Sei emotivamente leso? Fatti un benchmarking

La lingua manageriale, confindustriale e ulivista, che circola nelle migliori multinazionali, esposta e commentata da un cattivista filotalebano

Un’umanità fantozziana. Questo è il sogno che alberga nel cuore cellophanato del capitalismo liberale e occidentale.

Un’umanità secolarizzata obbligata alla felicità. Con un incubo da far digerire: l’alienazione. Abbiamo ricevuto questo biglietto da un gentile sovversivo talebano: “Ti invio alcune frasi e parole del lessico buonista, confindustriale e ulivista che si trovano nelle ‘migliori’ multinazionali. Come potrai ben immaginare tale buonismo copre ogni tipo di sopruso e violenza nei luoghi di lavoro…”. Allegato al biglietto, un foglio con un fior da fiore di esempi che pubblichiamo qui di seguito con un piccolo commento.

Primo e ultimo comandamento:
fotti il prossimo tuo come te stesso Se ne potrebbe fare un dizionario horror, il formulario per raccattare bella figura con gli altri boia. La lettura è, infatti, uno spettacolo osceno. Tipo il celiniano motto del sottinteso.

Quello “molta vaselina e tanta pazienza, così disse con un sottinteso l’elefante alla formica”. Un qualcosa che somiglia molto alla fantasmagoria di Sade. Perché umanità fantozziana o no, è ben chiaro che il secolo che sta arrivando sarà tutto di Sade. Tutto il pudore del mondo – tutto il linguaggio del politicamente corretto – non porterà soccorso allo spavento degli uomini. Ogni istante sarà un groviglio del corpo: viscere, sudore, rilassamento muscolare.

Tutto, infatti, svaporerà nell’affanno morboso della morte molliccia amplificata per il godimento dell’occhio. La violenza già scivola nei rigagnoli della putredine, nel quotidiano appunto, nel tempo secolarizzato. E ognuno – fatta eccezione per le vittime, prescelte dal dogma fantozziano – già da oggi se ne nutre da spettatore, come in un rito di commemorazione lugubre: dagli spalti dello stadio, dalla poltrona del salotto, nel mormorio delle ruote con gli andirivieni pendolari, leggendo il giornale, guardando. Ognuno – oggi – è un carnefice armato d’occhio. Ognuno è un boia che guarda. Gli italiani che si sono addestrati a suo tempo a piazzale Loreto hanno abitudine e gusto ormai. Con l’orrido Pasolini di Salò fecero anche zuppetta. Ma la consuetudine ovviamente è planetaria. Qualche anno fa sembrò uno spot da tivù-verità la fucilazione – dopo processo sommario – di Ceausescu.

E ognuno che sbava nella morte altrui, mette in conto l’unica vera fame atavica: la propria erezione, ascesi di putrefazione.

Il proprio pane, il proprio posto di lavoro garantito solo dalla possibilità di eliminare il prossimo. Perchè – è ben chiaro – ognuno sceglie inconsciamente la bestemmia più vicina al mistero. Senza concedere alla pur benefica furia del polemos i contrappunti della formalità guerresca, gli argini dove scorre quella morte che è propedeutica alla vita.

Il comandamento che sta alla base del gran borghese atlantico è il “fottere”, “fottere il prossimo”. Il metro di Salvezza è il gruzzolo, il denaro, li sordi, la munita. Siamo già oltre il riconoscimento calvinista della Grazia divina. Siamo al culto pseudomaoista dell’Azienda. Siamo all’apoteosi dell’eufemismo. Una sorta di galateo del crimine laddove il polemos però, è pura parodia, solo un gioco del fotticompagno….

Ma quando il “terzo mondo” smetterà di leggere Carlo Marx per cominciare a studiare Martin Heidegger, per gli invincibili marines sarà la fine. Nulla salverà il soldato Ryan, neppure Hollywood, figurarsi i beneducati preparatori dei manager, di cui dispieghiamo qui sotto la lingua che fa tanto trend, dicono, nelle aziende che fanno trend.

Formulario di vaselina 1. Per dire a un tapino “il tuo rendimento è stato basso”, gli eufemisti dicono: “La tua performance non è allineata alle aspettative”.

2. Non si rimprovera mai un dirigente al modo antico tipo: “Il vostro reparto ha guadagnato poco”, bensì “Avete raggiunto un obiettivo poco performante”.

3. Giammai tradirsi in sincerità con frasi tipo: “Sono uno che pensa solo a far carriera e soldi, e per questo sono disposto a ogni nefandezza”. Si dirà piuttosto così: “Sono un po’ autocentrato”.

4. Non è politicamente corretto dire a qualcuno “Non sei proprio capace”. Sorridendo si sussurrerà: “Il tuo livello di skills non è ottimale”.

5. Figurarsi dire poi “Fai sempre errori e devi rifare le cose più volte”. La formula giusta è “Sei costretto a troppi reworks”.

6. Assolutamente proibite le dichiarazioni di conclamata stanchezza tipo “Sono distrutto!”. Un bravo manager è solo uno che si sente “Emotivamente leso”.

7. Prosopopea a mille, ma con giudizio. Non si dice “Critico sempre quelli che lavorano per me”, ma “Dò numerosi feedback ai collaboratori”. Un po’ come dare tanti feedback nel culo.

8. Obsolete le minacce modello “Se non fai questo lavoro, entro 24 ore ti sbatto fuori”. Ottima la minaccia sorridente “Per questo lavoro la tua deadline è fra 24 ore”. Si viene licenziati lo stesso.

9. La mancanza di inventiva e di creatività non si svela con un “Non sappiamo come fare e allora copiamo da altre aziende”, ma dicendo “Privilegiamo molto il benchmarking”
10. Il fondamento “Dobbiamo incassare di più senza migliorare quello che sappiamo già” corrisponde a “La nostra mission è: turn knowledge into value”.

11. Uno che si perde in mille cazzate e considera tutte le cose importanti allo stesso modo, “Deve fare un corso di priority setting”.

12. Uno che è solo un rompicoglioni, deve essere descritto come uno che “Ha un livello non ottimale di abilità sociali”.

13. Non bisogna assolutamente insultare quando si riceve un incarico o un lavoro, “perché appunto si crede solo nella professional irreverence”.

14. Uno che non ha capito niente di quello che deve fare e di come deve farlo, è solo uno che “Ha una visione del business non ottimale”.

15. Uno che non capisce mai di che cosa si ha bisogno, “deve essere più needs oriented”.

16. Uno che ha sbagliato tutto, è “uno che ha ampi margini di miglioramento”.

17. Uno che si deve arrangiare, deve “focalizzarsi sulle risorse che ha, piuttosto che su quelle che mancano”.

18. Mai urla tipo Rambo “Massacriamo tutti!”. Sibilare invece “La nostra mission è: best in class”.

19. “La gente lavora con noi un anno e poi scappa!”, si esprime con il concetto, “Abbiamo un turn-over non allineato ai livelli di mercato”.

20. “È più abile a gestire il cambiamento piuttosto che a cambiare” diventa “Privilegia il change al changing”.

21. “Prende delle decisioni così azzardate da mettere a repentaglio l’azienda” diventa “È un tipo molto risk tollerant”.

22. L’antico parametro del Bel Paese “Qui tutti vogliono comandare e nessuno vuole lavorare”, deve essere rivisitato con un “Qui occorre promuovere il valore strategico della followership”.

23. Dire “Ti ribadisco che qui comando io, tu esegui”, corrisponde allo slogan aziendale: “Manager leads, people manage”.

24. Non è poi tanto amletico dire “O faccio carriera, o me ne vado”. Meglio “Sono molto interessato a una crescita professionale”.

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