Rosario Acholi

Nell’Angelus domenicale il Papa ci ha chiesto di non dimenticare i bambini.

Nell’Angelus domenicale il Papa ci ha chiesto di non dimenticare i bambini. Coincidenza vuole che dal tam tam degli amici ricevo la lettera di Valentina Frigerio dall’Uganda. Che volentieri vi giro, perché oltre a offrire un’occasione di paragone rispetto alla nostra povera scuola cominciamo a ricordarci, ogni sera, con i nostri bambini, di questi bambini. «Qui in Uganda è un disastro: il mercoledì delle Ceneri hanno ucciso 200 persone a Lira e nei giorni seguenti ci sono state sommosse e vendette tra tribù. Io ero proprio lì a fare la mia parte della ricerca sul Nord Uganda. Ho visto delle cose che non vi potete neanche immaginare, perché mi hanno fatto dormire nel posto più sicuro che c’era, l’ospedale. Che però era pieno di gente che era stata attaccata dai ribelli: ragazzi paralizzati per le bastonate, con il cranio spaccato, ragazzine che erano state rapite per 10 anni e che avevano camminato nella foresta per raggiungere l’ospedale dopo essere state ferite e abbandonate… Ma la cosa più impressionante è stata vedere i “night commuters”: sono i bambini (circa 6mila solo nell’ospedale in cui ero io) che la sera partono dal loro villaggio e vanno all’ospedale a dormire, perché se rimangono a casa i ribelli arrivano e li rapiscono. Sì, ma non dormono sui letti, si portano delle stuoie da casa, qualcuno ha anche una coperta e dormono nel cortile dell’ospedale, tutti ammassati, in mezzo alla terra, e meno male che in questi giorni non piove… Iniziano ad arrivare alle 8 di sera e alle 6 del mattino si alzano per incamminarsi a scuola dove arrivano alle 9. Alle 8, però, quando sono andata nel cortile dell’ospedale, li ho visti tutti che si erano radunati attorno ad una statuetta della madonna a recitare il Rosario… Bambini di 6, 7, 8 anni che recitano il Rosario e cantano le canzoni alla Madonna, mentre i loro genitori sono a casa sperando che i ribelli non arrivino… Quando ho visto queste migliaia di testoline mi sono davvero commossa, nel senso che ti vien proprio l’istinto di muoverti con loro, di voler fare qualcosa, ma l’unica cosa che ho potuto fare, in quei tre giorni, è stata pregare con loro, imparando il Rosario in acholi, che è la loro lingua tribale».

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