REGALO DI NATALE. Dylan non è il solo. Come lui ci sono stati altri padri che hanno scelto di mantenere in vita la moglie per salvare il figlio. Circa un mese prima, 19 dicembre del 2013, a Napoli nasceva Maria, alla 28esima settimana e dopo quasi 4 mesi di coma materno. I dottori le davano una settimana di vita ma Gianpiero, il padre, li aveva spinti a non mollare, perché «Carolina (la moglie) e Maria ce la faranno». La gravidanza era proseguita e, qualche settimana prima di avere la certezza che la bambina sarebbe nata, l’uomo aveva scritto: «La nascita della mia piccola sarà un regalo bellissimo per Natale». Al parto i medici hanno parlato di «risultato grandioso: è la prima donna che partorisce dopo essere finita in coma a così poche settimane di gestazione». Anche nel caso di Robyn a chi parlava di accanimento fu risposto che alla base della scelta non c’era una volontà folle, ma la scienza e «la possibilità di mantenerla in vita per far crescere il nostro bambino: il suo corpo vitale darà a nostro figlio una buona probabilità di sopravvivenza».
LOGICHE D’AMORE. Insieme a Ivor, Maria e Matteo c’è anche la piccola Nicole, che quest’anno compirà 8 anni, nata a 29 settimane da Cristina, dopo un coma di 78 giorni. Era il marzo 2006 quando, alla 17esima settimana, la donna fu portata al Niguarda di Milano in seguito a un aneurisma. Saputo delle condizioni irreversibili della donna il padre di Nicole, Toni, aveva chiesto ai medici di fare il possibile per salvare la piccola, certo che Cristina volesse lo stesso: «Era contenta della gravidanza, non avrebbe deciso diversamente», spiegò l’uomo che, anche di fronte allo scetticismo di tanti, preferì attaccarsi «all’unico filo di speranza: quel filo era mia figlia». E che dopo il parto tornò a casa «come se stessi volando» e ringraziando Cristina «che morendo mi ha dato la bambina». Davanti al reparto di neonatologia Toni, intervistato da Tempi, disse: «Lì sei come preso al lazoo dalla vita perché vedi le mamme che si spremono il latte per quei loro figli senza futuro. I dottori glielo hanno già detto: domani morirà. Eppure cavano il latte dal seno anche se è l’ultima sera».