Tribunale di Milano contro la legge 40: «Incostituzionale vietare la fecondazione eterologa»

Ancora sotto attacco la legge 40: dopo Catania e Firenze, anche il tribunale di Milano solleva dubbi di costituzionalità. Primario di ginecologia: «Con l'eterologa accetteremmo figli orfani di padri. Mentre il bambino ha diritto ad avere una vera famiglia»

Giovedì scorso la legge 40 sulla fecondazione assistita ha subito l’ennesimo tentativo di scardinamento. Dopo i tribunali di Catania e Firenze anche quello milanese ha sollevato il dubbio di costituzionalità sull’articolo della norma che vieta la fecondazione eterologa, che avviene con il seme di un donatore esterno alla coppia.

Lo schema è sempre lo stesso: cittadini sostenuti
da associazioni e avvocati radicali presentano ricorso a tribunali di cui si conosce bene l’orientamento. Il tribunale ammette il dubbio e lo sottopone al giudizio della Corte costituzionale. La stessa linea è stata adottata in passato per abrogare altri divieti, come quello di non produrre più di tre embrioni e di non crioconservare quelli in sovrannumero.

Ma se anche la fecondazione eterologa dovesse essere ammessa ci troveremmo in una situazione peggiore del far west precedente alla legge 40, che era stata voluta per mettere ordine e porre degli argini. Data una magistratura tale, è ancora opportuno pensare di legiferare sulla vita e sulla morte, rinunciando per altro a dare un giudizio di merito, per porre degli argini che poi nel tempo vengono pure abbattuti?

Leandro Aletti, primario di ginecologia
all’ospedale Santa Maria delle Stelle di Melzo, spiega a Tempi che è questo il problema «e noi cattolici, promotori della norma dovevamo capirlo. Come si fa a fare leggi, comunque contro la vita, e pensare di contenere i guai? Quella norma era già mortifera. E’ stato come dire: “Accettiamo che ne uccidiate qualcuno, basta che non siano troppi”. Così abbiamo servito al nemico un’arma pronta: è più facile peggiorare una norma la cui ratio è già errata in sé. E ora ci lamentiamo anche».

Che direbbe alla coppia che si sente lesa nel suo diritto ad aver figli?
Innazitutto che sta sacrificando altri figli per averne uno (dato che alcuni vanno persi). Che il figlio non è un prodotto, ma un dono da accettare. Che il figlio è un essere altro da te, da educare per la sua, e non solo per la tua realizzazione. Con l’eterologa, poi, accetteremmo figli orfani di padri. Mentre il bambino ha diritto ad avere una vera famiglia.

Quindi il desiderio di maternità va sacrificato?
La felicità non è l’attuarsi di un nostro progetto. Tanto che non siamo mai veramente contenti di quello che produciamo noi, perché il nostro bisogno è infinito. I genitori non devono rinunciare al desiderio, ma attendere la risposta, che può essere diversa da quella che hanno in mente: esiste l’affido, l’adozione. Penso sempre a Teresa di Lisieux: voleva essere missionaria, è stata chiamata in clausura ed è diventata patrona delle Missioni. Perché sostenne, in altro modo, moltissime anime.

Che tattica assumere allora?
Bisogna ricominciare a dire la verità ad alta voce, senza complessi di inferiorità e senza avere il problema di vincere politicamente. L’esempio ce lo danno i vescovi polacchi: hanno detto che chiunque avesse legiferato sulla fecondazione sarebbe stato escluso dalla Chiesa, perché quella resta comunque una pratica «eugenetica e pari all’aborto». Oggi, noi cattolici saremo pure una minoranza e non avremo i numeri per fare leggi pro-life, ma possiamo, anzi, dobbiamo parlare senza stancarci. Almeno così la gente potrà sentire un’altra campana. E il popolo saprà qual è la verità, a cui la Chiesa, come sua prima funzione, deve richiamare. Mentre, per fare compromessi, la si è taciuta al punto che molti cattolici sono confusi e credono che la Chiesa permetta la fecondazione.

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