Te Deum laudamus per quella madre il cui latte diventò sangue di Dio

Il nostro amico Piero Daccò ci ha inviato dal carcere di Bollate questo biglietto d’auguri per Natale. Si tratta di un testo del filosofo ateo francese Jean-Paul Sartre

Questo articolo è tratto dal numero di Tempi in edicola a partire dal 29 dicembre (vai alla pagina degli abbonamenti) e secondo tradizione è dedicato ai “Te Deum”, i ringraziamenti per l’anno appena trascorso. Nel “Te Deum” 2016 Tempi ospita i contributi di Benedict Nivakoff, Alex Schwazer, Rone al-Sabty, Ilda Casati, Luigi Amicone, Siobhan Nash-Marshall, Tiziana Peritore, Therese Kang Mi-jin, Anba Macarius, Roberto Perrone, Pier Giacomo Ghirardini, Farhad Bitani, Maurizio Bezzi, Renato Farina, Pippo Corigliano, padre Aldo Trento, Mauro Grimoldi. Il prossimo numero di Tempi sarà in edicola da giovedì 12 gennaio 2017.

Il nostro amico Piero Daccò ci ha inviato dal carcere di Bollate questo biglietto d’auguri. Si tratta di un testo tratto da Bariona o il figlio del tuono. Racconto di Natale per cristiani e non credenti, pièce teatrale del filosofo ateo francese Jean-Paul Sartre scritta nel 1940 per i suoi compagni di prigionia a Treviri.

La Vergine è pallida e guarda il bambino. Bisognerebbe dipingere sul suo viso quella meraviglia ansiosa che non è apparsa che una sola volta su un volto umano. Perché il Cristo è il suo figlio, la carne della sua carne e frutto del suo ventre. Lo ha portato nove mesi in se stessa e gli darà il seno e il suo latte diverrà il sangue di Dio. In alcuni momenti la tentazione è così forte che dimentica che è il figlio di Dio. Lo stringe nelle sue braccia e gli sussurra “Piccolo mio”. Ma in altri momenti rimane interdetta e pensa: Dio è là, e viene presa da uno sgomento religioso per questo Dio muto, per questo bambino che in un certo senso mette paura. 

Tutte le madri sono un po’ frastornate, per un attimo, davanti a questo frammento ribelle della loro carne che è il loro bambino, e si sentono esiliate davanti a questa nuova vita fatta della loro vita, abitata da pensieri estranei. Ma nessun bambino è stato strappato più crudelmente e rapidamente da sua madre, perché è Dio e supera in tutto, ciò che lei potrebbe immaginare. Ma penso che ci siano anche altri momenti, rapidi e sfuggenti, in cui lei sente che il Cristo è suo figlio, il suo piccolo, e che è Dio.

Lo guarda e pensa: «Questo Dio è il mio bambino. Questa carne è la mia carne, è fatto di me, ha i miei occhi e la forma della sua bocca, è simile alla mia, mi assomiglia, è Dio e mi assomiglia». Nessuna donna ha avuto dalla sorte il suo Dio per sé sola, un Dio piccolissimo da stringere tra le braccia e coprire di baci, un Dio tutto caldo che sorride e che respira, un Dio che si può toccare e che ride. È in quei momenti che dipingerei Maria se fossi pittore.

Foto tratta da Wikipedia

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