Torino Film Festival

dal nostro inviato Simone Fortunato

E’ lunga la storia del Torino Film Festival, tenutosi tra il 17 e il 25 novembre a Torino presso la Multisala Reposi. Giunto ormai alla una 18° edizione, il festival italiano più importante dopo la Mostra del cinema di Venezia ha sorpreso presentando nelle diverse sezioni, opere importanti e spesso misconosciute.

Dei dieci film presenti nel concorso ufficiale dedicato ai lungometraggi (con film provenienti dalle cinematografie di tutto il mondo, dalla Russia fino all’Iran) abbiamo trovato divertente e gustosa la commedia autobiografica Room to Rent. Scritto e diretto da un giovane regista egiziano residente in Inghilterra, il film narra le peripezie di un giovane sceneggiatore che dall’Egitto decide di trasferirsi in pianta stabile a Londra per poter coronare il proprio sogno cinematografico. Sfrattato di casa, in perenne ricerca di denaro, riuscirà sì nell’impresa ma dopo avventure ai limiti del possibile.

Non era male nemmeno l’ultimo film di Piergiorgio Gay, Guarda il cielo (Stella, Sonia, Silvia), un collage di storie tutte al femminile, mentre non ci ha convinto I nostri anni di Daniele Gaglianone che, nonostante l’impegno etico (la vicenda racconta il dopoguerra vista negli occhi di sopravvissuti al fascismo), mostra una povertà stilistica sin troppo esibita.

Attendevamo con ansia Americana, ovvero la rassegna che ormai da anni il Festival di Torino dedica ad autori indipendenti o comunque da tempo scaricati dalla grande distribuzione.

Capolavoro assoluto l’ultimo film di Paul Scahrader, Forever Mine, con Joseph Fiennes e Ray Liotta, un mélo emozionante e struggente, carico delle suggestioni religiose cariche allo sceneggiatore di Taxi Driver. Un bagnino si innamora follemente della donna di un malavitoso; la corteggia, riesce ad avere con lei una relazione segreta ma scoperto sarà sfigurato dal marito di lei. Tornerà diversi anni dopo con un nuovo volto ed una nuova identità per riconquistare la bella. Un film sorprendente perché Schrader riesce ad omaggiare il grande cinema noir degli anni ’50 usando uno stile e un ritmo assolutamente adatti allo spettatore moderno. Durissimo e malsano invece il film di Darren Aronofsky, Requiem for a Dream, dove le storie di disagio di quattro persone scorrono parallele nel sogno di una vita migliore. Abbiamo visto inoltre Boiler Room, un dramma urbano con protagonisti Ben Affleck e un convincente Giovanni Ribisi, e, soprattutto abbiamo visto in anteprima Bruiser, l’ultimo film di George A. Romero, horror psichico senza (troppi) spargimenti di sangue. Nella sezione, che vantava una retrospettiva completa delle opere del grande Budd Boetticher, regista di western degli anni’60, tra cui La valle dei Mohicani e L’albero degli impiccati, erano presenti inoltre l’ultimo film di George Romero, e il film natalizio di Ron Howard Il Grinch con un irriconoscibile Jim Carrey. Evento speciale la proiezione di The Exorcist in versione integrale (una manciata di secondi in più rispetto alla versione uscita trent’anni fa nelle sale) avvenuta nel temibile venerdì 17.

Altre sezioni importanti del Festival erano una rassegna dedicata al cinema giapponese degli ultimi anni (Nipponica) ed una dedicata al cinema europeo (Orizzonte Europa) sia per lungometraggi che per corti. A chiudere una retrospettiva dedicata al decano del cinema europeo, il grande Manoel De Oliveira, di cui si sono viste tutte le opere dagli anni ’40 fino ai recenti A Carta e Palavra e Utopia.

Ma non è finita: il Festival ha anche assegnato premi per documentari e cortometraggi e opere prime, a cui sono state dedicate ampie rassegne.

Il Festival di Torino si conferma quindi uno degli eventi culturali più interessanti dell’autunno italiano, un evento non mondano ma semplice e adatto a tutti i gusti, dai cinefili, che hanno affollato le sale di uno strapieno cinema Reposi, al pubblico meno avvezzo all’arte cinematografica, in cerca di una divertente, sana serata tra amici.

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