Siate folli. Siate liberi

Leggere l’"Elogio della follia" di Erasmo da Rotterdam e trovarci preziosi contropiedi alla nostra epoca assillata da prevenzione e opinioni preconfezionate

Questo articolo di Fabio Cavallari è tratto dal numero di Tempi in edicola (vai alla pagina degli abbonamenti) e fa parte della serie “Idee per respirare”

Ci sono “titoli” che in virtù della loro mitica aura per il sol fatto di citarli sono in grado di conferire anche al lettore più svogliato quel manto di soave intellighenzia che si confà all’autore dei medesimi. Più la fatica della lettura si palesa evidente, più coloro che vi si accostano s’avvicinano a quell’ascesi intellettuale che la tesi letteraria pretende di suggerire. Poi ci sono quei libri che andrebbero letti sette volte per individuare almeno nell’ottava una qualche possibilità di comprensione. Ed infine ci sono alcuni testi che è impossibile elevare a “libri della storia” perché i loro autori nel procedere della trama sono caduti in contraddizioni, doppi sensi, opinabili paradossi, incoerenze, eccessi eccentrici difficili da sostenere. Eppure, guarda caso, sono questi quelli che ti vengono in soccorso quando l’austerità razionale del quotidiano mondano ti chiede un sussulto, una provocazione che ribalti il politicamente corretto e contemporaneamente quell’anticonformismo, falso antagonista, che s’iscrive alla perfezione nel mondo globalizzato degli indignados.

E così cade tra le mani Elogio della follia di Erasmo da Rotterdam al quale, per inciso, non vanno addebitati meriti o colpe per l’usurpazione del suo nome in riferimento al tanto attuale “Erasmus”, bensì quattro o cinque idee che anche dopo decenni dall’ultima lettura, possono tornarci utili quando in fondo al barile non troviamo più molto da raschiare. Non è tanto la summa dei temi toccati da Erasmo nel 1508, in un periodo particolarmente difficoltoso per la storia dell’umanità, a incuriosire oggi, quanto l’elogio della follia quale essenza stessa di ciò che di prezioso e imprevedibile c’è nell’uomo. In un mondo pieno di satiri che si sono scordati i fondamentali della medesima arte, ci troviamo così a sorridere beffardamente ogniqualvolta l’autore finisce per parlare di noi e dei nostri incomprensibili e irrazionali comportamenti. Pensiamo al rapporto amicale.

«Non vi sembra che sia ben simile alla follia perdonare gli errori degli amici, cercar di nasconderli, ingannare se stessi su di essi e non volerli vedere, e arrivare ad apprezzare e ammirare dei vizi come gran virtù?».

E suvvia che cos’è l’amicizia, al netto dei trattati della psicologia moderna sulla corretta onestà dei rapporti, se non quell’adesione affettiva che non ha nulla di ragionevole, misurato e temperato! E vogliamo parlare della follia dell’amore?

Mogli ingenue, mariti stupidi
Dice Erasmo: «Sarebbero ben pochi i matrimoni consacrati se lo sposo s’informasse con precisione del gioco a cui, già molto prima delle legittime nozze, giocava la sposa, delicata, ingenua e verginella! E pochissimi dei matrimoni già stretti potrebbero durare se tutti i passi fuori strada delle mogli non restassero celati per la cecità o la stupidità dei mariti. Anche questo, giustamente, è chiamato comportarsi da folle: ma è merito della follia se la moglie piace al marito, il marito alla moglie, se le case restano tranquille e l’amore continua».

E invece quanto sono savie le coppie d’oggi, rigorose e sistematiche nei loro “doveri” reciproci, privati dalle adulazioni, dalle facezie e dall’indulgenza, proprie della follia! Sempre più gente ti si fa innanzi, certa della propria individualità al punto tale da predisporre contratti prematrimoniali. Se si sgarra, non v’è follia che tenga, il patto si stralcia!

Ma al fondo del ragionamento a quale verità ci guida Erasmo, conducendoci sin là, dove oggi il dibattito si è reso vano per disinteresse, superamento, nichilismo e strafottenza? Alla “follia della croce”, espressione mutuata da san Paolo.

Cosa c’è, anche in questo mondo contemporaneo, di più originale, geniale, vivace e affascinante di un Dio che si fa uomo, si lascia mettere in croce e poi resuscita dai morti?! Cosa c’è di più interessante di un folle respinto dal mondo, privo di egoismo e di umana prudenza, lontano da ogni senso comune, che ama gli uomini e i suoi persecutori!

Per fortuna allora del “concetto” di Dio se ne può discutere anche da non credenti, e trovarsi a fare appello a Erasmo, nel tentativo di difendere l’originalità intramontabile del cristianesimo persino al cospetto delle naturali domande dell’uomo di fede: perché tanto dolore attorno, perché Dio ci ha abbandonati se egli è onnipotente?

Un Dio politicamente corretto
In verità, viene da dire che se quest’idea della trascendenza non fosse folle, sarebbe perfettamente integrata, alla stregua di una delle tante “Ong” in giro per il mondo che fanno tanto bene, per carità, ma alla quale ognuno può rispondere con le tradizionali logiche del sapere. Ed invece, se da non credente, scendo sul piano del “ragionamento” su Dio, non posso che affidarmi a ciò che non riesco a manipolare, che sfugge, in cui non può essere contenuto, racchiuso, imprigionato. Erasmo le ha citate tutte le caratteristiche degli uomini e le tipologie di persone per dimostrare che è lei, la follia, a dominarli, ma se in tutte possiamo trovare una controprova, su Dio non v’è partita. Il buon senso del mondo contemporaneo non tiene!

Il concetto relativo all’onnipotenza di Dio si manifesta nella maniera più compiuta proprio quando egli crea il mondo e concede all’uomo il libero arbitrio. Assegna all’uomo la responsabilità delle sue scelte, persino l’ipotesi della sua negazione, del suo oblio, della sua insignificanza nel cuore degli uomini. Egli non si permette di cambiare la storia degli uomini. Ha dato loro la libertà di fare, di costruire la società, offrendo loro anche delle linee guida attraverso i Vangeli ma senza mai sostituirsi (al netto dei miracoli ma questa è un’altra storia). Un’onnipotenza che sembra fargli dire (e mi si perdoni l’arditezza): «Io do e nulla voglio in cambio. Responsabilità vostra adorarmi e convivere. Cedo a voi la libertà che contiene nel suo esercizio l’attivazione di una responsabilità, verso voi stessi prima di tutto».

Sarebbe certo un Dio saggio e politicamente corretto quello che in virtù della sua onnipotenza, dopo aver concesso la libertà agli uomini, intervenisse per aggiustarne il tiro allorquando nell’esercizio della sua applicazione gli uomini ne facessero a pezzi il senso. E invece egli attraverso la spoliazione ci racconta di un’onnipotenza che noi uomini fatichiamo a capire, perché oltrepassa e contraddice ogni saggezza puramente umana, dall’apparirci appunto folle.

Genitori e figli
Rileggere Erasmo da Rotterdam non è un vezzo intellettuale, una prassi della retorica progressista. Volendone reinterpretare il senso, oggi ci toccherebbe produrci nell’elogio della follia di quanti ancora pensano che un figlio possa nascere solo da un uomo e una donna e che un matrimonio, seppur imperfetto, non abbia senso tra generi dello stesso sesso. Ci toccherebbe benedire quella follia antimoderna che conduce uomini in missioni lontane, oppure nelle carceri ad ascoltare erranti senza pentimento, altri ad accompagnare nella vita i morenti o a far nascere figli storpi, e altri ancora, ben più autorevoli, a fare discorsi a Ratisbona.

In verità non tocca a noi produrci in liste di sostegno alla follia, correndo tra l’altro il rischio di vederci obbligati a una rieducazione terapeutica a suon di Prozac, può bastarci allora fare affidamento su un uomo del Millecinquecento e leggere, con quella “savia follia” tipica degli uomini curiosi, tra le pieghe, seppur datate, delle sue pagine.

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