Della possibilità di realizzarsi anche se si finisce “fuori posto”

Esiste una "vocazione professionale"? Perché ci affanniamo tanto in questo strano, incessante processo di specializzazione? Una cosa è chiara per Émile Durkheim: l’esito di questa smania non ha nulla a che fare con la felicità

Da diversi decenni (ma non tantissimi) le nostre aspirazioni espressive si focalizzano quasi esclusivamente nel raggiungimento di quel certo tipo di lavoro: raramente riflettiamo sul fatto che, se esiste una “vocazione professionale”, essa è chiaramente legata alla possibilità (tutta moderna) di avere molte scelte. Chi è venuto prima della nascita di questo variegato catalogo di occupazioni disponibili non si è realizzato? È stato meno felice? Chi non riesce a fare il medico, il musicista, il calciatore, l’attore… è destinato a vivere di rimpianti o, peggio, di rimorsi? E chi invece riesce, è a posto?
L'affannosa specializzazione professionale
Émile Durkheim si interessò per primo al fenomeno della divisione del lavoro sociale, chiedendosi perché l’umanità si sia da sempre diretta (e sempre più velocemente) verso una progressiva e inarrestabile specializzazione professionale. La risposta può apparire ai più un po’ deludente: la specializzazione rapp...

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