Solo in Italia esiste una giustizia da bulli e spacconi (sulla pelle altrui)

“C’è bisogno dei processi?”, diceva quel tale procuratore capo di Mani pulite. Ma certo che no. Accade così nel nostro paese. Ma solo nel nostro paese. A fare la stessa cosa nel resto del mondo ti tolgono anche le mutande

Bulli e spacconi sulla pelle altrui. Voi lettori sapete chi sono e perché fanno così da vent’anni. Sono i garzoni delle procure e fanno così perché così ci fanno i soldi.
Infatti, cosa fa il giornalismo bullo e spaccone? Le procure alzano la palla. Loro la schiacciano. Quelli tengono fermi gli imputati. E loro menano. Quelli carcerano gli indagati preventivamente per mesi e anni. Loro tambureggiano gli interrogatori come olio di ricino.
D’altra parte non è quello che la Costituzione e le leggi italiane prescrivono? Innocenti fino a sentenza contraria. Garanzie per gli imputati. Diritto alla difesa. Chissenefrega. A bulli e spacconi Costituzione e leggi servono solo e se si possono usare come kalashnikov contro gli avversari politici.

“C’è bisogno dei processi?”, diceva quel tale procuratore capo di Mani pulite. Ma certo che no. Non c’è proprio bisogno di processi nei tribunali italiani, se in Italia – e solo in Italia – ci sono già in giro quei garzoni che ti consegnano le sentenze a domicilio dopo averle anticipate all’edicola.
Fanno “giornali” così. Fanno gli “editori” così. Fanno “diritto all’informazione” così. Però, così e così, non succede altrove. Ah, non ve l’ha detto nessuno che i “se non ora quando”, i post-it, il famoso “bavaglio”, sono tutte balle dell’autocrazia mediatica italiana, balle che servono a impedire ogni riforma della giustizia e a mantenere la greppia delle soffiate e carriere unificate giornalisti-pm?

In Francia i procuratori stanno sotto il ministro di Giustizia e parlano a tutti i cittadini e giornalisti (non all’amichetto di una testata amichetta) di un’inchiesta, se e quando lo ritengano opportuno, con i comunicati stampa.
In Svizzera se un magistrato flirta le inchieste con i media lo mandano a mungere le vacche in alta Engadina.
Negli Stati Uniti un procuratore che sbaglia va a casa e se un giornalista lede i diritti dell’imputato paga o va in galera.
In Gran Bretagna se violi la privacy anche solo con una tetta più o meno regale non autorizzata paghi pegno in tribunale (e c’è pure il caso Murdoch che, per aver usufruito delle spifferate dei piedipiatti, ai suoi giornalisti gli hanno tolto il mestiere, a Murdoch i giornali, e tutti alla sbarra).
In Germania l’articolo 353-d del codice penale punisce con la reclusione fino ad un anno chiunque faccia una comunicazione in violazione dell’imposizione giudiziaria del segreto nonché chiunque riferisca testualmente parti essenziali o addirittura il testo integrale di un atto di accusa o di altri documenti di un procedimento penale, civile o disciplinare, prima che essi siano giunti in udienza pubblica o prima che la procedura sia stata conclusa.
A Praga, nella libera Cechia fondata dal grande Vaclav Havel, se sei un giornalista e utilizzi fonti quali intercettazioni telefoniche o qualsiasi notizia riguardante una persona oggetto di indagini giudiziarie, vai dritto in galera e ti portano via le mutande.
In Spagna, ci sia al governo il socialismo ciudadano di Zapatero o quello democristiano di Raoy, tutti gli atti giudiziari penali precedenti al giudizio sono dichiarati segreti ai sensi dell’articolo 301 della Ley de Enjuiciamiento Criminal, che sancisce la generale segretezza del fascicolo degli atti di indagine fino al momento del dibattimento.

In breve: poiché solo in Italia esiste il fascio quotidiano e l’olio di ricino delle note lobby, aspettando giustizia, ci vediamo venerdì sera, ore 18.30, sala della Provincia, Via Corridoni 16, Milano.

@LuigiAmicone

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