Su Bibbiano qualche esagerazione, ma certi abusi di potere fanno paura

Lettera al direttore e risposta

Caro direttore, con Bibbiano e l’inchiesta “Angeli e demoni” assistiamo all’ennesima montagna di bufale alimentata da partiti a caccia di voti e giornali che cercano di vendere qualche copia in più. Si tratta di una materia che conosco. Meglio: che ho vissuto. Nella mia famiglia sono cresciuti figli naturali, affidatari e adottivi. Per trent’anni ho promosso cooperative e case di accoglienza per bambini abbandonati. Per quelli abusati o fortemente traumatizzati, ho organizzato un centro di cura con professionisti di levatura nazionale.

E non mi sono mai imbattuto nel caso di bambini “normali” strappati a coppie “normali”. (Se risultasse vero nel caso di Bibbiano, sarebbe, a dir poco, insolito: e certamente da punire con severità proporzionata al crimine). Ancora più stupefacente mi è parso quanto è trapelato subito dalle indagini: scosse elettriche (o addirittura elettrochoc) praticate ai bambini per modificare i loro ricordi. Dopo un paio di giorni questa idiozia è scomparsa dalle cronache: lo strumento utilizzato è un dispositivo, Neurotek, adottato in una delle più accreditate tecniche di cura, che non dà scosse elettriche ma trasmette vibrazioni tattili.

E via delirando, per arrivare alla ritrovata compattezza del governo che lamenta un eccesso di soldi e potere (?!) delle cooperative e istituisce una commissione d’inchiesta parlamentare: il caso di Bibbiano è diventato un caso nazionale. Tutti i bambini affidati nel resto d’Italia evidentemente non lo sono, saranno ancora guardati con distrazione e chi se ne occupa con sospetto, ultimamente indotto dallo scandalo in corso. Ecco, in proposito, una storia vera tratta dalla mia esperienza, simile a centinaia di storie che passano sotto silenzio.

Luigi è un bambino di quattro anni che vive in una cascina dell’hinterland milanese, abbandonato dalla madre e col padre alcolizzato che spesso non rientra la sera: Luigi va allora a dormire nel fienile fra le scorribande dei topi, dove il freddo è attenuato dal calore animale che filtra dalla stalla sottostante. Un’assistente sociale cerca da tempo chi lo accolga stabilmente, riuscendo solo a collocarlo per brevi periodi presso famiglie della zona, che si arrendono puntualmente di fronte alle difficoltà del caso. Per le istituzioni non esiste stato di abbandono (?!). Luigi non può essere dato in adozione ma solo in affidamento familiare: per legge chi lo accoglie sostituisce “temporaneamente” la famiglia d’origine per dare a questa il tempo di ricostituirsi e riabbracciare il bambino.

Un’assistente sociale e una psicologa illustrano questo istituto giuridico a me e mia moglie mentre valutano la nostra idoneità all’accoglienza: dovremo farci carico del bambino e delle conseguenze dei traumi subiti; mantenere vivi i rapporti fra bambino e ciascun genitore mediante incontri separati; infine, relazionarci periodicamente con loro.

«Per il rientro di Luigi a casa – obiettiamo – il padre dovrebbe almeno disintossicarsi, trovare un lavoro e riunirsi alla madre, che oggi vive con un nuovo compagno. Ci sembra piuttosto improbabile». Assistente e psicologa ci rispondono sicure: «È un faticoso ma necessario percorso di recupero della famiglia naturale…». «Da affiancare a un percorso alla grotta di Lourdes?», ironizzo, visto che il recupero avrebbe del miracoloso.

Seguono vari colloqui e alla fine veniamo “promossi”, anche per mancanza di concorrenti. Luigi arriva a casa. È spesso violento con nostra figlia, più piccola di lui; collauda un paio di forbici tagliando la fodera del divano; sale sul tavolo e rompe un lampadario. Ogni giorno ha la sua prova e Luigi ci mette alla prova. Gli incontri coi genitori lo turbano e risvegliano traumi troppo recenti: attraversa periodi di agitazione e di ansia, che fanno soffrire lui e noi.

La psicologa ci spiega che questi appuntamenti sono utili per tener vive le radici di Luigi, e che tagliarle lo farebbe soffrire in futuro. Già, ma mantenerle lo fa già soffrire nel presente… Tre anni dopo il padre muore di cirrosi e la madre è irreperibile da un pezzo. Finalmente il Tribunale per i Minori dichiara Luigi adottabile.

Oggi Luigi è sposato con figli – di cui due adottivi – e gestisce una casa di accoglienza per bambini problematici in attesa, spesso vana, di trovare una famiglia affidataria o adottiva. Ha costituito una cooperativa e prende dal Comune una retta giornaliera bloccata da anni: una dozzina, nel caso di Milano. Sta a galla con l’aiuto di qualche volontario, un affitto modesto ottenuto dalla parrocchia per l’immobile che occupa, la solidarietà – anche economica – di famiglie che condividono lo stesso ideale. Com’è lontana Bibbiano…
Walter Izzo

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Walter Izzo è una persona straordinaria e la sua esperienza nel campo delle opere sociali è indiscutibile. Recentemente ha dato alle stampe un bel libro (Mi faccia dire un’Ave Maria) dove racconta la sua vita e anche quella della sua “famiglia allargata” e generosa, aperta all’accoglienza a all’adozione (come anche questa lettera testimonia). Insomma, è uno che sa di cosa parla.

Su Bibbiano, come ogni lettore ha avuto modo di verificare, abbiamo scritto pochissimo perché qui da noi si segue la regola aurea del garantismo, sempre e comunque. E dunque cerchiamo sempre di scrivere e giudicare senza farci trascinare troppo dalle emozioni e dalla indignazione. Però due cose si possono dire. Uno: usare Bibbiano per buttare via il bambino con l’acqua sporca è una scemenza. Esistono storie, realtà, famiglie, associazioni straordinarie, come Izzo stesso testimonia. Quando sentiamo qualche politico dire che «bisogna fare piazza pulita», noi rabbrividiamo.

Al tempo stesso, che qualcosa a Bibbiano sia da chiarire, ci pare evidente. Innanzitutto perché, a parte certe esagerazioni, lì c’è stato un modus operandi (e pure certe persone) che ci hanno ricordato il caso dei presunti pedofili della Bassa Modenese. In secondo luogo, come ha notato anche il vescovo Camisasca, esistono situazioni che testimoniano un abuso di potere ideologico da parte di certe assistenti sociali e di certi magistrati contro l’istituto della famiglia. Dunque che certe situazioni siano chiarite e corrette (e, se necessario, punite) è a garanzia anche del buono che tanti fanno nella campo dell’adozione.
Emanuele Boffi

Foto Ansa

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