Sparate a Bin Laden! (finanza coranica 1)

L’ordine è: sparare a Osama Bin Laden, a vista. Come ai tempi del Far West, gli uomini delle Special Forces americane giocano a fare gli sceriffi? Non proprio.

L’ordine è: sparare a Osama Bin Laden, a vista. Come ai tempi del Far West, gli uomini delle Special Forces americane giocano a fare gli sceriffi? Non proprio. Intendiamoci: la voglia di riempire di piombo il macellaio delle Torri Gemelle è grande. Ma più forte ancora della vendetta, il movente che emerge dai retroscena è quello di evitare che ci sia un processo pubblico, che lo “sceicco del terrore” si metta a parlare, e che qualche prezioso alleato sia messo in imbarazzo. Certo: ci sono conti che andranno comunque regolati. Ma in ogni famiglia che si rispetti, si sa, i panni sporchi vanno lavati dentro le mura di casa. E il cencio più puzzolente di tutti, ormai, è chiaramente quello corrispondente al nome di “finanza islamica”. Un business enorme nato in nome dell’etica, e che invece sta finendo per rivelare risvolti molto poco etici. Già da tempo circolava l’allarme sul fatto che molte organizzazioni terroriste, momentaneamente in difficoltà dopo la fine dei foraggiamenti che Usa e Urss distribuivano con generosità durante la guerra fredda, si erano riorganizzate con cura, trasformandosi poco per volta in veri e propri imperi del business armato. Prima che l’assalto kamikaze a New York rivolgesse tutta l’attenzione da quella parte, aveva fatto non poco rumore la notizia che in Spagna l’Eta non estorceva più in pesetas, ma in euro. La novità è che lo sceicco del terrore non ha sfruttato solo l’apertura crescente dell’economia mondiale, ma quel fenomeno anch’esso in crescita rappresentato dal boom del sistema finanziario “conforme al Corano”. Per capire meglio il problema, bisogna ricordare che la legge islamica approva sì la proprietà e l’iniziativa privata, e né potrebbe essere altrimenti, dal momento che lo stesso profeta Maometto di mestiere faceva il commerciante. Ma considera ogni forma di interesse come riba, “usura”, e quindi haram, ovvero “proibito”. Intendiamoci: non è una fumisteria solo dell’islam. Anche la filosofia greca e la morale ebraica condannavano l’interesse come “immorale”, e i padri della Chiesa erano sulla stessa linea. Lo stesso Dante, se leggete la Divina Commedia, manda i prestatori ad interesse all’Inferno, sotto una pioggia di fuoco. Ma poiché un’economia senza il lubrificante del credito è condannata a restare stagnante, via via si cercò di uscire dall’impasse inventando qualche escamotage. Ad esempio, affidando il prestito a qualche “infedele”, sottratto ai rigori della legge religiosa. Un’altra trovata fu quello di inventare la “società anonima”, senza anima da dannare. Ma alla lunga si affermò l’idea attuale che “usura” non è ogni interesse, ma solo quello “eccessivo”: Giustiniano stabilisce già nel 528 un interesse legale del 6%; San Tommaso riconosce il diritto alla remunerazione del lucro cessante; nel 1462 nasce il primo Monte di Pietà, per combattere i tassi eccessivi con la concorrenza di tassi moderati; nel 1515 una bolla di papa Leone X dichiara infine l’interesse lecito, se moderato. L’islam, invece, ha continuato lungo il divieto medievale, considerando inoltre haram anche i contratti aleatori. Il risultato non è stato di inibire strozzini e giocatori d’azzardo, che hanno continuato a fiorire senza problemi nelle pieghe della società, ma di impedire la nascita delle moderne banche e assicurazioni, che infatti sono arrivate solo al seguito del colonialismo occidentale. Solo nel 1963 nacque in Egitto la Misr Ghams Savings Bank, il primo istituto che cercava di “depurare” l’istituzione di tipo occidentale da ogni tipo di contratto giudicato non conforme alla morale islamica. E basandosi proprio su quell’esempio pionieristico nel 1974 il vertice della Conferenza Islamica di Lahore raccomandò la creazione di una Banca di Sviluppo Islamico in grado di fomentare la crescita di istituti di credito “conformi” a tutti i livelli. Visto che nel frattempo il primo choc petrolifero aveva messo a disposizione dei Paesi produttori, in gran parte islamici, petroldollari in abbondanza per finanziare l’operazione.

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