportage negli ultimi due anni dal Donbass.

«COLLABORAZIONISTI». L’Ucraina non si è limitata a indagare i giornalisti sospettati di «collaborazione con i terroristi secessionisti», ovvero i ribelli filo-russi che hanno proclamato nell’est del paese due repubbliche indipendenti dopo la cacciata di Yanukovich, ha messo su internet i nomi dei reporter, i loro indirizzi e il numero di cellulare personale. L’ultimo che ha subito questo scherzetto, Oles Buzina, è stato ritrovato nel giro di pochi giorni morto sotto casa.

DEMOCRAZIA IN UCRAINA. Nicola Lombardozzi, corrispondente di Repubblica finito nella lista, ha chiarito che «al di là della inevitabile retorica sulla libertà di stampa», così si forniscono di fatto «bersagli a quei “volontari” di estrema destra carichi di simboli e riti nazisti, che percorrono il paese con armi e bastoni minacciando di fare pulizia di ogni “nemico dell’Ucraina e fiancheggiatore della Russia”». Simili livelli di propaganda sono preoccupanti e aprono «uno squarcio inquietante sullo stato della democrazia in Ucraina».

NUOVO GOVERNO, VECCHIA STORIA. Dopo la sbornia dell’Euromaidan e le belle speranze riposte nel nuovo governo nato dalla rivoluzione, si scopre «la vera natura del presidente Poroshenlo, al quale l’Europa e gli Stati Uniti hanno concesso finora troppe attenuanti rispetto alle colpe politiche di cui si sta macchiando», riporta in un’analisi Repubblica.
«Lo spirito di Maidan è tradito», nessuna delle «promesse con le quali Poroshenko era diventato presidente è stata mantenuta e il suo indice di popolarità è sceso a un misero 20 per cento». La guerra con i ribelli continua e la tregua di Minsk rischia di non reggere. Ma c’è di peggio: «Le riforme istituzionali sono largamente incomplete. La separazione dei poteri inesistente, o quasi. L’economia è disastrata (…). Il vero potere è nelle mani degli oligarchi» e «Poroshenko si puntella con le ali più estremiste, alcune dichiaratamente neo-naziste».

MOSCA RIDE. È questo che l’Unione Europea voleva appoggiando e soffiando sul fuoco della “Rivoluzione della dignità”? Probabilmente no. Se è vero, come conclude il quotidiano diretto da Mario Calabresi, che «questa Ucraina non è degna dell’Europa», è anche vero che questa Ucraina è frutto di un investimento politico dell’Europa, che dopo aver fatto di tutto per strappare Kiev all’influenza di Mosca, non ha saputo fermare la guerra civile che ne è derivata e che dopo aver diviso in due il paese, lo sta distruggendo. Per la gioia della Russia e della sua propaganda, che ha inviato tutte le sue televisioni a intervistare i «293 giornalisti perseguitati dal governo ucraino».

@LeoneGrotti

Foto Ansa

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