«Sì ai referendum, ma per cambiare la giustizia serve una riforma costituzionale»

«La stampa tace perché rimane faziosamente orientata a sinistra. La riforma Cartabia? la montagna sta partorendo il topolino». Intervista al giornalista Filippo Facci

La giustizia «va cambiata a cannonate, è inutile cianciare di riforme o pannicelli caldi: serve una riforma costituzionale per cambiare l’assetto della magistratura italiana che è unico al mondo». Filippo Facci – editorialista di Libero, in libreria con La guerra dei trent’anni (Marsilio) – denuncia il silenzio sui referendum «dovuto alla scarsa coscienza civile dei direttori dei principali quotidiani che non danno informazioni su un appuntamento referendario già deciso nelle forme previste dalla Costituzione» e che stanno contribuendo al mancato raggiungimento del quorum. Vero obiettivo del centro-sinistra.

Facci, perché secondo lei è calato il silenzio sul referendum sulla giustizia?

All’inizio credevo che il silenzio mediatico fosse un argomento retorico nello stile radicale. I radicali si lamentavano della scarsa attenzione mediatica per reclamarne di più. Invece, con il tempo, ho dovuto ricredermi: il silenzio c’è davvero. Basta vedere il tempo che il servizio pubblico (non) sta dedicando al referendum. Di certo c’è una volontà di parte di non parlare dei referendum, oppure si parla solo delle amministrative, in modo che vengano esclusi gli elettori che non votano per le elezioni comunali. Il vero obiettivo è il mancato raggiungimento del quorum. Poi, certo, il tema non aiuta e la guerra tira di più.

I quesiti non sono proprio semplici…

La complessità c’è. I referendum andrebbero spiegati, data anche la scarsa conoscenza dello Stato di diritto di tanti italiani. C’è chi confonde la custodia cautelare con la certezza della pena. Poi c’è anche l’abolizione della legge Severino, il cui impianto non è semplice…

Perché il centrodestra non ha incentivato la partecipazione?

Perché è mancato un ordine di scuderia. Va ricordato che i promotori sono stati solo la Lega e i radicali e non tutta la coalizione. Nel caso di Fratelli d’Italia, contrari ai quesiti sull’abolizione degli abusi alla custodia cautelare e all’abrogazione della legge Severino, emerge il riflesso condizionato legalista degli anni di Mani Pulite. E poi c’è un certo cinismo: anche i condannati ‘’sono fuori dopo tre giorni’’ e quindi per non sbagliare è stata data l’indicazione di votare No al quesito sull’abuso della custodia cautelare. Insomma, Meloni non vuole che ci siano ombre sulla lotta alla corruzione. Gli anni del grillismo hanno portato ai minimi termini la conoscenza del mondo della giustizia. E poi siamo ancora il Paese di Mani Pulite.

E come interpreta il silenzio della stampa?

Beh, la stampa tace perché ritiene che sia più interessante la guerra, anche per vendere più copie (anche se le rilevazioni audipress dicono altro). E poi perché rimane faziosamente orientata a sinistra e quindi interessata al mancato raggiungimento del quorum, sebbene Letta abbia dichiarato di votare 5 No, pur lasciando libertà di coscienza. Poi va anche riconosciuta la scarsa responsabilità civile dei direttori dei principali quotidiani che non danno informazioni su un appuntamento referendario già deciso nelle forme previste dalla Costituzione. Abbiamo di fatto giornali che non informano. E non vale solo per il Fatto Quotidiano che ha avviato la congiura del silenzio.

Qualcuno potrebbe dire che c’è già la riforma Cartabia…

Io mi vergogno di uno Stato che per la salvaguardia del bene primordiale che è la libertà personale necessita di un ragionamento economico fatto dall’Unione Europea. Perché è per questo che è nata la riforma: per ragioni di tipo economico non perché fa schifo l’elenco di innocenti finiti in carcere negli ultimi trent’anni. Questo mi indigna. In ogni caso, la montagna sta partorendo il topolino. Inoltre ritengo che la riforma Cartabia e anche i referendum non basteranno, perché l’unico modo per risolvere la questione giustizia è mettere pesantemente mano alla Costituzione. Vanno modificati il titolo quarto e singoli articoli che posizionano l’assetto della magistratura italiana come unico al mondo. La magistratura ha infatti un’indipendenza unica. Finché non si fa una riforma costituzionale è inutile cianciare di riforme e pannicelli caldi. Anche perché poi rimane tutto nelle mani dei magistrati.

Quindi i referendum sono inutili?

No, i referendum possono rappresentare un fortissimo segnale di cambiamento di cui però se ne stanno sbattendo i mass media che non sono coscienza civile del Paese. Si sta agendo in una modalità che potrebbe portare al mantenimento dello status quo.

Dato che i referendum probabilmente falliranno cosa si può fare?

Di certo bisogna tenere allertata l’opinione pubblica, cercando di favorire l’affluenza. Ma poi c’è bisogno di qualcuno che faccia una riforma costituzionale. Come fece il governo D’Alema che cambiò la Costituzione, perché la Corte costituzionale non voleva rendere compiuto il punto cardine del nuovo codice di procedura penale Pisapia-Vassalli che prevedeva che le prove dovessero essere prodotte in aula e che le indagini preliminari dovessero essere segrete. Venne così trasfuso l’articolo 513 nell’articolo 111 della Carta, perché́ non c’erano altre strade, a seguito di sette anni in cui il Parlamento si vedeva respingere ogni incisiva legge sulla giustizia. Il guardasigilli, Oliviero Diliberto, un comunista, diede tutto il suo appoggio. Questa riforma, approvata da tutto l’arco parlamentare nel novembre 1999, ha cercato di ristabilire un principio cardine che Mani pulite aveva polverizzato: ossia che una testimonianza può diventare prova solo se pronunciata o ripetuta nell’aula di un processo, non dunque nell’inchiostro dei verbali ottenuti in carcere o comunque nel corso delle indagini preliminari.

Dunque non bastano le riforme della giustizia

No, perché i magistrati si oppongono a tutto e hanno un immenso potere derivante dalla loro totale indipendenza. Basti pensare alla custodia cautelare su cui riescono a fare tutto quello che vogliono. E la custodia cautelare dovrebbe essere l’extrema ratio. Basterebbe anche dire che l’imputato vuole fuggire. In questo caso il quesito referendario renderebbe più impervia la via per la custodia cautelare. Sarebbe un risultato perché i magistrati hanno un’indipendenza totale. Per dirla con Dante: Le leggi son, ma chi pon mano ad esse?

Riforma costituzionale unica soluzione.

Sì, ma forse Draghi non lo ha capito. Perché quello della giustizia è un mondo diverso da tutti gli ambiti politici, lì ci vuole ben altro rispetto alla bravura e alla buona volontà del ministro Cartabia. Del resto, basta guardare i numeri che mettono in luce i costi della giustizia e la lunghezza dei processi che impediscono gli investimenti, generando un enorme danno economico. Un magistrato dall’oggi al domani può bloccare un cantiere sine die. Tutto questo va cambiato a cannonate e non con la ministra Cartabia. La riforma costituzionale è possibile perché nel 1993 in meno di 6 mesi – record nazionale – il Parlamento abrogò parzialmente l’immunità parlamentare (articolo 68 della Costituzione), dopo le proteste popolari seguite ad alcune mancate autorizzazioni a procedere per Bettino Craxi regolarmente votate dall’Aula. Una vergogna, una resa del Parlamento ai magistrati come disse Cossiga.

Mi pare di capire che non crede all’autoriforma.

L’autoriforma è una cosa ridicola. La corporazione dei magistrati non vuole cambiare niente. E la dimostrazione della loro totale indipendenza deriva dal fatto che, malgrado sia calata a picco la fiducia da parte dell’opinione pubblica, la magistratura continua a operare nello stesso modo, perché non ha nulla da temere. I magistrati non sono influenzati dal consenso o dalla valutazione. Sono indipendenti da tutto e da tutti. E con una riforma normale tutto sarebbe interpretabile da chi, oggetto della riforma, si trasformerebbe in soggetto interpretativo della riforma.

Foto Ansa

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