Se c’è un atto contrario al buon costume, al giorno d’oggi, è non pagare una prostituta

Sentenza del Tribunale di Roma: riconosciuto a una prostituta nigeriana il diritto a pretendere un pagamento dal cliente per la prestazione sessuale

Il tribunale di Roma ha condannato a quattro mesi una nigeriana per avere inviato minacce via sms a un cliente che si rifiutava di pagarle i 100 euro pattuiti per la prestazione sessuale. La notizia è degna di attenzione perché quella dei giudici della capitale è la tipica sentenza che i giornali si divertono a definire «innovativa» dal momento che «racconta come stia cambiando il costume sociale».

MA QUALE BUON COSTUME. Il reato contestato alla prostituta nigeriana, infatti, è stato trasformato da estorsione in violenza privata. E questo in base alla constatazione che – al netto delle minacce – il pagamento richiesto dalla donna di questi tempi non può essere più considerato un «ingiusto il profitto». Al contrario, secondo i giudici, se è vero che «sino ad oggi» la pretesa della prostituta «non è tutelata dall’ordinamento per una certa interpretazione» del «buon costume», tuttavia è da ritenersi legittima al punto da poter giustificare una causa civile nei confronti del cliente «a fronte dell’omesso pagamento».

«ATTIVITÀ AMPIAMENTE DIFFUSA». Come si spiega questa contraddizione? Semplice: per il collegio giudicante del tribunale di Roma «tra le prestazioni contrarie al buon costume ai sensi dell’art. 2035 codice civile» non può essere «ricompreso l’esercizio della prostituzione» dal momento che si tratta oramai di «attività ampiamente diffusa nella collettività oltre che consentita dall’ordinamento giuridico». Anzi, scrivono i giudici, «se un profilo di contrarietà al buon costume c’è (…) esso riguarda il cliente che approfitta della prestazione sessuale della prostituta».

CONSIDERAZIONI SOCIO-CULTURALI. L’agenzia Ansa riferisce poi che per arrivare a sancire il diritto della donna a pretendere il pagamento, il tribunale ha anche elaborato «una lunga analisi sul fenomeno della prostituzione in Europa e in Italia e sul concetto di buon costume». Arrivando alla conclusione che «il profitto della prostituta è giusto» a maggior ragione perché la nigeriana in questione è «giovanissima, non conosce una parola di italiano e proprio per questo inevitabile vittima di tratta e di sfruttamento» e quindi «non può collocarsi su un piano di parità rispetto al suo cliente italiano, professionalmente inserito, economicamente forte che, si serve in modo arrogante proprio di questa posizione di potere per non pagare i servizi sessuali ricevuti».

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