S’uniscono le province di Pisa e Livorno. Il titolo che (non) farà il Vernacoliere

Intervista a Mario Cardinali, che col suo mensile ha fatto dell'"odio" tra pisani e livornesi un cavallo di battaglia. «I pisani? Sono bestie anche loro, vogliamogli bene»

Mario Cardinali, il direttore del Vernacoliere, storico mensile di satira, dice che «i toscani sono così, coltelli nella pancia e spade nella schiena». Perciò alla notizia che, dalla ridefinizione delle province, gli agguerriti campanilismi toscani sarebbero stati raggruppati, e addirittura i pisani sarebbero finiti insieme ai livornesi, anche nel resto dello Stivale in molti son balzati dalle seggiole. Cardinali e il suo Vernacoliere, delle guerre a suon di battute (guerre letterarie solo di recente. Perché prima se le davano di santa ragione anche con le mani) tra livornesi e pisani, hanno fatto un cavallo di battaglia. Perciò nessuno meglio di lui, può raccontare il clima acceso con cui si vive l’attesa dell’accorpamento.

Che ne pensa della provincia unita di Livorno e Pisa? Crede che qualcuno di voi sopravviverà?
Il fatto è che si parla di province ma nel senso degli enti burocratici amministrativi: verranno toccate le poltrone, ma non le popolazioni e le loro questioni identitarie. Le province unite di Livorno e Pisa si potranno anche fare, certo però mi chiedo che cosa accadrà a quelli che lavorano ora, non è che si possano mettere a spasso le persone così. Comunque non si deve fare un gran guazzabuglio, qui si troveranno solo meno seggiole alle province intese come istituzioni, la storia non cambierà.

Al Vernacoliere con la faida tra le due città avete fatto una fortuna. Una galleria di titoli indimenticabili.
Il sommario più celebre fu quello dell’86, dopo Chernobil. L’occhiello: “Nuvola atomi’a. Primi spaventosi effetti”. Titolo: “È nato un pisano furbo”. Sottotitolo: “Stupore nel mondo, sgomento in Toscana”. Poi ci fu quello al tempo delle coppie particolari (sic). Occhiello: “Matrimoni gay”. Titolo: “Si sono sposati du’ pisani”. Sottotitolo: “Raccapriccio nel mondo: come faranno a giovassi l’un dell’altro?”. Siccome ci accusavano di essere campanilisti, un’altra volta rispondemmo così. Sottotitolo: “Basta col campanilismo stupido e crudele”. Titolo: “I pisani sono bestie anche loro. Vogliamoni bene”. Poi ci fu quello di cronaca nera. Sottotitolo: “Drammi d’estate. Pesce ‘ane mangia un pisano”. Sottotitolo “La povera bestia s’è sentita male”.

Ma perché i livornesi possono proprio sopportare i pisani?
Toscanamente i livornesi non sono a-toscani, mentre i pisani sono toscani. Il fatto è che ogni toscano ha puppato da guelfi e ghibellini e i livornesi no. I livornesi di oggi sono gli eredi di un potpourri di etnie venute a fondare un porto, voluto dai Medici, che volevano un nuovo approdo perché il porto pisano si stava interrando. Livorno allora era ancora una piccolissima città: per poterla popolare dettero la possibilità, con editti vari, tra cui il più noto è la Livornina (1593) di Ferdinando I de Medici, a chiunque veniva a scavare o a costruire la nuova città di aver anche cancellati i precendenti penali, e ciò valeva per chi aveva commesso un qualsiasi delitto, dal regicidio al furto. Vennero poi anche gli ebrei, che in Spagna erano già perseguitati. Insomma, arrivò gente di coltello e anche di cervello da mezz’Europa. Ma Livorno era diversa per ciò stesso dalle altre città toscane: mentre qui ancora erano quattro gatti, Pisa era Repubblica marinara. La dicotomia e le avversità tra livornesi e pisani non hanno nulla a che vedere con le pagine nere della storia di pisani e fiorentini. Ricordiamo Uguccione de la Faggiola, pisano, che espugnò Lucca e la ridusse ad una seconda Troia. O l’assedio di Pisa del 1404 -’05, in cui centinaia di pisani morirono di fame pur di non cedere ai fiorentini. Ad un certo punto, i pisani mandarono fuori dalle mura donne, vecchie e bambini, e i fiorentini glieli sbudellarono. I veri toscani di oggi, sono eredi di quei tempi di coltelli nella pancia e spade nella schiena. La loro storia è questa, e ancora si incavolano per queste cose. Ora non vorrei far una lezione di storia. È che i livornesi tutte queste cose non le hanno vissute, perciò dico che sono a-toscani. Certo dai pisani sono proprio diversi: i livornesi sono cicale, i pisani formiche.

E per la fusione delle province che titolo farà?
Non li sbandiero prima, perché se no me li copiano tutti. I miei titoli costano lavoro e fatica.

Insistiamo.
Gliene dico uno che non userò. Ho immaginato la reazione dei lavoratori della provincia. Sottotitolo: “Viva protesta della provincia”. Titolo: “’Un si fa già nulla noi, ‘Un si farà nulla nemmeno co’ pisani”.

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