Tempi duri per i cristiani cinesi

“Le parole di Joseph Zen Ze-Klun, vescovo di Hong Kong alla conferenza del Pime a Milano (19.9.03)”

A lungo quella cinese è stata una Chiesa del silenzio, ma oggi finalmente ha un po’ di voce. La realtà della Chiesa che ho potuto vedere sul campo è consolante: noi non potevamo visitare la Chiesa clandestina, andavamo nei seminari gestiti da quella ufficiale, ma abbiamo toccato con mano che il loro cuore era con Roma. Quando il governo ha permesso di nominare il Papa nella preghiera, ho respirato grande commozione tra i cattolici. Gran parte dei vescovi ufficiali sono stati riconosciuti segretamente dal Papa perché a lui fedeli. Certo, nessuno lo dice ad alta voce, così come il governo finge di non saperlo… Negli ultimi tempi, però, la situazione dei cattolici sta peggiorando. I tre documenti approvati in marzo, relativi al “funzionamento” della Chiesa ufficiale e degli organismi incaricati di controllarla, sono motivo di preoccupazione. La cosa più dolorosa è la persecuzione dei seminari. Oggi il governo è più severo che in passato: a Xian il vescovo, dal momento che nel 2000 si è opposto all’ordinazione di 5 vescovi non autorizzati dal Papa, è “in castigo”; è vietato andare a insegnare nei suoi seminari. Nell’Hebei, c’è un grande seminario con 200 posti, ma il numero dei seminaristi viene tenuto fermo a 29, nonostante la grande disponibilità di vocazioni. Molti uomini di Jang Zemin hanno ancora un ruolo e solo quando la nuova dirigenza avrà completato il passaggio di potere potremo valutare: forse i nuovi opereranno dei miglioramenti nella politica religiosa! Le prime mosse, a cominciare dallo slogan “Nessuno al di sopra della Costituzione”, non sono state incoraggianti. Anche a Hong Kong la situazione non è rosea. Dal punto di vista religioso la libertà è garantita e non ci sono vincoli, ma il clima è difficile. Con una manovra subdola le autorità di Hong Kong stanno sottraendo alla Chiesa il controllo delle scuole cattoliche (ben 300 nella città di Hong Kong, frequentate dal 25% della popolazione scolastica) che per legge sono sussidiate dallo Stato, che paga gli stipendi degli insegnanti e la manutenzione degli stabili.

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