Salvate il professor Ryan

Finalmente i sindacati della scuola possono (dopo mesi apnea in apnea per Berlinguer e De Mauro) rialzare la testa. Ma è tutta una messinscena per coprire anni in cui hanno fatto il bello e il cattivo tempo (e una pioggia di tessere). E il ministero si prepara a smascherarli di Emanuele Boffi

Se fosse una partita a scacchi si potrebbe dire che la regina Moratti ha messo sotto scacco il re dei sindacati. E la regina ha in serbo la mossa che porterà al “matto”. Nei sindacati l’efficienza della Moratti ha messo in crisi un sistema ormai consolidato da anni. E cioè l’assioma: “l’amministrazione fa acqua da tutte le parti, rivolgetevi a noi perché i vostri diritti vengano garantiti”. Ma qualcosa nell’assunto si sta incrinando. Anche Angelo Panebianco ha notato che «bisogna sconfiggere quei sindacati che, facendo per anni il bello e il cattivo tempo nella scuola, hanno voluto la de-professionalizzazione degli insegnanti, la loro trasformazione in un ceto impiegatizio e mal selezionato e (di conseguenza) mal pagato» (Corriere della Sera, 10 settembre 2001).

Sindacati senza barricate

Se ora al precario viene garantito ruolo e stipendio regolare chi farà la coda davanti agli uffici di Cgil, Cisl, Uil, Gilda e quant’altri? Un eloquente servizio dell’Espresso (“Sarà una scuola per ricchi”) elencava sotto il titolo “Sei sindacati pronti all’attacco” i leader dei vari sindacati e associazioni impegnati sul fronte scuola. E ognuno rilasciava la sua bella dichiarazione di fuoco contro la Moratti. E bastava sfogliare i giornali qualche settimana fa per trovare le dichiarazioni di guerra di Enrico Panini (Cgil), di Fedele Ricciato (Snals), di Piero Bernocchi (Cobas) o Alessandro Ameli (Gilda) che al grido «faremo ricorso» cercavano di occultare il record morattiano. Erano urla di battaglia o la strizza di chi si vedeva emarginato? Per ora niente di nuovo dal fronte sindacale. Nessun barricadero s’è fatto vivo. Se i ricorsi ci saranno, saranno per iniziative di singoli o di piccoli gruppi. Non ci sarà “l’avanzata in massa” paventata dai proclami. Fonti interne ai sindacati spiegano che «la Moratti ci ha tolto l’osso di bocca. Se anche ci fossero molti ricorsi il numero sarebbe comunque inferiore rispetto agli anni passati». E la scuola difficilmente si ritroverà unita contro la Moratti «perché finora i sindacati hanno fatto questo calcolo: i nostri iscritti sono docenti nella scuola pubblica, la Moratti è per le private, ergo gli insegnanti staranno con noi contro la Moratti. Ma quando si accorgeranno che gli insegnanti hanno tutto da guadagnare dall’operatività del ministro rimarranno spiazzati. E potranno contare solo sui fedelissimi e non più sulla grande massa di docenti insoddisfatti». Le posizioni all’interno dei sindacati sono poi solo all’apparenza così salde, in realtà si scontrano realtà diverse: «i Cobas sono certamente i più ostili ma si tenga conto che anche fra i loro iscritti c’è molta gente che è stata “sistemata” dal ministero. La Cisl mantiene una posizione di fatto molto soft e il segretario nazionale, Daniela Colturani, è sempre attenta a rimarcare la propria soddisfazione per certe iniziative ministeriali e al contempo la propria vigilanza su altre. Lo Snals pare si sia accodato alla Cgil nell’attacco al governo. Ma il segretario, Fedele Ricciato, sta sbagliando i conti e presto se ne accorgerà. Con le nuove immissioni solo un dieci per cento si è iscritto al suo sindacato. E poi lo Snals non andrà mai aldilà delle minacce. Per ora si è limitato a indire lo stato di agitazione del personale Ata (il personale non docente). Ma si tenga conto che gli scioperi del personale Ata gli anni scorsi, nei casi più rilevanti, hanno toccato percentuali bassissime, del 6 o 7 per cento». E nemmeno per la Gilda, associazione di categoria che ha vissuto fino ad oggi un periodo d’oro, si prospettano futuri rosei. Dopo aver raddoppiato gli iscritti, perché si poneva in contrapposizione ai sindacati tradizionali troppo accondiscendenti con il governo dell’Ulivo, si trova ora impreparata ad affrontare i nuovi scenari con il cambio del governo. E finisce col chiudersi in logiche limitatamente corporative.

Figuracce Panini

Capitolo Cgil, a cui si aggiunga pure il piccolo pesce Uil ormai sempre più appiattita su quelle posizioni. Il suo segretario Panini è forse il più violento nelle esternazioni «ed effettivamente – ci rivela una fonte – potrebbe creare problemi al ministro. Ma non può contare sull’apporto dei giovani docenti che ora sono entrati in ruolo e non potrà continuare ancora per molto a lamentarsi di situazioni che ora invece danno segni più positivi che negativi». Fa piuttosto impressione andare a rileggersi i comunicati stampa che, solo un anno fa, venivano scritti, diramati e firmati da Panini. Il comunicato del 12 ottobre 2000, titolato “Subito il decreto per le immissioni in ruolo”, recitava: «ad oltre un mese dall’inizio dell’anno scolastico manca ancora il Decreto del Consiglio dei Ministri, atto necessario per poter procedere alle immissioni in ruolo», e di seguito: «il Consiglio decida con assoluta urgenza rendendo disponibili tutti i posti». Solo quattro giorni dopo un comunicato firmato da Panini, Colturani, Di Menna (Uil) e Gallotta (Gilda) si lamentava perché riteneva «intollerabile ed inaccettabile ogni ipotesi di tagli al contingente di posti disponibile». Non contento Panini il 27 del mese firmava un terzo comunicato stampa che ribadiva le istanze dei precedenti. L’anno scorso dunque si protestava per una mancanza di efficienza del ministero, quest’anno, che il problema è stato risolto, si è costretti a spostare il tiro. È, tra l’altro, curioso notare che negli ultimi anni la scuola abbia goduto di una relativa pace sociale. Qualche recriminazione negli anni ‘96 e ’97 poi più nulla. Dei comunicati di Panini non si ricorda più nessuno tanto è vero che all’attuale ministero fanno notare che «con le nuove immissioni il numero degli insegnanti di ruolo sale a 740mila. Un anno fa erano 694mila e nessuno protestava». In realtà Panini protestò. Ma sottovoce.

I prossimi autogoal

Voci interne ai sindacati ammettono che ogni giorno si lotta per trovare un argomento su cui «scatenare il casino, preannunciare uno sciopero, confermare le agitazioni di categoria». Dopo l’incontro avvenuto il 12 settembre fra il ministro e i vari sindacati, infatti, i toni sono stati notevolmente smorzati. «Per ora va bene, poi si vedrà» hanno detto, più o meno in coro, Panini e soci. Per cui occorre rilanciare, tanto per far «sentire che si esiste ancora, che si ha ancora un certo peso». E visto che sul corpo docente la situazione non è rosea ci si è spostati sulla questione del personale Ata. Ma si prospetta un nuovo autogoal. I sindacati lamentano che il governo sia pronto «a tagliare gli organici del personale Ata». Ma è ormai quasi pronto un grafico, preparato dai consulenti del ministero, che mostra come negli ultimi due anni il numero degli studenti sia diminuito, in corrispondenza del calo demografico, mentre sia aumentato di 70mila unità il numero del corpo docente e ausiliario. I conti non tornano. A fronte di circa 270mila unità del personale Ata vi sono 740mila insegnanti. La percentuale Ata, in particolare il numero dei bidelli, è troppo alta. Perché questo? E perché quest’impennata proprio due anni fa? Due anni fa si decise che le assunzioni del personale ausiliario dovessero passare dalla competenza dei comuni e delle province a quelle dello Stato. Grazie alla mediazione interessata dei sindacati, e in particolare della Cgil, 40mila nuovi bidelli furono assunti dallo Stato. E per ogni nuovo dipendente statale ecco una nuova tessera per i sindacati. Essendo già il numero alto diventano improbabili, come auspicano i sindacati, nuove assunzioni. Il grafico preparato dai collaboratori della Moratti dovrebbe di nuovo mettere i sindacati in scacco. Resta solo da domandarsi: quale la nuova mossa per rimandare il “matto”?

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