So’ tutti boni a fa’ i francesi col cuore degli italiani

Caro direttore, i poteri forti e illuminati ci hanno consegnato all’Europa promettendoci ogni riuscita. Felicità! Ma qual è il bilancio che si va formando? A parte l’euro del quale massaie, pensionati, impiegati e operai hanno già conosciuto le virtù, stiamo assistendo ad una continua, sfacciata umiliazione delle ambizioni nazionali nel contesto europeo. Il liberismo a senso unico praticato dai nostri “partner”, Francia in testa, fa sì che settori strategici italiani (banche, energia, chimica, grande distribuzione, telecomunicazioni) siano ben presidiati dagli stranieri senza che sia dato alle nostre imprese di espandersi secondo un criterio di reciprocità. Ogni giorno vediamo aziende italiane finire in mano a francesi, tedeschi, inglesi e ridursi a semplici plant di produzione, spogliati di funzioni nobili come la direzione strategica, il marketing, la finanza, la ricerca e lo sviluppo. Fino alla beffa che, nel momento in cui l’Italia, dopo un lungo psicodramma nazionale, degno di miglior causa, fa cadere un governatore della Banca centrale per consentire agli olandesi prima e ai francesi poi di pigliarsi, rispettivamente, una delle più belle banche regionali e una delle maggiori banche nazionali, a Enel viene sfacciatamente vietato di crescere in Francia in una operazione, quella con Suez, padrona di Electrabel, che avrebbe avuto un assoluto senso industriale e avrebbe migliorato la competizione europea (e francese) nel settore energetico. Ricordo, per inciso, che non poco tempo fa, per sovvenire ai bisogni di Fiat, il Governo italiano si era risoluto a consentire a Edf, il grande monopolista elettrico francese, di salire a una posizione di controllo congiunto in Edison, il terzo operatore nazionale dell’energia. Così proseguendo, avremo Credit Agricole che si mangerà Intesa, Danone qualche altro pezzo di industria alimentare italiana (magari Parmalat o Barilla?), Carrefour che pretenderà di comprare Esselunga. E noi zitti, a parte qualche reazione di circostanza, necessaria a salvare la faccia. D’altra parte, come possono i severi custodi nazionali dell’europeismo far sul serio nella confrontation industriale che è in corso? Dovrebbero smentire se stessi, tutta la loro storia personale e politica, il che, specie sotto elezioni, non è propriamente quel che si deve fare.
Avvii, caro direttore, un tormentone. Tenga il conto pignolo del dare e dell’avere, un funerale per ogni azienda italiana presa dagli stranieri e un matrimonio per ogni azienda italiana che riesce a crescere all’estero in modo alto, fiero, senza dover sempre espandersi carbonaramente, entrando negli interstizi lasciati dalla grande industria mondiale. E chieda dove sono i poteri forti e illuminati. Dov’è la loro finanza, dove i loro soldi, a quale progetto son dedicati, se le banche investono pochissimo nel private equity, nulla nel venture capital e ormai le piccole e medie aziende italiane trovano più conveniente quotarsi a Francoforte o a Londra che non nella patria del risparmio? Dov’è la loro riuscita, se un giovane manager di valore, un bocconiano magari, non ha più grandi aziende dove crescere e deve spesso limitarsi a fare il passacarte di decisioni prese in headquartes stranieri, salvo che non si decida a emigrare e a saggiare il detto dantesco di «quanto amaro sia lo pane altrui»? Dov’è la loro lungimiranza, se l’Italia ha ormai perso quasi tutti i campioni nazionali, e una qualche capacità di politica industriale che non sia solo annunciata e velleitaria, perchè radicata in un tessuto industriale fatto di aziende di grande dimensione che possono fare da cinghia di trasmissione del potere politico?
Con grande stima.

Stefano Morri, via internet

Le Olimpiadi sono finite, les jeux sont faits. Come si spiega il gran successo del pattinaggio artistico? Quelle gare hanno tutti gli ingredienti dello spettacolo ideale: fatica e grazia, perfezione del gesto tecnico e armonia di movimenti, dolore per la sconfitta e gioia per il trionfo, lacrime di sofferenza e teneri baci di affetto tra le coppie. Nessuno sceneggiatore potrebbe immaginare una storia più affascinante. Ma c’è dell’altro. Ti immedesimi perché si cade. Non come per la Formula Uno, dove si aspetta l’incidente. Qui l’errore è in agguato sul filo di lama del passo più bello e si cade proprio lì dove la bellezza è al massimo. Ora, la caduta è il nostro specchio più sincero. E del resto l’intreccio di splendore e dolore non è forse la stoffa della vita vera, e le persone più amate non son quelle che fuggono via sempre troppo presto? Oh felix culpa, dicevano i nostri maestri. Per i Giochi, rien ne va plus: chi è caduto resta sconfitto per sempre. Per la vita, grazie a Dio, c’è qualcuno che ti aiuta a rialzarti, prima che il ghiaccio arrivi al cuore. Dopo il mercoledì delle Ceneri viene la Pasqua.
Giuseppe Feyles, Roma

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