On. Saglia: «Facciamo chiarezza sul nucleare, vi spiego il progetto del governo»

Il sottosegretario allo Sviluppo economico Stefano Saglia prova a mettere le cose in chiaro sul ritorno dell'Italia al nucleare: «C'è troppa disinformazione, anche sul Giappone. Le centrali nucleari di nuova generazione sono più sicure di quelle colpite dal sisma. Il governo non vuole sostituire le rinnovabili con l'atomo ma integrare le due fonti»

Il disastro di Fukushima è diventato tema centrale per le scelte del futuro italiano e del mondo intero. La Germania sembra essere il primo Stato a fare dei decisi passi indietro proclamando che 13 dei 17 reattori presenti nel proprio paese saranno spenti entro il mese di maggio.

In Italia il nucleare manca dal famoso referendum del 1987 che per volere popolare provocò lo spegnimento delle tre centrali allora in funzione. Lo scorso anno il governo Berlusconi aveva cambiato decisamente rotta riaprendo alla possibilità di creare questo tipo di energia per non dipendere troppo dall’estero, ma gli incidenti in Sol Levante hanno nuovamente rallentato i lavori. È stato il ministro dello Sviluppo economico Paolo Romani a comunicare lo stop e la pausa di riflessione di un anno.

L’ordine del giorno prevede «modifiche e integrazioni al decreto legislativo 31/2010 sulla localizzazione, realizzazione di impianti di produzione di energia elettrica nucleare». È stata definita una decisione saggia da tutti, così per almeno un anno non sentiremo parlare di nucleare. E probabilmente tra un anno, se questo governo sarà ancora in carica, saremo già entrati nel cosiddetto «ciclo elettorale» e avventurarsi nel rilancio del nucleare proprio sotto elezioni potrebbe essere una mossa più che azzardata. Di conseguenza, per la gioia di Verdi e ambientalisti questa “moratoria” durerà più di un anno. Staremo a vedere.

Intanto bisogna cercare di fare chiarezza su alcuni punti, perché se è giusto fermarsi a riflettere è anche giusto dare informazioni corrette. «I fatti drammatici accaduti in Giappone sono legati all’incuria dei sistemi di monitoraggio nipponici che non hanno segnalato che quelle centrali erano ormai vecchie e andavano dismesse. Si tratta di centrali costruite più di 30 anni fa». A rispondere alle domande di Tempi.it è Stefano Saglia, sottosegretario allo Sviluppo economico che ha precisato, appunto, che ora più che mai serve dare una corretta informazione su quello che è accaduto, sulle potenzialità del nucleare e sulle necessità del nostro paese.

 

Onorevole Saglia, è d’accordo con questa pausa di riflessione?
Una riflessione ce la impone l’opinione pubblica, molto sensibile verso questi argomenti. Ma bisogna essere chiari e informare i cittadini su quello che in Italia si vorrebbe fare. Le centrali nucleari che eventualmente sarebbero costruite in Italia hanno sistemi di sicurezza molto avanzati: il nucleo centrale, ad esempio, è contenuto in un doppio contenitore in cemento armato capace di resistere a una collisione con un aereo di linea. Sono centrali di III generazione avanzata.

La crisi libica e il probabile aumento del prezzo del petrolio possono bastare per convincere tutti sulla necessità del nucleare? Inoltre l’Italia per il suo approvvigionamento energetico dipende dall’estero per l’86 per cento.
Esatto, attualmente importiamo dalla Francia, dalla Svizzera e dalla Slovenia energia elettrica prodotta da centrali nucleari e la paghiamo il 30 per cento in più. Per convincere l’opinione pubblica sulla necessità del nucleare bisogna anche smettere di fare disinformazione. E non bollare tutto il nucleare come pericoloso. Bisogna dire chiaramente, ad esempio, che l’incidente in Giappone è dovuto a centrali dai sistemi di sicurezza inadeguati. Oppure che la Germania ha deciso di non prolungare la vita di alcune sue centrali, ma non di tutte. Solo quelle costruite con tecnologie uguali a quelle giapponesi, troppo vecchie e obsolete. È quindi una scelta responsabile e giusta».

Lei, però, ha affermato che «se le Regioni fossero indisponibili a ospitare le centrali significherebbe che il nucleare non si fa». Ma il loro parere è non vincolante. Quindi?
Non imporremo mai il nucleare. La modifica del titolo V della Costituzione ha reso l’energia materia concorrente su cui hanno voce anche le Regioni che dovranno dare il loro parere sull’argomento. Un parere, non un veto. Il consenso delle Regioni cercheremo di averlo prospettando loro i vantaggi economici e di sviluppo industriale che possono derivare dall’ospitare una centrale nucleare. Vantaggi che saranno sicuramente di natura fiscale.

Che tipo di centrali si vogliono costruire in Italia? E quando sapremo quali sono i siti destinati per la costruzione di queste centrali?
La delibera Cipe per le tecnologie da utilizzare parla di quelle di III generazione avanzata come ho già detto. C
entrali dove i sistemi di sicurezza hanno fatto grandi passi in avanti. I siti, invece, verranno individuati in base ai criteri contenuti nel decreto 31. In base a questi criteri l’Agenzia per la Sicurezza Nucleare potrà valutare le proposte dei diversi operatori.

Chi pagherà la costruzione di queste centrali? Ci saranno degli aumenti nelle bollette dei cittadini?
Le centrali verranno costruite dagli operatori che con una delibera Cipe di futura approvazione potranno costituire consorzi per ridurre il rischio d’impresa. I vantaggi li avremo col tempo. Sicuramente sappiamo che per la costruzione di questi impianti i cittadini non vedranno dei rincari nelle proprie bollette.

Dove verrano depositate le scorie prodotte dalle centrali? In Italia, all’estero? Come state affrontando questo problema?
La localizzazione e la costruzione del deposito delle scorie è indipendente dal rilancio del nucleare. Il deposito va fatto anche perché ce lo impone l’Unione Europea. Bisogna inoltre sapere che le nostre vecchie scorie nucleari a breve ci verranno rispedite. Entro il 2015 avremo individuato dove costruire il deposito.

La Germania ha deciso di rallentare drasticamente la strada sul nucleare. A maggio solo 4 dei 17 reattori saranno in funzione. Dicono che col tempo riusciranno a fare a meno dell’atomo, l’Italia invece vuole ricominciare. Perché questa controtendenza?
La Germania non ha deciso di uscire dal nucleare ma solo di dismettere quelle centrali di vecchia tecnologia, risalenti agli anni Settanta: la stessa tecnologia della centrale di Fukushima. Non siamo affatto in controtendenza. Soltanto se il Consiglio d’Europa dovesse decidere di abbandonare il nucleare noi ci adegueremmo. Non ci fermeremo unilateralmente.

Non conviene proseguire sulla strada delle rinnovabili? Alcuni studi dicono che i loro costi sono in continua diminuzione
Il nucleare e le rinnovabili non sono affatto in contrapposizione. Non abbiamo scelto il rilancio del nucleare a svantaggio delle rinnovabili. Questo è un concetto che cerca di far passare in maniera strumentale chi ideologicamente è contrario alle centrali nucleari. La strategia energetica del governo prevede la diversificazione delle fonti. Entro il 2020 l’energia elettrica italiana proverrà per il 25 per cento dall’atomo, per il 25 per cento dalle rinnovabili e il restante 50 per cento dai fossili (gas e olio).

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