Rispettare la libertà di educazione

Se si vuole essere autenticamente dalla parte della persona, occorre agire perché la persona possa veramente essere, esprimersi e scegliere

“Due cose mancano alla scuola in Italia: libertà e mezzi. Ma i mezzi senza libertà sarebbero sciupati, mentre con la libertà si riuscirebbe anche a trovare i mezzi” (Luigi Sturzo) 

Il dibattito sulla scuola nel nostro paese è davvero strano: i cattolici parlano di soldi, non tanto di educazione e formazione, quasi non avessero altro obiettivo da promuovere. Una strana conversione di tendenza indicativa di una flessione ideale?  Purtroppo, come ebbe a rilevare don Antonio Villa, e condiviso dal direttore di Tempi, “si tratta di uscire dal labirinto mentale per cui è lo Stato che deve mantenere il monopolio educativo, e dunque che siamo noi a dover chiedere a Golia il permesso di fare delle scuola”. Per lo Stato non ha importanza il riconoscimento “pubblico” della scuola non statale. Se vuoi puoi fare la scuola, ma devi pagartela:” non c’è alcun obbligo da parte dello Stato: il carico economico è della scuola non statale”. Questa è stata la risposta, dopo anni,  della Tesoreria di Stato, nel 2012, ad alcuni contenziosi, promossi  dall’Agesc, in ordine al sostegno economico… La situazione è sempre in stallo e di difficile soluzione.

Senza complessi di inferiorità e di supplenza, e con la consapevolezza di esercitare un diritto-dovere che – come ebbe ad evidenziare più volte il Prof. Don Marco Barbetta, deceduto il 17 marzo 2020 a causa della pandemia del coronavirus – “solo in un clima di sottesa dittatura politica può essere censurato, e solo in un clima di dittatura ideologico-culturale supinamente accettato può essere sentito da chi lo esercita come poco corretto”. Se oggi la comunità cristiana ha un compito urgente da assolvere nei confronti dell’educazione e della scuola, questo compito è quello di esercitare concretamente questo suo diritto-dovere a beneficio e a servizio del diritto-dovere della persona di essere responsabile della propria educazione e dell’educazione dei propri figli. In realtà ciò che rende fortemente impacciati nei confronti di questo problema e poco critici di fronte ad uno statalismo scolastico accettato con ingenuità e fatalismo, è forse anche la cattiva coscienza e la presunzione di poter cambiare la situazione.

Questa presenza – specificò ulteriormente Marco Barbetta – alimentata dall’illusione, non sempre esplicita, ma insinuante sul piano della sua ambiguità, di piegare lo statalismo educativo in una versione accettabile, è riuscita soltanto a complessare e rendere passiva la mentalità dei cattolici italiani di fronte a equivoci come il neutralismo scolastico e dell’istruzione, o alle forme più aggiornate, ma non meno equivoche, di un neutralismo che ripropone l’idea di una scuola che, proprio per educare, non ha più bisogno di mettere in gioco il problema del significato ultimo della realtà e che educa solo in quanto non si pone, né pone questo problema, che sarebbe o improponibile o irrilevante.

Il ripiegamento educativo in atto, è dato dalla mancanza di un soggetto autonomo, capace di immaginarsi, costruirsi, non a partire dalla omologazione dei parametri delle scuole di Stato ma dallo sguardo originale sulla realtà … che tenda a coincidere con lo sguardo di Cristo. Il problema è radicale perché evidenzia la domanda se c’è ancora una scuola libera e cattolica in Italia”: così, con ragione, Matteo Foppa Pedretti su Tempi. Un ripiegamento educativo e culturale che tende a tradursi in un ripiegamento istituzionale della scuola cattolica nella necessità di superare la discriminazione economica e ordinamentale in essa presente, con ciò trascurando spesso il vero significato della sua presenza sul territorio. Purtroppo, anche la pandemia ha imposto comportamenti e relazioni del tutto impreviste e sconvolgenti, ma anche di palare solo di protocolli e di cautele. Educare quindi continua ad essere un’emergenza che non può lasciare indifferenti.

La scuola cattolica ha di fronte un compito imponente: un compito che non vuole essere contrapposizione tra scuola statale e scuola non statale, e nemmeno rivendicazione di libertà per un tipo di scuola – la non statale – nei confronti dell’altra – la statale – bensì rivendicazione di libertà per entrambe e testimonianza concreta – senza inseguire miraggi altrui – di un servizio, quello della scuola in quanto istituzione diversa, fatto concretamente a misura d’uomo e al servizio della persona, teso autenticamente alla sua formazione integrale. Un compito necessario – teso a cancellare l’impressione di una scuola scivolante in  una secolarizzazione in entrata, anziché proponente una evangelizzazione in uscita – che esige non la sola formulazione astratta di principi – anche se sacrosanti e condivisi – ma un impegno costante e concreto perché questi principi educativi vengano tradotti nella realtà: non basta sostenere il diritto-dovere della persona e dei genitori alla scelta dell’educazione, occorre operare concretamente perché questo diritto-dovere venga rispettato e messo nella condizione di essere esercitato.

Il problema non è semplice: problema che ha due aspetti fondamentai: – la libertà dell’educazione e della scuola; – la capacità di operare perché la scuola della comunità cristiana, la scuola cattolica, sia veramente se stessa e fermento autentico nella più ampia società civile. Per quanto concerne la libertà della scuola e dell’educazione è doveroso che la comunità cristiana si faccia carico di proposte concrete perché lo Stato riconosca alle persone i loro diritti costituzionalmente sanciti; libertà che coinvolge anche scelte conseguenti. Infatti, uno Stato che pretende, in nome della libertà individuale, di legalizzare l’eliminazione della vita nascente, e che rifiuta, negando la libertà individuale e l’autonomia istituzionale, di riconoscere compiutamente il diritto di educare,  denuncia chiaramente uno stridore ed una incapacità che va continuamente evidenziata e denunciata.

Se si vuole essere autenticamente dalla parte della persona, occorre agire perché la persona, qualunque sia il suo credo ideologico, possa veramente essere, esprimersi e scegliere, e perciò scegliere anche l’educazione e la scuola che più preferisce: ed in ciò la comunità cristiana deve chiaramente evidenziarsi. In ordine a questo aspetto della libertà non vi possono essere scuse, né tanto meno si possono attendere tempi migliori. Non è concesso essere indifferenti: la libertà di educazione va sostenuta, rispettata e difesa!

In un momento come il nostro – martoriato dalla pandemia del Covid-19 e minacciato da un laicismo che mira alla sconsacrazione totale della società, nonché alla negazione assoluta di ogni valore che sorpassi l’orizzonte mondano – è necessaria una strategia pastorale unitaria, organica e dinamica che coinvolga l’intera comunità ecclesiale. Il tutto con un organico collegamento con le consulte di pastorale scolastica diocesana, con le quali sviluppare anche le giuste e doverose verifiche.

Foto Ansa

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